Commissione Tributaria Regionale per il Friuli Venezia-Giulia, sezione 1, sentenza n. 32 depositata il 24 febbraio 2020
Nell’attività di contrasto e accertamento dell’evasione fiscale, l’amministrazione finanziaria può avvalersi di qualsiasi elemento di valore indiziario, anche unico o acquisito illegittimamente secondo il diritto processuale penale, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere acquisiti in violazione di diritti fondamentali di rango costituzionale
FATTO
In data 03/6/2016 l’Ufficio delle Dogane di Gorizia e la Guardia di Finanza Stazione Navale di Trieste, redigevano un processo verbale contestando al Sig. .. la violazione degli articoli 216 e 292 TULD e 70 DPR 633/1972, in quanto veniva accertata la permanenza dell’imbarcazione . – battente bandiera St. Vincent and the Grenadines (iscritta al n. .. dei registri marittimi di Kingstown) nel territorio dello Stato italiano a far data certa dal 20/09/2010 alla data della constatazione, posto che il termine di 18 mesi previsto dall’art. 562 lett. e) del Reg. CEE 2454/93 per ottenere l’esonero totale dai dazi all’importazione per i mezzi di trasporto marittimi era stato superato.
Conseguentemente in data 14.07.2016 l’Ufficio emetteva, nei confronti del Sig. , per sé e quale procuratore autorizzato della società atto di contestazione e di confisca che veniva impugnato la CTP di Gorizia.
La CTP di Gorizia, con sentenza n. 35/17 dd. 22.2.2017, respingeva il ricorso proposto, riducendo il valore dell’imbarcazione da euro 270.000 ad euro 230.000, con compensazione delle spese di lite.
Ha quindi proposto appello il Contribuente concludendo per la riforma della pronuncia di primo grado con vittoria d spese di lite.
Resiste l’Agenzia delle Dogane costituendosi in giudizio e concludendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza gravata con vittoria di spese di lite.
La vertenza è trattata in pubblica udienza.
Motivi della decisione
L’appello del Contribuente è parzialmente fondato.
L’art. 562 lett. e) del Reg. CEE 2454/93 vigente all’epoca dei fatti (attualmente sostituito dal 1 maggio 2016 dall’art. 217 del Reg. CE 2446/2015, che ne ha riprodotto, sostanzialmente, la disciplina), stabiliva, che la permanenza nelle acque comunitarie nel regime di ammissione temporanea era ammessa per un periodo massimo di 18 mesi, decorso il quale scattava l’importazione definitiva dell’unità, con i relativi obblighi di pagamento di diritti doganali e sanzioni.
La permanenza di un’unità da diporto nelle acque comunitarie in mancanza di uno o più dei requisiti richiesti dalle convenzioni internazionali e dalle norme comunitarie per usufruire dell’ammissione temporanea con l’esonero dei diritti doganali comporta la sottrazione delle merci al pagamento dei diritti di confine dovuti ed integra, ai sensi dell’art. 216 D.P.R. 43/73, la fattispecie del contrabbando previsto dagli artt. 282 e ss. e 292 del D.P.R. 43/73, punita, fino all’entrata in vigore del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, con una multa da 2 a 10 volte l’importo dei diritti evasi.
Pertanto la permanenza della citata imbarcazione presso la Marina —— di Monfalcone a far tempo dal 20.09.2010, e quindi per un periodo superiore ai 18 mesi, senza aver assolto i diritti di confine dovuti (Iva all’importazione) e in assenza di requisiti per l’ammissione temporanea, integra la violazione dell’art. 292 D.P.R. 43/73 in relazione all’art. 70 D.P.R. 633/72, in quanto determina la sottrazione all’accertamento ed al pagamento dei diritti di confine, dell’Iva all’importazione (essendo il dazio pari a zero da tariffa doganale) dovuta ex art. 1 D.P.R. 26.10.1972 n. 633, in ottemperanza dell’obbligazione doganale prevista dagli artt. 133 e ss. del TULD.
