COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MOLISE – Sentenza 28 luglio 2020, n. 240
Tributi – Successione – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Somme dovute in base a sentenza definitiva – Pagamento frazionato – Validità
Fatto e svolgimento del rapporto contenzioso
Con atto depositato in data ___________ l’Agenzia delle Entrate ufficio di ______________________ propone appello avverso la sentenza n. ______________________ emessa dalla CTP di ______________________ Trattasi di cartelle esattoriali notificate da Equitalia sud s.p.a., su impulso dell’Agenzia delle Entrate, ai contribuenti ______________________, con le quali si chiedeva il pagamento di 262.899,48 euro a titolo di Imposta di Registro, Ipotecaria e Catastale relativamente alla dichiarazione di successione della loro genitrice Sig.ra ______________________, la cartella esattoriale faceva seguito alla pronuncia della CTR depositata in data ______________________, n. ______________________, con la quale i giudici di appello avevano accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio nel giudizio concernente l’avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte di successione. Proponevano ricorso i contribuenti eccependo:
1) nullità della cartella per violazione dell’art. 2909 c.c.;
2) difetto di motivazione della cartella di pagamento;
3) illegittimità della cartella per la mancata indicazione del responsabile del procedimento;
4) decadenza della pretesa impositiva; inoltre i ricorrenti insistevano per l’annullamento della cartella impugnata poiché ritenevano di aver versato interamente le imposte dovute e di avere anzi, un credito con l’Erario di euro 1.232,65, poiché in pendenza di giudizio avrebbero versato euro 308.766,61 a fronte di euro 307.533,96 dovuti in esito della sentenza della CTR n. ______________________ In prima istanza il ricorso veniva accolto e i giudici di prime cure ritenevano che a fronte di quello che i ricorrenti avevano versato vi fosse un credito per gli stessi di euro 50.314,33, disponendo il rimborso delle somme versate in esubero. Nel proporre appello e memorie illustrative l’Ufficio eccepisce l’erronea e falsa interpretazione dei fatti di causa;
2) violazione dell’art. 68 del D.lgs n. 546/92. L’Ufficio ribadisce la legittimità della cartella esattoriale poiché con la stessa ha proceduto a determinare ed iscrivere a ruolo le imposte dovute in seguito alla pronuncia della sentenza della CTR, oltre interessi e sanzioni, previa detrazione delle somme già iscritte a ruolo in pendenza del giudizio tributario concernente l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte di successione, ipotecaria e catastale. L’ufficio inoltre sottolinea che le somme richieste con la cartella esattoriale sono dovute, poiché quanto già pagato dai contribuenti si riferisce alle prime iscrizioni a ruolo, pertanto nessun esubero è stato versato dagli stessi e a nessun rimborso hanno diritto. L’ufficio ha provveduto a richiedere sanzioni ed interessi nei termini e con le modalità di calcolo enunciati nell’originario atto impositivo e rideterminati in ragione di quanto deciso dal giudice di merito. Infine l’appellante eccepisce l’illegittimità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto i contribuenti hanno eccepito l’esistenza di un saldo a credito di euro 1.232,65, mentre i primi giudici hanno riconosciuto un diritto al rimborso di euro 50.314,33. Per questi motivi si chiede l’accoglimento dell’atto di appello con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Di contro la parte nel presentare controdeduzioni ed appello incidentale eccepisce:
Inammissibilità dell’appello poiché non notificato al concessionario alla riscossione; nella fattispecie l’Agenzia ha omesso di notificare l’appello al Concessionario che pure ha partecipato al giudizio, pertanto l’atto è inammissibile e la sentenza deve ritenersi insanabilmente passata in giudicato;
Carenza specifici dei motivi di appello, poiché l’Ufficio si limita a fornire un calcolo non esatto, autoreferenziato e in contraddizione alla sua costituzione;
Infondatezza dell’appello nel merito, poiché i contribuenti hanno versato complessivamente euro 308.766,61, sicchè si sarebbero dovuti riconoscere importi a credito dei ricorrenti e non provvedere ad una illegittima richiesta di euro 262.000;
Riproposizione dei motivi del ricorso e ritenuti assorbiti dalla decisione dei primi giudici;
Decadenza della pretesa tributaria, tenuto conto che la prima pretesa è espressa dalla sentenza di primo grado del 2007 e che la Commissione ha ritenuto che nella specie, operi il disposto di cui all’art. 2953 c.c. con conseguente applicazione della prescrizione decennale.
Per questi motivi si chiede il rigetto dell’appello con conseguente conferma della sentenza impugnata e l’accoglimento dell’appello incidentale stante la decadenza della pretesa.
All’udienza odierna gli appelli sono riservati per la decisione. Osserva nel merito il Collegio l’appello principale dell’Ufficio e quello incidentale della parte non meritano accoglimento. Nel caso di specie questo giudicante ritiene debba essere preso in considerazione il principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria, in quanto in ambito fiscale si avverte sempre più l’esigenza di migliorare il rapporto tra contribuente e amministrazione pubblica, tant’è che la tax compliance, modello di strategia fiscale fondato sull’adempimento spontaneo dell’obbligo contributivo, attuabile tramite un elevato grado di collaborazione e “fiducia”, rappresenta oggi uno degli obiettivi istituzionali e irrinunciabili a cui è improntata l’azione dell’amministrazione finanziaria. Nel caso de quo, il Collegio ritiene di dover considerare quanto anticipato dai contribuenti nel corso degli anni come somme che possono equipararsi agli interessi e sanzioni richiesti oggi dall’Agenzia, anche se ottenuti in maniera frazionata. Lo stesso articolo art. 10, secondo comma, Statuto, L. n. 212/2000, stabilisce che “Non sono irrogate sanzioni, né richiesti moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima”. Relativamente alla decadenza dei termini eccepita dalla parte questo Collegio fa presente che nel caso di specie la pretesa si fondi su sentenza passata in giudicato, pertanto la riscossione di un credito tributario fondato su una sentenza passata in giudicato non soggiace più ai termini di decadenza per l’esecuzione degli atti amministrativi, ma al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c. (richiamato anche, per l’imposta di registro, dall’art. 78 d.P.R. 131/86); in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di essere l’atto e diventa la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha valutato la legittimità (Cass. 21623/15).
La peculiarità delle questioni trattate giustifica una integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Rigetta l’appello principale e l’appello incidentale. Compensa le spese.
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