COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Molise sez. 2 – Sentenza n. 575 depositata il 10 ottobre 2017
La società . in persona del rappresentante legale, rappresentata e difesa dal Dott. . presso lo studio del quale eleggeva domicilio, proponeva ricorso avverso cartella esattoriale con cui l’Agenzia delle Entrate di intimava il pagamento della complessiva somma d i € 5.479,00 noti ficata il 22 febbraio 2012. Il Difensore rilevava che l’iscrizione scaturiva da mancato pagamento delle somme a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 per carente versamento del primo e secondo acconto IRAP dovuti per l’anno d ‘imposta 2008 e che la stessa era stata preceduta da comunicazione di anomalie della dichiarazione da parte dell’Ufficio che invitava la società a regolarizzare quanto dovuto in applicazione di sanzione ridotta del 10 per cento. Precisava, altresì, che a tale invito la società rispondeva precisando che non trattavasi di carente versamento d’acconto ma di ricalcolo dell’imposta disposto da normativa prevista per riduzione del cuneo fiscale da cui scaturiva imposta dovuta in misura inferiore dalla società. Seguiva, tuttavia, iscrizione a ruolo da parte dell’Ufficio sulla rilevata ipotesi che la società ometteva d i compilare la Sez. XII del quadro IRAP dell”anno d’imposta 2007. Deduceva ancora il Difensore che nessun danno era ravvisabile nei confronti del fisco nella duplice considerazione che il minor acconto derivava dall’applicazione dei benefici della deduzione dal valore della produzione di un importo forfetario di 5.000,00 euro per ogni dipendente assunto previsti dal D.L. n. 81/2007 convertito in Legge n. 127/2007 sul calcolo dell’IRES e dell’IRAP anche per le società di riscossione, come nella fattispecie, e che la dimenticanza nella compilazione del quadro IQ della Sez. XII non incideva sulla determinazione del tributo per essere stato lo stesso correttamente determinato. Per le esposte ragioni il Difensore concludeva, previa sospensione dell’atto opposto, con richiesta di annullamento del lo stesso e ristoro delle spese di lite. L’Ufficio si costituiva in giudizio, ai sensi dell’art. 23 del D.L.gs n.546/1992, con deposito di note nelle quali, dedotta l’infondatezza del ricorso, ne chiedeva il rigetto unitamente alle spese. Eccepiva, lo stesso, che la società non solo aveva omesso nella dichiarazione l’indicazione degli importi versati in acconto per l’annualità in contestazione ma neppure aveva prodotto dichiarazione integrativa volta alla correzione dell’errore commesso rimanendogli, in tal modo, preclusa la emendabilità della stessa. Il giudizio di primo grado, con sentenza n .. emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di si concludeva con accoglimento del ricorso e compensazione delle spese. La stessa veniva gravata d’appello dall’Ufficio per sua censurabilità sotto il profilo logico e giuridico atteso che l’Esattoria, oltre a non indicare gli acconti IRAP nella dichiarazione, nulla provava sui nuovi calcoli derivanti dall’applicazione dcl cuneo fiscale con la conseguenza che restava, pienamente, valida l’esattezza dei conteggi indicati nella cartella opposta . L’appellata società non si costituisce in questo grado di giudizio. L’odierna udienza di discussione, viene celebrata, dinanzi a questa Commissione Tributaria Regionale, col rito camerale, per mancata produzione della richiesta di cui all ‘art. 33, comma 1, del D.L.gs n.546/1992. La causa viene assegnata a sentenza.
