COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Milano – Sentenza n. 4850 del 12 novembre 2015
ACCERTAMENTO – COSTI DELLE SPONSORIZZAZIONI – RITORNO COMMERCIALE – ONERE DELLA PROVA DA PARTE DEL CONTRIBUENTE
OGGETTO DELLA DOMANDA, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La B. srl in persona del legale rappresentante pro tempore depositava appello in data 11/3/15 avverso la sentenza n. 10015/29/14 del 20/10/14 – 17/11/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva respinto il ricorso, a spese compensate, avverso l’avviso di accertamento n.(…) per Ires, Irap ed Iva riferite alla annualità 2008, più sanzioni ed accessori, emesso dalla Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Milano.
Col prefato avviso di accertamento l’Ufficio recuperava a tassazione ai fini IRES costi per Euro 250.000,00 oltre Iva per Euro 50.000,00, rettificava, ai sensi dell’art. 39 D.P.R. n. 600 del 1973 il reddito di impresa da Euro 363.555,00 ad Euro 613.555,00 ed accertava un reddito imponibile ai fini Ires ex art. 41 bis D.P.R. n. 600 del 1973, nonchè rettificava ai fini Irap ai sensi degli artt. 24 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997 il valore della produzione netta da Euro 1.137.998,00 ad Euro 1.387.998,00 ed accertava ai fini Iva una maggiore imposta per Euro 50.000,00, ex art. 54, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972.
Infatti a seguito del controllo effettuato sulla B. srl, importatore di stampanti plotter e relativi prodotti di consumo dalla società giapponese Mimaki, innescato dalla segnalazione dell’ Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Lombardia n. 0124287 del 10/10/2011, venivano rilevati per il periodo d’imposta 2008 costi per Euro 480.000,00 interamente sostenuti a fronte di prestazioni pubblicitarie ovvero sponsorizzazioni corrisposte alla S.M. (nel seguito: S.M.). La ricorrente produceva al riguardo i contratti di sponsorizzazione, le fatture e le relative disposizioni di pagamento e raccolta di foto e materiale pubblicitario. A seguito dell’esame della documentazione prodotta, l’Ufficio, riteneva di rilevare anomalie in relazione al contratto sottoscritto il 12/01/2008 ed al contratto sottoscritto il 15/08/2008, non avendo la ricorrente prodotto “alcun idoneo documento volto a dimostrare l’effettività dell’evento sponsorizzato” ed inoltre eccepiva che la prestazione della S.M. si era concretizzata nella apposizione del marchio sul palco alla partenza e all’arrivo ed al suo inserimento nel materiale pubblicitario, con stand pubblicitario alla partenza e all’arrivo. Lamentava inoltre l’Ufficio che la parte aveva prodotto al riguardo “esclusivamente una copia del programma con l’inserimento del marchio ed un CD dell’evento realizzato tra l’altro in data antecedente all’evento”. La B. srl presentava quindi ricorso eccependo la nullità dell’avviso di accertamento in quanto l’Amministrazione finanziaria non poteva sindacare le sue strategie e scelte imprenditoriali ed in quanto sarebbe spettato alla Amministrazione dimostrare la mancata inerenza dei ripresi costi alla sua attività imprenditoriale. L’ Ufficio si costituiva nel grado insistendo nella propria pretesa, eccependo anche il limitato riscontro mediatico dell’evento sponsorizzato.
Gli anteriori giudici premettevano che ” in tema di sponsorizzazione di manifestazioni sportive, laddove non esistono listini o mercuriali che consentano di verificare la congruità delle somme pagate, l’Amministrazione finanziaria può ben controllare, se non la strategia e la scelta imprenditoriale, quantomeno l’entità degli esborsi (in mancanza di che diventerebbe possibile qualsiasi arbitrio)” dirimentemente rilevando che per il 36 Rally di San Marino la ricorrente aveva “sostenuto un ulteriore costo di 220.000,00 del quale non è stata motivata la necessità di reiterazione rispetto ai precedenti contratti dello stesso tipo; il che, complessivamente, ha consentito alla società B. di abbattere notevolmente il proprio reddito imponibile dichiarato per il periodo in contestazione. Sulla base di tali considerazioni, che valutate nel loro complesso assurgono al valore di presunzioni, gravi, precise e concordanti, la società ricorrente, cui incombeva l’onere di controdedurre (ad esempio dimostrando le somme pagate da altre società per sponsorizzazioni dello stesso genere), non ha offerto una prova certa della congruità delle somme pagate, tenuto altresì conto che le ingenti somme per cui è causa erano erogate per pubblicità destinate a svolgersi spesso in ambito territoriale dello Stato di San Marino, che non sembra essere un mercato particolarmente ampio per la vendita dei prodotti forniti dalla giapponese Mimaki e commerciali dalla B., ed in ogni caso al di fuori di un possibile controllo da parte dell’Amministrazione delle finanze dello Stato italiano, (che anzi, da tempo, considera San Marino uno dei territori dove si annida l’evasione dalle imposte nazionali).