In particolare, il valore dell’imbarcazione è stato stimato in euro 270.000 a seguito di perizia dell’Ing. .. riversata in atti, ordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia;
pertanto l’importo di Iva evasa è stato stimato in euro 54.000 (aliquota del 20% nel periodo di commissione del fatto, dal 20/09/2010 al 20/03/2012). Tuttavia la CTP di Gorizia, ha operato una rideterminazione del valore, abbassandolo ad euro 230.000, motivo per cui l’IVA evasa nel periodo considerato risulta pari ad euro 46.000.
L’appellante lamenta la violazione dell’art. 216, assumendo che, pur essendo stato superato il limite di permanenza dell’imbarcazione in ammissione temporanea di cui all’art. 562 dell’abrogato DAC (18 mesi) l’imbarcazione non era stata usata, cioè utilizzata per la navigazione nelle acque comunitarie, mentre l’art. 216 individuerebbe l’ipotesi di reato nell’utilizzo dell’imbarcazione successivamente al superamento del termine massimo per l’appuramento del regime e non, come afferma l’ufficio, nel solo superamento del termine stesso.
Correttamente i giudici di primo grado hanno osservato, che il termine “utilizzato” non significa necessariamente per quanto attiene alle imbarcazioni utilizzato in acqua o in navigazione, ma significa semplicemente averne la disponibilità, poterne disporre e d’altra parte utilizzare comprende anche quelle operazioni necessarie e propedeutiche al suo utilizzo quali appunto manutenzione, riparazione, operazioni che nella nautica da diporto sono assolutamente necessarie, ordinarie, con cadenza sostanzialmente stagionale ( … ). La norma citata, art. 216 comma 4 TULD, prevede che in circostanze eccezionali il termine di appuramento possa subire una interruzione per poi riprendere il suo decorso – fino alla sua naturale scadenza – una volta che le cause che la hanno determinata sono venute meno.
Occorre però che di un tanto sia data espressa comunicazione alla Dogana, il che non è affatto qui avvenuto, nemmeno nella forma del quesito e/o del tentativo.
Dopo aver citato, in merito, diverse sentenze della Corte di Cassazione, riportando altresì il testo della pronunzia n. 19616 del 2014, la CTP ha correttamente concluso che ” in assenza di validi argomenti per interpretare le norme in maniera difforme dalla SC, va affermato che per le unità custodite in rimessaggio, anche dopo le modifiche comunitarie, sono sì previste deroghe al periodo dei diciotto mesi, ma è necessario adeguarsi al disposto dell’art. 216 comma 4 TULD, come da chiarimenti per l’appunto forniti dall’Agenzia delle Dogane con circolare n. 4499 del 14 gennaio 2002 che possono riassumersi come segue:
va comunicato alla locale autorità doganale il luogo in cui l’unità sarà posta in rimessaggio, allegando i documenti di bordo con la richiesta d’apposizione dei sigilli;
il periodo di custodia interrompe il regime d’importazione temporanea a condizione che l’unità sia rimasta in custodia per la durata di almeno tre mesi continuativi;
alla fine del periodo l’autorità doganale provvederà alla restituzione dei documenti di bordo, previa rimozione dei sigilli.
E’ indubbio che nessuna procedura, neppure similare, è mai stata posta in essere con riferimento alla imbarcazione in oggetto”.
Va infatti osservato che un mezzo di trasporto che rimane nella UE oltre i limiti previsti per il regime doganale cui è vincolata dà luogo a contrabbando anche se non è utilizzato, proprio per il fatto dell’inadempienza degli obblighi del regime.
L’eventuale non utilizzo del mezzo rileva unicamente al fine dell’interruzione del termine dell’ammissione temporanea, quando vi siano da svolgere interventi di manutenzione, programmati o straordinari. In tal caso, ai sensi dell’art. 216 c. 4 TULD, dispone “Per i mezzi di trasporto indicati nei precedenti commi il regime della temporanea importazione è interrotto durante il periodo in cui tali veicoli, pur permanendo nel territorio doganale, rimangono inutilizzati, sempreché siano custoditi con l’osservanza delle condizioni e cautele stabilite dal Ministero delle Finanze“.
