COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Molise sez. 2 sentenza n. 553 depositata il 27 settembre 2017
FATTO E SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO CONTENZIOSO
La signora , a mezzo del difensore costituito avv. , proponeva tempestivo ricorso, con il quale impugnava l’avviso di accertamento n. TR401 T200860/2010 notificato, in data 27 ottobre 2010, dall’Agenzia delle Entrate di .. Precisava che con l’accertamento impugnato l’Ufficio accertava per l’anno d’imposta 2005 un maggior reddito d’impresa di € 49.892,00 per omessa contabilizzazione dell’avviamento con la conseguente richiesta di imposte per complessivi € 18.066,00 oltre sanzioni e interessi. La ricorrente contestava l’accertamento eccependo che non vi è mai stato alcun contratto di cessione di azienda in data 8 novembre 2005, ma semplicemente la cessazione dell’attività da parte della ricorrente con la contestuale restituzione delle autorizzazioni al Comune di e la signora .. . chiedeva al Comune una autorizzazione ex nova senza atti di subingresso tra le parti e alla stessa venivano esclusivamente cedute le attrezzature e le merci giacenti in magazzino. Pertanto, evidenzia che la cessione dell’azienda, intesa come comprensivo dell’avviamento, non c’è mai stata. Precisa che la ricorrente ha continuato a svolgere l’attività con il ruolo di coadiutrice della figlia che, a sua volta aveva prestato per diversi anni la propria opera nell’attività familiare. Rileva in ogni caso che l ‘art. 54 del TUIR (ora art. 58) esplicitamente dispone che la cessione d’azienda a titolo gratuito non genera plusvalenza. Concludeva con l’annullamento dell’atto impugnato con vittoria di spese. Resisteva l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di .. depositando proprie controdeduzioni con le quali ribadiva la piena legittimità del proprio operato rilevando l’esatta applicazione dell’art. 2, comma 4, del DPR 460/1996. Concludeva con la richiesta di rigetto del ricorso con vittoria di spese.
La Commissione Tributaria Provinciale di . – sezione prima – con sentenza n. . emessa il e depositata in data ., ha così deciso: <>. Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di .., a mezzo nota prot. 11905/2013, proponeva appello in data 31 maggio 2013, con successiva tempestiva costituzione in giudizio, iscritto al RGA ..
L’Ufficio dopo l’esposizione dei fatti di causa contesta la sentenza rilevando che la stessa deve essere riformata in quanto inficiata da un radicale travisamento dei fatti in causa. Precisa che la cessione con fattura di merci in magazzino e di beni strumentali, seguita dalla chiusura dell’attività e contestuale apertura della partita IVA da parte dell’acquirente in pari data e nello stesso identico posto non può che configurare una cessione d’azienda e cioè di quel complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa di cui all’art. 2555 codice civile ed in quanto tale sussiste l’avviamento e deve essere sottoposto a tassazione. Illustra il concetto di azienda ed evidenza che l’operazione di cui è causa viene comunemente qualificata come “cessione frazionata”, strumentalmente posta in essere per non far emergere l’avviamento quale componente positivo del reddito d’impresa. Ritiene che l’emissione di fatture esclude che poteva trattarsi donazione e, pertanto, tale circostanza porta ad escludere l’applicazione dell’art. 58 del TUIR in materia di neutralità del trasferimento generazionale d’azienda a titolo gratuito.
Da ultimo rileva che sulla questione dei costi dedotti indebitamente nell’esercizio 2005, sebbene di competenza del 2004, il giudicato impugnato, laddove assume che non vi è stato danno alcuno per l’erario in quanto non è stata operata la deduzione nel 2004, è ancorata a considerazioni del tutto metagiuridiche. Conclude con la richiesta di accogliere l’appello con la riforma della sentenza impugnata e la conseguente dichiarazione di legittimità dell’accertamento.