La appellante società chiedeva, con vittoria di spese, l’annullamento dell’impugnato avviso di accertamento e, in subordine di “accertarsi e dichiararsi come dovuti dal ricorrente all. A.F. unicamente i minori importi eventualmente risultanti all’esito del presente giudizio”. In relazione al contratto di pubblicità del 12/1/2008 con la S.M. (S.M.) insisteva di aver validamente documentato la sponsorizzazione effettuata a favore di Mimaki – apponendo il suo marchio su vetture e transenne – nel marzo 2008 al 36 Rally di San Marino, prima delle sette tappe che compongono il trofeo Rally Terra. Reiterava anche le modalità delle ulteriori sponsorizzazioni prestate ad autovetture Mitsubishi, Porsche e Citroen. Lamentava quindi illogicità e contraddittorietà nella motivazione che da una parte afferma l’inesistenza delle operazioni di sponsorizzazione e dall’altra ne sostiene la antieconomicità. Adduceva poi la intervenuta violazione del principio della insindacabilità delle scelte imprenditoriali (ex plurimis: CTP Lucca n.2160/2012 e 110/3/2012, CTR Milano 113/28/2011, Cassazione 28595/2008), nonché la violazione del principio dell’onere della prova che andava posto a carico dell’Ufficio ed infine la omessa valutazione dei documenti prodotti in atti. Adduceva (cfr. pag.13 dell’appello) la Cass. 25999/2014 statuente che “spetta all’Amministrazione, che adduce la falsità del documento, provare che l’operazione commerciale oggetto delta fattura in realtà non è mai stata posta in essere”. Aggiungeva che l’inerenza della spesa di sponsorizzazione del rally da parte della ricorrente – costantemente presente nel settore automobilistico anche in Formula 1 – rimaneva dimostrata dalla circostanza che i plotter Mimaki sono utilizzati anche per stampare striscioni pubblicitari di gara, adesivi applicati alle vetture e connessa oggettistica promozionale. Quanto all’Iva applicata sugli acquisti adduceva l’Ordinanza della Cassazione n.10041/2014 per la quale, in osservanza dei principi enucleati dalal Corte di Giustizia UE “l’Amministrazione non può rettificare l’Iva detratta sugli acquisti, a meno che si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni o di un più ampio contesto di abuso del diritto”. Quanto alla violazione del principio dell’onere della prova osservava che la Cassazione “ha operato un preciso distinguo, ai fini del riparto dell’onere della prova” chiarendo che nel caso di costi “normalmente necessari e strumentali” l’onere probatorio rimane a carico dell’Ufficio (Cass. 9265/95 e 13473/01).
L’Ufficio si costituiva nel grado con atto depositato il 4/9/15 chiedendo, con vittoria di spese, il rigetto dell’appello con conferma della legittimità dell’ impugnato avviso, insistendo che i primi giudici avevano correttamente rilevato “l’inidoneità della documentazione prodotta da controparte a giustificare l’avvenuta esecuzione delle sponsorizzazioni in contestazione e pertanto legittimo il recupero a tassazione dei relativi costi indebitamente dedotti” e che non sussiste alcun vizio di omessa, carente e contraddittoria motivazione della sentenza in quanto “il difetto di motivazione potrà essere riscontrato solo nel caso in cui, dall’esame del ragionamento s volto dal giudice e che risulta dalla sentenza, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero l’obiettiva deficienza, nel complesso di essa, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla base degli elementi acquisiti al suo convincimento. Nel caso di specie il provvedimento giurisdizionale soddisfa tutti i requisiti motivazionali prescritti dalla Legge e dalla Costituzione all’art. 111 Cost. avendo i giudici di prime cure esplicato in maniera chiara il percorso logico che ha supportato l’impianto decisionale”.
