COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sentenza n. 779 del 4 marzo 2015
ACCERTAMENTO – LISTA FALCIANI – UTILIZZABILITA’ – SUSSISTE.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente R. A. in data 8.3.2013 aveva presentato ricorso alla CTP di Milano avverso gli avvisi di accertamento con cui l’AdE aveva accertato maggiori redditi ai fini I.R.P.E.F. a titolo di disponibilità detenute all’estero presuntivamente costituite mediante redditi sottratti a tassazione, per gli anni 2005, 2006 e 2007; la CTP adita ha accolto il ricorso compensando le spese.
L’Ufficio ha proposto appello con i motivi che si esamineranno di seguito.
Il contribuente si è costituito e ha proposto le controdeduzioni ribadite in una successiva memoria illustrativa.
Appare opportuno richiamare i fatti.
Gli avvisi di accertamento in questione hanno tratto origine dal P.V.C. redatto dalla GdF, Gruppo di Milano, Nucleo operativo a conclusione di una verifica fiscale nel corso della quale era stata analizzata la scheda cliente (fiche) della HSBC di Ginevra, acquisita presso l’Amministrazione fiscale francese attraverso i canali della collaborazione informativa internazionale prevista dalla Direttiva n.77/799/CEE del Consiglio del 12.12.77 e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia stipulata il 5.10.89 e ratificata in Italia con L. 7.1.92 n. 20, recepita dall’art. 31 bis DPR 600/73.
Come è noto l’autorità finanziaria francese ha trasmesso alle omologhe autorità italiane una lista di cittadini italiani che risultavano detenere, presso istituti di credito svizzeri, somme di denaro non dichiarato.
Quanto al contribuente A. è risultato che lo stesso era intestatario titolare per i conti del profilo T.69, costituito in data 24.2.2004, nonché intestatario e titolare per i conti del profilo 5XXXXXX costituito in data 23.2.2006 e B. O. per la sola rubrica G. per i conti del profilo cliente “T. & G. A. M. SA”.
Pertanto l’Ufficio, tenuto conto di quanto accertato, valutate le dichiarazioni rilasciate dallo stesso delegato del contribuente, ha ritenuto la violazione delle disposizioni in tema di attività detenute all’estero, per le quali non si era provveduto, nell’annualità di imposta relativa, a compilare il quadro RW della Dichiarazione dei redditi in violazione del disposto dell’art. 4 co. 1-2-3 del D.L. 167/90 convertito nella legge 227/1990.
Ritenute le suddette violazioni l’Ufficio ha ritenuto altresì operanti le presunzioni legali previste dall’art. 12 co. 2 D.L. 78/2009 che prevede il raddoppio dei termini di accertamento da applicarsi alle annualità ancora accertabili alla data di entrata in vigore del citato art. 12 cioè il 30.12.2009. Quindi l’Ufficio, in applicazione anche del disposto dell’art. 6 D.L. 167/90, analizzava le risultanze di cui sopra, tenendo conto delle consistenze patrimoniali e delle movimentazioni dal 30.11.2005 al 28.2.2007, come poi indicato in ciascun avviso di accertamento.
Il contribuente ha proposto ricorso alla CTP contestando in via preliminare l’illegittimità per non vigenza della norma di cui all’art. 12 co. 2 D.L. 78/2009 e in via subordinata l’illegittimità per difetto di prova della pretesa tributaria: A) non essendo stata esibita e prodotta documentazione a base della pretesa tributaria tanto in sede di PVC quanto in quella di avviso di Accertamento; B) per inutilizzabilità dei dati alla base della pretesa tributaria non essendo stata provata la legittimità della procedura di acquisizione dei dati; C) per omessa allegazione del PVC; infine il contribuente ha concluso per la non provata attribuzione dei dati indicati dall’Ufficio e per la mancata dimostrazione dei calcoli di passaggio dal PVC alla pretesa tributaria.
La CTP di Milano ha accolto il ricorso del contribuente sulla base delle seguenti considerazioni:
– la norma di cui all’art. 12 sopra citata, pur se entrata in vigore il 30.12.2009 è applicabile alla fattispecie esaminata dall’Ufficio trattandosi di norma procedurale e non sostanziale;
– la modalità di acquisizione della notizia da parte della GdF, effettuata in modo lecito attraverso i canali di cooperazione internazionale, non era tuttavia idonea a purgare l’illecita provenienza della documentazione acquisita, dal momento che lo stesso nominativo del contribuente derivava da informazioni trafugate da un dipendente dell’istituto di credito svizzero HSBC di Lugano (c.d. lista Falciani) e illegalmente trasmesse alle autorità fiscali francesi che poi le hanno trasmesse a quelle italiane.