A differenza di quanto sostenuto dall’appellante, tale previsione non conferma il fatto della necessità dell’utilizzo per l’integrazione della fattispecie di contrabbando ma dimostra che la fattispecie viene integrata di per sé dalla semplice permanenza del mezzo in territorio UE, potendo il mancato utilizzo rilevare al solo fine di un’interruzione del regime stesso. Per fruire dell’interruzione è infatti necessario svolgere una particolare procedura mai posta in essere dal Contribuente per pacifica ammissione.
Correttamente i giudici di prime cure hanno affermato che “E’ vero che la norma non prevede, espressamente, una formale comunicazione all’autorità finanziaria. Ma è assolutamente evidente che, in tanto il Ministero delle Finanze potrà impartire le condizioni e cautele della custodia, in quanto sia stato formalmente informato. L’omessa comunicazione frustra, palesemente, la finalità della norma che vuole consentire all’amministrazione, una volta venuta a conoscenza della mancata utilizzazione, non solo di impartire le necessarie istruzioni, ma anche di esercitare il controllo, in qualsiasi momento, in ordine al permanere della condizione di non utilizzazione.”
Per quanto attiene la possibilità di punire il contrabbando a titolo di colpa, pare utile citare la Circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 55383 del 24.05.2016, successiva alla depenalizzazione operata dal D.Lgs. n. 8/2016, che ha condivisibilmente osservato che “In linea generale, di fronte a un caso di contrabbando depenalizzato saranno applicabili, per i profili procedimentali, le norme di cui al D.Lgs. n. 472/1997 e, solo in caso di lacune, le disposizioni di cui alla L. n. 689/1981″. Come ha ritenuto anche il giudice di prime cure, l’applicabilità della disciplina in tema di sanzioni amministrative comporta l’applicazione anche dell’art. 5 D.Lgs. n. 472/97, e quindi la punibilità a titolo di dolo o colpa.
Per quanto riguarda il calcolo della sanzione, l’Ufficio sostiene di essersi attenuto a quanto disposto dall’art. 1, comma 6 del D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, ai sensi del quale “Se per le violazioni previste dal comma 1 è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può, in ogni caso, essere inferiore ad euro 5.000 né superiore ad euro 50.000“. Ma essa è stata concretamente irrogata nell’importo di euro 50.000 (poi riducibili ad 1/2 se il pagamento avviene entro i 60 giorni dalla notifica).
E’ chiaro, pertanto, che l’Ufficio non ha, graduato la sanzione, ma l’ha determinata nella misura massima.
Va pertanto applicata la sanzione in misura minima pari ad Euro 5.000,00.
Con riferimento alla perizia dell’ing. ., accolta dal giudice di prime cure, va osservato che è stata redatta su richiesta della Guardia di Finanza di Trieste, avanzata in forza della delega di indagini del 08/10/2015 ricevuta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia, il valore attribuito dal perito Ing. ., e condiviso dai giudici di primo grado, ammonta ad Euro 230.000,00, ma detta stima non tiene conto degli ingenti interventi di riparazione da sostenere a causa dell’incaglio che l’imbarcazione ha subito che ha portato al distaccamento della chiglia ed alla deformazione dello scafo, come documentato da materiale fotografico allegato alla perizia di parte redatta dal perito .. presente nel fascicolo di primo grado. Ciò posto dal valore stimato di Euro 230.000,00 va detratto perlomeno il 50% dei lavori di ripristino stimati dal perito .. pari ad Euro 125.000,00.
Conseguentemente il Collegio determina il valore dell’imbarcazione in Euro 105.000,00.
Relativamente al lamentato difetto di legittimazione passiva del signor . l’Appellante afferma che “è pacifico, perché documentato, che il signor non è il legale rappresentante della .. ma è un semplice procuratore della suddetta società giusta procura 17.5.2012 …”. Pertanto egli non doveva essere sanzionato in solido con la società, essendo solo questa concretamente responsabile della sanzione.