L’appellata .., a mezzo del medesimo difensore avv. .., in data 31 luglio 2013 depositava atto di costituzione con il quale riepiloga i fatti di causa e rileva l’esatta ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di primo grado con il conseguente accoglimento del ricorso e ritiene la sentenza di primo grado ineccepibile. In relazione all’appello proposto dall’Ufficio rileva che lo stesso pone delle censure prive di qualsiasi pregio, e ribadisce, analizzando i vari punti della sentenza la correttezza della stessa. Contesta le conseguenze che l’Ufficio deduce dall’emissione delle fatture, ovvero l’esistenza di un contratto di cessione d’azienda con relativo ed effettivo passaggio di denaro, in relazione alla presunta cessione di un peraltro approssimativo calcolato avviamento. Ribadisce quanto esposto nel ricorso introduttivo ed illustra le varie violazioni commesse dall’Ufficio nell’avviso di accertamento con particolare riferimento al richiamo fatto dall’Ufficio al DPR 460/1996 che è stato soppresso con il D. Lgs. 218/1997. Conclude chiedendo il rigetto dell’appello, la trattazione della controversia in pubblica udienza, previa eventualmente consulenza tecnica d’Ufficio, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio. All’odierna trattazione della controversia in pubblica udienza, dopo l’esposizione al Collegio da parte del relatore dei fatti e delle questioni della controversia, sulle conclusioni delle parti come in atti rappresentate, a causa è stata trattenuta a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Collegio che la decisone del giudice di primo grado deve essere confermata in toto poiché motivata in maniera articolata e, quindi, esente da vizi di sorta, pertanto le doglianze dell’Ufficio non sono assolutamente idonee a confutare la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di ..
Invero, le censure mosse dall’appellante Ufficio sono infondate e, pertanto, vanno rigettate. In relazione alla doglianza dell’Ufficio che nel caso di specie non può che configurarsi una cessione di azienda, la sentenza di primo grado non è censurabile.
Orbene i giudici di prime cure hanno esposto, in maniera puntuale, dettagliata ed esauriente, i fatti rilevanti per la controversia posta alla loro attenzione e le ragioni giuridiche della decisione presa. Infatti, nella sentenza si legge: <<… La presunzione dell’Ufficio (presunta cessione d’azienda) e non semplice cessione di beni strumentali e di merci che avrebbe determinato anche cessione di “avviamento” di Euro 49.549,00, con conseguente tassazione dello stesso (quale plusvalenza) ………… non poggia su fatti certi e idoneamente supportati …….. La Commissione rileva che, dalla documentazione in atti, la signora .., destinataria dell’impugnato avviso di accertamento, ha cessato l’attività con contestuale restituzione delle autorizzazioni al Comune di .. e la sig.ra ha chiesto al Comune di una autorizzazione ex nova, regolarmente rilasciata, senza atti di subingresso tra le parti, e venivano esclusivamente cedute le attrezzature e le merci giacenti in magazzino. La cessione dell’azienda, intesa come comprensivo dell’avviamento, non c’è mai stata ………. Questo Collegio ritiene, quindi, non configurabile nel caso di specie, plusvalenza tassabile in quanto la cessione non è avvenuta tra soggetti diversi, ma nell’ambito di una situazione societaria già esistente tra madre e figlia, quest’ultima da lungo tempo inserita nell’azienda materna. Pertanto, in mancanza di riscontri circa un effettivo passaggio di denaro, le pretese del fisco non risultano sorrette da congrui riscontri probatori, per cui le richieste dell’ufficio non risultano idoneamente supportate.>>.
Per quanto innanzi rilevato, questo Collegio condivide e fa propria la statuizione impugnata immune da censure e rilevando, in ogni caso, che l’Agenzia delle Entrate in sede di appello si è limitata a ribadire quanto asserito nell’avviso di liquidazione, senza pertanto fornire a questo organo giudicante elementi nuovi per censurare la sentenza impugnata. Pertanto, stante la chiara e corretta motivazione nel merito della problematica esposta dai giudici di prime cure, il Collegio ribadisce che nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata con la conferma in toto della stessa. Per quanto innanzi l’appello va rigettato con la conferma della sentenza impugnata. Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo in relazione a questo grado di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza. Condanna l’appellante Agenzia delle Entrate di al pagamento, in favore dell’appellata, delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.250,00 oltre accessori come per legge.
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