– L’efficacia probatoria delle informazioni provenienti dalle amministrazioni estere presuppone che tali informazioni siano acquisite in conformità alla legge del paese in cui l’amministrazione opera e nel caso in esame la stessa Corte di Cassazione francese aveva ritenuta illecita l’acquisizione della documentazione in questione perché proveniente da furto.
– Pertanto le acquisizioni acquisite non potevano essere utilizzate dall’amministrazione finanziaria italiana in quanto, pur provenienti da autorità deputata a trasmetterle, sono state acquisite in modo illecito.
– L’accertamento eseguito in assenza di ulteriori elementi sui quali era stato fondato doveva essere annullato.
– Le spese dovevano essere compensate avendo l’Ufficio operato sulla base di una notizia proveniente dalla GdF.
Avverso detta decisione ha proposto appello l’Ufficio con i seguenti motivi:
– Come affermato dalla stessa sentenza impugnata, nonché dalla ormai acclarata giurisprudenza in proposito, la norma dell’art. 12 D.L. 78/2009 è norma procedimentale, in quanto vale a regolare i procedimenti di indagine, controllo e di accertamento ed i relativi poteri dell’Amministrazione Finanziaria e, pertanto può essere applicata retroattivamente ai periodi di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore;
– Effettivamente l’Ufficio ha motivato gli avvisi di accertamento contestati per relationem, richiamando il PVC della GdF, ma ciò non rende invalida la motivazione dal momento che il suddetto PVC era documento assolutamente noto al contribuente. Inoltre quanto alla mancata produzione del PVC da parte dell’Ufficio, che avrebbe messo in condizione il Giudice adito di non poter valutare i documenti posti a base della pretesa tributaria, l’Ufficio ha evidenziato che detto documento (copia integrale del PVC) è stato prodotto nel giudizio dinanzi la CTP.
– Quanto all’utilizzabilità dei dati acquisiti dall’Amministrazione Finanziaria ai fini dell’accertamento dei redditi di capitale di fonte estera non dichiarati, lo scambio di ogni informazione diretta alla corretta determinazione delle imposte tra autorità nazionali europee è specificamente prevista dalla direttiva n. 77/899/CEE e da tutta la normativa comunitaria successiva. Riguardo a questo motivo varie sono state le argomentazioni dell’appellante: A) L’appellante ha quindi affermato che le modalità di acquisizione dei dati da parte di un Paese non riveste alcun significato e non spiega alcun effetto derivato sulla facoltà di trasmissione degli stessi ad un altro Stato membro, né l’illecita acquisizione è prevista tra le cause ostative alla comunicazione dei dati stessi. (v. Cass. sent. 27736/2012; Cass. sent. 24653/2009 ; sent. 22984/2010). B) Il presupposto dell’illecita acquisizione dei dati dovrebbe basarsi sull’applicabilità della legge italiana alla fattispecie in questione cioè all’utilizzazione da parte dell’ex dipendente informatico della filiale svizzera della Banca inglese HSBC di dati riservati concernenti l’accensione di conti correnti da parte di numerosi clienti dell’Istituto, ma trattandosi di condotta tenuta da un cittadino straniero in territorio elvetico o francese, astrattamente sussumibile nell’ipotesi di cui all’art.615 ter c.p. (o anche 62 C.P. n.d.r.) che comunque non rientra tra le ipotesi di cui all’art. 7 c.p. che disciplina 1a punibilità di un reato commesso all’estero a danno di un cittadino italiano;”Mancano i presupposti per ritenere detta illiceità. C) Non è imputabile all’Amministrazione alcuna illegittima acquisizione dei dati in questione essendo state rispettate le norme sulla cooperazione tra Stati membri dell’Unione Europea. D) Non è vero, comunque, che la stessa Autorità giudiziaria francese ha ritenuta illecita l’acquisizione da parte sua dei dati ottenuti senza sua frode e di cui ha fatto uso in sede di cooperazione internazionale. D) Infine visto che la Corte di Cassazione ha affermato che “l’inutilizzabilità degli atti illegalmente formati a mente del co. 2 del’art. 240 c.p.p. nell’attuale formulazione (documenti anonimi e atti relativi ad intercettazioni illegali) non preclude che gli stessi possano valere come spunto di indagine ” il Fisco può benissimo utilizzare la suddetta documentazione a sostegno della propria attività ispettiva e di accertamento, non essendo operante alcuna preclusione. E) Inoltre, data la piena autonomia tra giudizio penale e tributario, le preclusioni di ordine probatorio che si incontrano nel processo penale non si trasmettono al processo tributario ove tutti gli elementi di prova sono utilizzabili affinché il giudice tributario possa fondare il proprio libero convincimento.
