COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Milano – Sentenza n. 349 sez. 10 del 3 febbraio 2017

RIMBORSO – SOSPENSIONE IN PRESENZA DI CARICHI PENDENTI – ANNULLAMENTO DELLA PRETESA ERARIALE – SENTENZA PROVVISORIA – ILLEGITTIMITA’ SOSPENSIONE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In sede di dichiarazione IVA presentata per il periodo d’imposta 2011 la I.S.B. N.V. chiedeva all’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale II di Milano – Ufficio Territoriale di Milano 2, il rimborso IVA per l’ammontare di euro 516.456,00 attraverso l’utilizzo della procedura semplificata.

A fronte dell’istanza di rimborso presentata dalla Parte, l’Ufficio effettuava dei controlli preliminari nel corso dei quali emergeva l’esistenza di un carico pendente in capo alla società dell’importo di euro 5.568.376,00 derivante dall’avviso di accertamento n. (omissis) per il quale è tuttora pendente giudizio innanzi la Suprema Corte di Cassazione.

Per impedire la suddetta sospensione la parte avrebbe dovuto presentare idonea garanzia senza limiti temporali, per l’ammontare dei contesti stessi fino all’ammontare massimo del rimborso richiesto.

Posto che la società ricorrente non definiva né garantiva con fideiussione sine die il suddetto carico pendente, l’Ufficio Territoriale di Milano II emetteva provvedimento di sospensione prot. (omissis) per il credito IVA chiesto a rimborso.

Contro il suddetto atto la società proponeva ricorso per i seguenti motivi: 1) illegittimità del provvedimento di sospensione per difetto del fumus boni iuris della vantata ragione di credito da parte della Amministrazione; 2) illegittimità del provvedimento di sospensione per violazione dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità; 3) illegittimità dell’atto impugnato per incompatibilità dello stesso con la disciplina di cui all’art. 38 bis del DPR 633/72; 4) autosufficienza dell’art. 38 bis del DPR n. 633/1972.

La sentenza impugnata ha accolto il ricorso per i seguenti motivi: a) contrasto con il principio di neutralità; b) la specialità dell’art. 38 bis del DPR 633/72 esclude, per ciò stesso, l’applicazione della disciplina generale dettata dall’art. 69 R.D. 2440/1923; c) applicabilità al caso di specie della sentenza della CTR di Milano n. 2817/2015 del 22 giugno 2015.

Contro la suddetta sentenza l’amministrazione propone i seguenti motivi di ricorso: 1) inammissibilità del ricorso per violazione e falsa applicazione dell’art. 19 commi 1 e 3 D.lgs. 46/1992, cioè del principio di tipicità degli atti impugnabili; 2) Erronea motivazione della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.lgs. 472/1997 e compatibilità dell’atto di sospensione con la disciplina di cui all’art. 38 bis del dpr 633/72.

La difesa del contribuente chiede la reiezione del ricorso e ripropone i motivi assorbiti in primo grado. Propone appello incidentale sulle spese, compensate in primo grado. All’udienza odierna la ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La Corte di Cassazione (Sesta Sezione – T) con la sentenza n. 13548/15 ha chiarito che è impugnabile la comunicazione con la quale l’Agenzia delle Entrate, subordina il rimborso di un credito iva, al pagamento dei debiti pendenti, alla prestazione di idonea garanzia o all’autorizzazione alla compensazione dei crediti con i debiti, e che differisca l’esecuzione del rimborso (nello stesso senso Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 29.9.2016, n. 19335).

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

L’art. 23 del d.lgs. 472/1997 stabilisce che “1. Nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all’atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo”.

Benché il testo vigente risulti da modifica normativa successiva all’atto impugnato (il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, come modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, ha disposto (con l’art. 32, comma 1) che le modifiche alla norma si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2016), si tratta di modifica normativa che ha carattere meramente interpretativo in quanto conforma la norma ai caratteri propri dell’ordinamento, e, di conseguenza, ha carattere retroattivo.

In merito la giurisprudenza (Commiss. Trib. Prov. Lombardia Milano Sez. XVI, 30.5.2016; Commiss. Trib. Reg. Toscana Firenze Sez. XXXI, 01.4.2015) ha chiarito che secondo l’art. 23, D.Lgs. n. 472/1997 la sospensione del rimborso per “carichi pendenti” può essere disposta nei limiti della decisione del giudice tributario. Ciò comporta che in presenza di una sentenza di annullamento della pretesa erariale, anche non definitiva, l’Amministrazione finanziaria non può adottare alcun provvedimento cautelare di sospensione del rimborso.

In definitiva quindi il ricorso va respinto.

La mancanza del decreto che disciplina l’esecutività delle sentenze tributarie di merito giustifica la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione 10 respinge l’appello dell’ufficio e per l’effetto conferma la sentenza impugnata. Respinge l’appello incidentale. Spese compensate.