COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Milano – Sentenza n. 4553 sez. 24 del 21 ottobre 2015
CONTRIBUTO UNIFICATO TRIBUTARIO – INVITO AL PAGAMENTO – OMESSA INDICAZIONE DEL TERMINE DI IMPUGNAZIONE – OMESSA INDICAZIONE DELL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA COMPETENTE – NULLITA’ DELL’ATTO – NON SUSSISTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La M.V. s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa ha impugnato l’invito, comunicatole dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, al pagamento di “euro 1.500,00 per omesso pagamento del contributo unificato ai sensi degli art. 9, c. 1 e 14, c. 1 e 3 del d.P.R. n. 115/02″ dovuto in sede di appello avverso sentenza della Commissione tributaria provinciale, oltre alle spese postali.
La commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 8439/21/14, ha respinto il ricorso.
2. Contro questa sentenza ha proposto appello la società in L.C.A.. Il Ministero dell’economia e delle finanze resiste con controdeduzioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Nell’appello la Liquidazione della società ripropone i tre motivi posti a fondamento del ricorso di primo grado, mostrando di non tener, conto delle ragioni di fatto e di diritto con le quali il giudice di primo grado ha respinto il suo ricorso.
4. Si osserva, nondimeno, quanto al primo motivo (nullità dell’avviso per omessa indicazione del termine per impugnare e dell’autorità competente a conoscere dell’impugnazione) che la mancata indicazione di tali elementi, pur prescritti dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212 – non è prevista da alcuna norma quale motivo di nullità dell’atto di accertamento, né può considerarsi essenziale a norma dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990, essendo evidentemente quell’indicazione funzionale non già all’atto di accertamento, bensì alla tutela del cittadino, vale a dire ad uno scopo estrinseco rispetto all’atto: donde la piana conclusione che l’omissione di questi elementi, mentre non giustifica l’assunto della nullità dell’atto, comporta semplicemente (cfr. per tutte Cass. 21/01/2013 n. 1372) l’inapplicabilità delle decadenze previste per la legge per il mancato rispetto del termine d’impugnazione (punto irrilevante nella fattispecie, non essendosi mai dubitato della tempestività del ricorso della contribuente e della competenza dell’organo giurisdizionale investito in primo grado). Ciò è confermato dalla giurisprudenza consolidata della Corte suprema di cassazione (Cass. 29/09/2003 n. 14482, 19/03/2008 n. 7339, 8/11/2013 n. 25227).
Né argomento in senso contrario si desume dal precedente citato in atto di appello (Cass. n. 4777/2013), che si limita ad affermare l’applicabilità dell’art. 3, 4° co., l. n. 241 del 1990 anche ai rapporti con l’amministrazione finanziaria, del che qui non si dubita: il punto in discussione è, invece, solo la sanzione applicabile, che non è la nullità, bensì, come già si è accennato, una sanzione diversa e coerente con la finalità della difesa del contribuente.
5. Del tutto infondata è poi la tesi sostenuta con il secondo motivo, della “carenza assoluta di motivazione” dell’atto, perché non sarebbe indicato il motivo per il quale si considera omesso il pagamento, e “in virtù di quale, norma o principio si ritiene omesso il pagamento”, avendo la parte invocato allatto dell’iscrizione a ruolo dell’appello l’art. 146, 2° co. La motivazione dell’atto, come riportata supra (nello SVOLGIMENTO DEL PROCESSO), contiene infatti l’indicazione sia del presupposto di fatto, costituito dallo “omesso pagamento del contributo unificato” (del resto pacifico), e sia della ragione giuridica che ha determinato la decisione dell’amministrazione, costituita dal richiamo dell’art. 9, 1° co. e 14 1° e 3° co. d.P.R. n. 115/2002. Il dibattito sull’estensione analogica della 146 2° co. lett. c del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 non faceva parte del contenuto motivazionale prescritto dalla norma di legge, essendo al riguardo necessario e sufficiente indicare il titolo della pretesa giuridica, che consentiva (come di fatto ha consentito) al contribuente di valutare la fondatezza della pretesa erariale e di far valere gli strumenti di tutela previsti dalla legge.
6. Il terzo motivo verte sulla questione di diritto, della possibilità, di estendere alle imprese in liquidazione coatta amministrativa il beneficio, previsto dall’art. 146 2° co. lett. c del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, della prenotazione a debito invece del pagamento del contributo unificato, previsto espressamente per il fallimento.
Anche questo motivo è infondato. Non può dubitarsi del fatto che la norma invocata ha carattere agevolativo, e, vertendosi in materia tributaria (di pagamento del contributo unificato), l’analogia è esclusa a norma dell’art. 14 delle preleggi (giurisprudenza antica e consolidata: v. Cass. 5/07/1977 n. 2927, 14/12/1991 n. 13502, 22/05/2002 n. 7479, 30/11/2005 n. 26106). La diversità degli istituti del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa, la cui disciplina richiama solo in parte quella del fallimento e per il resto contiene disposizioni proprie e diverse, escludendo la possibilità di un’interpretazione estensiva, dispenserebbe quindi dall’interrogarsi su una possibile analogia.
7. Peraltro l’appellante sostiene che la soluzione restrittiva comporterebbe una violazione dell’art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento delle imprese soggette normalmente a fallimento e sottoposte a liquidazione coatta amministrativa per attrazione nella liquidazione di altre imprese già sottoposte a quella procedura, rispetto alle imprese che falliscono. Il ragionamento, tuttavia, non convince.
L’appellante muove, infatti, dall’erroneo presupposto che “il fallimento, al pari della procedura di liquidazione coatta amministrativa, sotto il profilo procedimentale è volta alla liquidazione delle attività dell’impresa ed alla sua conseguente cancellazione, ponendosi esattamente nella stessa prospettiva in cui opera la liquidazione coatta amministrativa”. Così non è, perché il fallimento, a differenza della liquidazione coatta amministrativa, non produce l’estinzione della società insolvente, né comporta la revoca dei suoi organi amministrativi, ma soltanto lo spossessamento del patrimonio a favore degli organi concorsuali, e in particolare non porta alla cancellazione della società dal registro delle imprese. La proposta equiparazione degli istituti è dunque, anche sotto il limitato profilo indicato, priva di fondamento, e rende manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’appellante.
8. In conclusione l’appello deve essere respinto. La novità della questione, sulla quale non risultano precedenti di legittimità in termini, giustifica la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello, e compensa le spese del presente grado di giudizio.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 16412 depositata il 15 luglio 2007 - La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria e' assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 2338 depositata il 24 gennaio 2024 - La nullità prevista dall'art. 117, commi primo e terzo, del d.lgs. n. 385 del 1993 per l'ipotesi in cui il contratto non sia stato stipulato in forma scritta si configura come una…
- Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 5791 depositata il 4 marzo 2008 - L'omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato e tale nullità può essere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 maggio 2021, n. 13314 - L'omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia-Giulia, sezione n. 1, sentenza n. 239 depositata il 16 novembre 2022 - In tema di riscossione mediante cartella di pagamento, allorché il contribuente possa contestare sia la pretesa…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6580 depositata il 12 marzo 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la quale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, legge n. 223/1991, secondo cui…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…