Sulla base delle suddette motivazioni l’Ufficio appellante ha chiesto l’integrale riforma della sentenza impugnata e la conferma degli avvisi di accertamento.
Il contribuente si è costituito e con le controdeduzioni ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità dell’appello per genericità dello stesso, essendo state evidenziate da parte dell’appellante le stesse argomentazioni utilizzate davanti al primo giudice con allegazione di giurisprudenza ritenuta in conferente o già contestata in primo grado; sempre in sede di controdeduzioni per evidenziare la ripetitività delle affermazioni dell’appellante il contribuente ha evidenziato che sarebbe stato proposto un motivo di appello sull’eccezione subordinata di difetto di prova per mancata allegazione del PVC sul quale la sentenza impugnata si è pronunciata a favore dell’Ufficio, cosa ormai pienamente accettata dal contribuente stesso; quindi ha chiesto la conferma dell’impugnata sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sul primo motivo osserva questa Commissione che debba essere confermata la decisione del primo giudice là dove afferma che l’art. 12 D.L. 78/2009 è norma procedurale e non sostanziale in considerazione che il testo stesso della norma evidenzia come la stessa nel momento in cui dispone il raddoppio dei termini dell’accertamento per le indagini sugli evasori si ponga come norma rituale, non sostanziale, applicabile ai procedimenti già in essere al momento della sua entrata in vigore. Ed è evidente la volontà del legislatore che nel 2009 con la suddetta norma, dopo aver già promulgato la norma sul c.d. scudo fiscale, voleva evitare che eventuali indagini sui capitali non scudati subissero dilazioni.
Quanto al secondo motivo la piena acquiescenza del contribuente alla decisione favorevole all’Ufficio comporta che la decisione ha acquistato valore di giudicato interno.
Sul terzo motivo, quanto all’utilizzabilità e al valore probatorio della documentazione acquisita dall’Autorità finanziaria italiana attraverso l’Amministrazione fiscale francese ed in particolare attraverso i canali della collaborazione internazionale prevista dalla Direttiva n. 771799 CEE e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni, ritiene questa Commissione che debbano essere condivise le argomentazioni dell’appellante.
Si sottolinea come la direttiva richiamata stabilisce, tra l’altro, lo scambio di informazioni tra Stati in aderenza a quanto previsto dall’art. 31 bis DPR 600/73.
Va ricordato poi che, come previsto dall’art.41 di quest’ultimo DPR, in caso di omessa dichiarazione, l’Ufficio determina il reddito del contribuente in base ai dati ed alle notizie comunque raccolte con facoltà anche di presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza (cfr. Cass. 24.5.2012).
Ora il preteso illegittimo uso che le Autorità francesi hanno fatto di dati trafugati in Svizzera e trasmessi in Francia non riguarda in nessun modo ciò che ha fatto l’amministrazione Finanziaria in Italia; come è stato osservato dall’appellante la condotta materiale che sarebbe stata posta in essere e che costituirebbe reato è attribuibile ad un cittadino svizzero ed è stata posta in essere in territorio svizzero e inoltre non rientra nell’elenco di cui all’art. 7 C.P., di conseguenza non è procedibile in Italia. Non è stato commesso alcun illecito che possa riguardare la legislazione italiana. Pertanto va dichiarata la legittimità dell’acquisizione da parte dello Stato italiano e ciò fa venire meno quindi ogni dubbio circa l’utilizzabilità dei dati acquisiti.
Va detto poi che il contribuente non ha mai contestato le disponibilità finanziarie detenute all’estero, né ha evidenziato specifici motivi di doglianza quanto al calcolo della nuova base imponibile effettuata sulla base dei dati acquisiti, sulla cui veridicità non sono stati avanzati specifici e concreti motivi di contrasto; va ricordato, infine, che egli si era avvalso del c.d. scudo fisca1e, cioè della dichiarazione riservata ad attività emerse di cui all’art. 13 bis D.L.79/2009.
Pertanto l’appello va accolto con conferma degli avvisi impugnati.
Le spese vanno compensate per la complessità delle questioni, tuttora oggetto di apporti giurisprudenziali non univoci.
P.Q.M.
La Commissione accoglie l’appello dell’Ufficio e conferma gli avvisi impugnati. Spese compensate.
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