Nel merito delle contestazioni l’Ufficio sosteneva che la Commissione “ha compiutamente esaminato l’evoluzione dei fatti e i molteplici elementi posti dall’ Amministrazione finanziaria alla base dei rilievi mossi alla società ed aventi a oggetto l’indeducibilità, ai fini Ires e Irap, di vari componenti reddituali negativi riguardanti più contratti di sponsorizzazione, in violazione dell’articolo 109 del Tuir, nonché l’indetraibilità della relativa Iva”, valutando come non documentata la sponsorizzazione di alcuni eventi (“non ha documentato l’avvenuta esecuzione della pubblicità/sponsorizzazione”) e l’assenza di una “prova certa della congruità delle somme pagate” in considerazione anche del fatto che le gare rally hanno rilevanza solo locale. Osservava quindi l’Ufficio che la sentenza impugnata “trova il suo logico fondamento nelle disposizioni generali in tema di deducibilità dei costi, con particolare riferimento ai requisiti di effettività (di cui all’art. 109, comma 1 del TUIR) e di inerenza(ex art. 109, comma 5). Invero, l’art. 109, comma l, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (rubricato “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”) prevede, tra l’altro, che concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza le spese e gli altri componenti negativi di cui sia “certa l’esistenza”. A tale principio non si sottraggono le spese relative ai contratti di sponsorizzazione, la cui “effettività” può essere desunta – secondo l’orientamento della Corte di Cassazione – anche sulla base di una valutazione di palese antieconomicità del costo. Di recente, infatti la Suprema Corte (sentenza del 17 gennaio 2013, n. 1036), in riferimento ad una fattispecie in cui l’ufficio ha ritenuto inesistenti, in quanto basali su contratti antieconomici, costi fiscalmente dedotti per prestazioni di sponsorizzazione, ha affermato che “In tema di imposte sui redditi, la tenuta della contabilità in maniera formalmente regolare non è di ostacolo alla rettifica delle dichiarazioni fiscali; in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia è legittimo l’accertamento su base presuntiva e grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo. In tali casi, il giudice di merito, per poler annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie”. E che l’incompletezza della documentazione in atti, non ha consentito di poter acclarare la certezza dei costi ripresi a tassazione, altresì per “assenza di prova certa della congruità delle somme pagate”, richiamando (Cass. Sent. n. 24065/11) di conseguenza che “in tema di pubblicità e propaganda, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma, nel testo vigente “ratione temporis”: consente la deducibilità delle spese relative ad un contratto di sponsorizzazione stipulato anche a favore di un terzo, previa dimostrazione, a carico del contribuente, del requisito dell’inerenza, consistente non solo nella giustificazione della congruità dei costi, rispetto ai ricavi o all’oggetto sociale, ma soprattutto nell’allegazione delle potenziali utilità per la propria attività commerciale o dei futuri vantaggi conseguibili attraverso la pubblicità svolta dall’impresa in favore del terzo”.
Sottolineava l’Ufficio, in relazione al requisito dell’inerenza, che la Corte di Cassazione (cfr. sent. n. 3433/2012) ha statuito che incombe al contribuente, dimostrare quale sia il conseguito incremento commerciale – anche in considerazione della particolare attività svolta dall’impresa – dando dimostrazione dell’ottenato concreto vantaggio nello specifico contesto territoriale in termini di allargamento della clientela e di incremento dei ricavi, ricordando che “la norma fiscale che consente la deducibilità delle “spese di pubblicità e propaganda” nell’esercizio in cui sono state sostenute od in quote costanti nell’esercizio stesso e nei due successivi (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, comma 2 T UIR., che ha ampliato la rateizzazione fino ai quattro esercizio successivi) non prescinde dalla prova del requisito della “inerenza” (art. 109 TUIR, vecchio testo) che, pertanto, grava sul contribuente anche in relazione alla congruità della spesa sostenuta rispetto ai ricavi o all’ oggetto della impresa” (cfr. Corte Cass. Sentenza n. 10913 del 27 maggio 2015; Corte Cass. Sentenza n. 10913 del 27 maggio 2015; Corte Cass. 5 sez. 30.7.2002 n. 11240; id. 5 sez. 16.5.2007 n. 11205; id. 5 sez. 25.2.2010 n. 4554; id. 5 sez. 30.12.2010 n. 26480)”. Aggiungendo che con l’ Ordinanza n. 9/2013 la Cassazione ha esplicitato e precisato che l’inerenza dei costi resta sottoposta alla valutazione del giudice di merito, il cui vaglio non può essere censurato se non per vizio di motivazione. Concludeva quindi l’Ufficio “che l’intero impianto difensivo di controparte, riguardante i due contratti sottoscritti con la San Marino Racing in data 12 gennaio 2008 e 15 maggio 2008, è caratterizzato da una mole di documentazione di scarso rilievo probatorio, in relazione alla verifica del rispetto dei più generali principi in tema di deducibilità dei costi, con particolare riferimento ai requisiti di effettività (di cui all’art. 109, comma 1 del TUIR) e di inerenza (ex art. 109, comma 5)”.