La Commissione, esaminati gli atti processuali, ritiene rigettare l ‘appello. Oggetto del contendere concerne iscrizione a ruolo dell’imposta IRAP afferente l’anno 2008 a carico di . scaturita da minor versamento e da mancata indicazione della stessa nel quadro IQ Sez. XII della prodotta dichiarazione dei redditi. A seguito di invito di regolarizzazione per tale omissione la società comunicava che tale imposta era stata determinata in applicazione del D.L. n. 81/2007 convertito in Legge n. 127/2007 che prevedeva per le società benefici in caso di occupazione di personale a tempo indeterminato. L’Ufficio sulla scorta della non emendabilità della dichiarazione, della mancata indicazione dell’imposta nell’anzidetto quadro e della mancata produzione di dichiarazione integrativa volta alla correzione di errori, notificava la cartella in discussione. Le ragioni dell’Ufficio non sono condivisibili e non trovano conferma neppure in questa sede nella rilevata erroneità della procedura adottata dall’Ufficio per il recupero e nella inesistenza della obbligazione richiesta. Invero, secondo recente giurisprudenza per disconoscere il credito d’imposta (acconti versati nella fattispecie) è necessario un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non essendo sufficiente l’avviso bonario successivo a un controllo automatizzato. Ciò perché la procedura automatizzata di cui all’art. 36-bis del D.P.R. n.600/1973 ed all’art. 54-bis del D.P.R. n . 633/1972 può essere adottata solo ove sia necessario un controllo meramente cartolare della dichiarazione. Ove invece “…sorga la necessità di risolvere questioni giuridiche o esaminare atti diversi dalla dichiarazione stessa, è necessario procedere mediante avviso di accertamento…..”(Corte d i Cassazione del 3 aprile 2012 la n. 5318). Pertanto, la possibilità di iscrivere a ruolo l’imposta senza previamente emettere un avviso di accertamento. prevista dall’art. 36-bis dcl D.P.R. 600/73, è consentita soltanto allorché la maggiore imposta dovuta risulti, ictu oculi, dalla dichiarazione del contribuente, cioè in casi tassativi (per esempio, correzione di errori materiali o di calcolo), e non può, quindi, essere estesa fino a ricomprendere fattispecie suscettibili di interpretazioni diverse. Invero, la complessità e difficoltà di ”lettura” del rapporto tributario, data, per un verso, dalla carenza di versamento dell’imposta dovuta, mettendo in discussione proprio i dati esposti dalla parte (disattendendoli e/o disconoscendoli), avrebbe imposto un motivato atto di accertamento e un’elaborazione dei dati in contraddittorio, con l’assegnazione di un congruo termine per chiarire, contraddire e documentare. Nella fattispecie, l’operato dell’ Ufficio non è stato di mero controllo dei dati esposti dal contribuente, bensì di vero e proprio atto di accertamento volto a disconoscere gli acconti versati nell’anno precedente a quello in disamina. Quanto alla non emendabilità della dichiarazione (sostenuta dall’Ufficio), in ossequio al principio delle Sezioni Unite della Cassazione (Sent. n. 15063 del 25 ottobre 2002), questo Collegio ritiene, in linea di principio emendabile e ritrattabile ogni dichiarazione dei redditi che risulti, comunque, frutto di un errore del dichiarante nella relativa redazione, sia tale errore testuale o extratestuale, di fatto o di diritto, quando da essa possa derivare l’assoggettamento del contribuente ad oneri contributivi diversi, e più gravosi, di quelli che per legge devono restare a suo carico. In tale contesto va citata la sentenza n. 7294 dell’11 maggio 2012 della Cassazione Civile – Sezione Tributaria nella quale si dispone che: “….. L’affermazione di una generale ed automatica emendabilità degli errori commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione, tuttavia, non può ritenersi estesa alla dichiarazione dei redditi tout court, ma deve correttamente circoscriversi alla indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali (ad es. errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi), ovvero anche formali (concernenti la esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta), rimanendo a tali ipotesi estranea la concreta fattispecie in esame in cui il contribuente, con la stessa dichiarazione, viene ad esercitare una facoltà di opzione riconosciutagli dalla norma tributaria…”. I giudici hanno stabilito che la possibilità del contribuente di rettificare quanto in precedenza dichiarato è consentita ” … non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R . n. 602/73, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione Finanziaria (Corte di Cassazione sentenza n . 2226 del 31 gennaio 2011). Peraltro, con sentenza n. 12149 del 30 maggio 2014 i Giudici di legittimità hanno ribadito che la dichiarazione dei redditi è emendabile anche in giudizio, quando alla base vi sia un errore di fatto o di diritto che abbia inciso sull’imposizione fiscale. In pratica, con riferimento al principio enunciato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza dell’anno 2002, i Giudici hanno confermato che non è possibile assoggettare il contribuente al pagamento di imposte in misura superiore a quella che scaturisce dall’applicazione degli articoli 53 e 97 della Costituzione. L’Agenzia delle Entrate interpreta restrittiva mente il diritto del contribuente di emendare gli errori commessi nella dichiarazione dei redditi consentendo unicamente la trasmissione di una dichiarazione integrati va entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, ai sensi dell’art. 2, c. 8-bis, DPR 322/98 . Tale limitazione si basa, secondo l’Amministrazione Finanziaria, sull’esigenza di stabilità amministrativa di acquisizione delle entrate tributarie, che comporta la necessità di assoggettare le dichiarazioni a ristretti vincoli di forma e di tempo. Tuttavia, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, tale conclusione contrasta con il principio di capacità contributiva e di correttezza dell’azione amministrativa, in quanto rileva la Suprema Corte: ”…. Né esigenze di mera stabilità amministrativa, in ossequio alle quali si è sostenuto in un remoto passato la non modificabilità della dichiarazione, possono mai comprimere il diritto del contribuente a versare le imposte secondo il principio di capacità contributiva ….”. Nella fattispecie, la società aveva versato regolarmente per l’anno 2007 gli acconti dell’IRAP in misura ridotta per effetto dei benefici sul cuneo fiscale così come stabiliti dalla legge n . 127/2007 per cui nessun danno è ravvisabile nei confronti del Fisco. La mancata costituzione dell’appellata induce alla mancata liquidazione delle spese.
La Commissione rigetta l’appello. Nulla per le spese.
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