In data 1/10/15 l’appellante depositava memoria riaffermando il valore dirimente della circostanza di aver prodotto in atti la relazione del collegio sindacale in considerazione della quale viene smentita la antieconomicità del contratto ipotizzato dalla Agenzia delle Entrate, riferendosi alla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 13252/2015 che, per analoga fattispecie, ha chiarito essere necessario “che i giudici d’appello, prima di esprimere il proprio convincimento, diano conto di aver esaminato la certificazione del bilancio”.
La Commissione, visti gli atti, in via preliminare quanto dirimente ai fini della decisione della presente vertenza, rileva che si appalesano sussistere nella fattispecie qui in esame gli indizi gravi, precisi e concordanti addotti dai primi giudici nei fondatamente pervenire al rigetto del ricorso di parte contribuente, potendosi e dovendosi al riguardo prescindere dalla circostanza di una contabilità tenuta in maniera formalmente regolare. E valga il vero. La società contribuente con la propria memoria depositata il 1/10/15 riteneva di invocare lo specifico disposto della sentenza della Corte di Cassazione n.13252/2015 per la quale i giudici d’appello, prima di esprimere il proprio convincimento, debbono dare conto di aver esaminato la prodotta certificazione del bilancio societario in accertamento. Nel caso di specie la prodotta certificazione – in atti – evidenzia un utile di esercizio per soli Euro 96.569,00 cui la società era incontestatamente giunta con progressivi abbattimenti per complessivi Euro 480.000,00, tutti a fronte di sponsorizzazioni corrisposte alla società “S.M.”, ovvero in ur. contesto territoriale – la Repubblica di San Marino – nell’anno in accertamento, ovvero il 2008, ancora appartenente alla c.d. “black list” dei paesi a fiscalità privilegiata ed al quale i primi giudici hanno ritenuto di esplicitamente riferirsi come ad un territorio “in ogni caso al di fuori di un possibile controllo da parte della Amministrazione delle finanze dello stato italiano… che considera San Marino uno dei territori dove si annida l’evasione delle imposte nazionali”.
La Commissione ulteriormente osserva la fondatezza della statuizione dei primi giudici per la quale l’Amministrazione finanziaria può controllare “se non la strategia e la scelta imprenditoriale, quantomeno l’entità degli esborsi” dato che in caso contrario “diventerebbe possibile qualsiasi arbitrio” e parimenti che la ricorrente “non ha offerto una prova certa della congruità delle somme pagate”. Al riguardo la Commissione non può esimersi dal considerare l’inequivoco disposto reso da ultimo dalla Corte di legittimità con la sentenza n. 25100/2014 in relazione ad analoga fattispecie, ovvero a sponsorizzazione tramite partecipazione a rally automobilistici, con pubblicità del marchio esposto sulle fiancate delle auto partecipanti ai detti. Il Supremo Collegio con la prefata sentenza ha infatti statuito il principio che il contribuente, per usufruire della riduzione dell’imponibile, deve dimostrare che l’operazione produca effettivamente benefici e ritorni economici a favore della sua impresa. La Cassazione aveva già in precedenza chiarito con la propria Ordinanza n. 3343/2012 che i costi delle sponsorizzazioni sono deducibili se producono maggiori ricavi, precisando cioè che va provato dal contribuente il “ritorno commerciale” Questa dimostrazione di effettiva inerenza, come specificamente lamentato dall’ appellante Ufficio, non è stata data dal contribuente al quale incombeva, come chiarito e precisato dalla sentenza n. 25100/2014 cit., né può consentirsi che i costi in questione per complessivi Euro 480.000,00 possano essere considerati come “normalmente necessari e strumentali” – avendo anche considerato la inidoneità e/o insufficienza della relativa documentazione – con conseguente inversione dell’onere probatorio.
La Commissione, conclusivamente, non può che rigettare l’appello di parte contribuente e per l’effetto confermare l’impugnata sentenza. Quanto alle spese del grado, la Commissione, visto l’art.15 del D.Lgs. n. 546 del 1992, condanna la soccombente contribuente a rifonderle all’Ufficio in misura di Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello del contribuente, con condanna a rifondere le spese di giudizio, liquidate in Euro 2.500,00.
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