Osserva il Collegio che ciò è contraddetto da quanto riportato nel verbale di sommarie informazioni rese dal Sig. . – in data 12/10/2015 – in qualità di persona informata sui fatti, ed accluso al fascicolo penale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Gorizia. Afferma il . che “… L’imbarcazione la Fenice risulta essere di proprietà, compreso il sottoscritto di altre 2 persone … è stata acquistata nell’anno 2000 … ed è stata poi trasferita in Croazia per poterla utilizzare per la locazione/noleggio e per fare regate. Nei periodi invernali è sempre stata portata da .. per effettuare i soliti lavori di manutenzione. Nel 2010, un mese prima di portarla da , ha subito un incidente;
si è quindi deciso di alarla per effettuare i lavori di riparazione. All’epoca fu presentato il costituto di arrivo … ma nel frattempo sono passati i 18 mesi, e a causa la mancanza di liquidità da parte di tutti i soci proprietari, l’imbarcazione è rimasta alata presso la Marina —— di Monfalcone ove tuttora è rimessata”
(ALL. 5 alle controdeduzioni nel giudizio di primo grado). Sostiene però l’Appellante che tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nel processo poiché acquisite illegittimamente. Osserva il Collegio che l’Amministrazione finanziaria, nell’attività di contrasto e accertamento dell’evasione fiscale, può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento di valore indiziario, anche unico, ancorché acquisito illegittimamente secondo l’ordinamento processuale penale, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere acquisiti in violazione di diritti fondamentali di rango costituzionale, stante la netta differenziazione tra processo penale e tributario, secondo un principio sancito non solo dalle norme sui reati tributari (art. 12 del d.l. n. 429 del 1982, successivamente confermato dall’art. 20 del d.lgs. n. 74 del 2000), ma anche dalle disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 c.p.p. ed espressamente dall’art. 220 disp. att. c.p.p., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale quando, nel corso di attività ispettive, emergano indizi di reato ma soltanto ai fini dell’applicazione della legge penale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ininfluente l’avvenuta distruzione, su ordine del giudice penale, dei documenti concernenti l’illegale raccolta di informazioni ai danni dell’indagato). (Cass. Sez. V Sentenza n. 31243/2019)
Da tale dichiarazione si ricava che il Sig. . fa parte del direttivo della .. ed è un proprietario dell’imbarcazione.
Oltre a ciò, il sig. risulta aver firmato, in qualità di Procuratore della società . i contratti di comodato gratuito dell’imbarcazione presso la Marina .., con ciò dovendosi far discendere che aveva un diritto reale sul bene tanto da poterne disporre personalmente.
Infine il sig. .. risulta anche (circostanza mai contestata) socio della società.
Si ricorda che a norma dell’art. 1 D.lgs. 472/97 la sanzione va emessa non solo nei confronti della società, ma anche della persona fisica che “ha commesso o ha concorso a commettere la violazione”, ossia di colui o coloro che abbiano realizzato il comportamento vietato dalla norma, nella fattispecie determinando il protrarsi dell’ammissione temporanea dell’imbarcazione oltre i termini stabiliti dalla normativa comunitaria.
Quanto all’intervenuta decadenza del termine per la contestazione della violazione amministrativa.
Va osservato che nel caso di violazioni depenalizzate ad opera del D.Lgs. n. 8 del 15/01/2016, i termini per la contestazione delle sanzioni amministrative sono fissati direttamente da detto decreto, all’art. 9, comma 4:
giorni 90 per i soggetti residenti nel territorio della Repubblica e giorni 360 per i soggetti residenti all’estero. Detti termini decorrono dalla data di ricezione, da parte dell’autorità amministrativa, degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria. Pertanto alcuna decadenza per la contestazione può essere ascritta.
In conclusione l’appello del Contribuente è parzialmente fondato, e ciò giustifica l’integrale compensazione fra le Parti delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Accoglie parzialmente l’appello del contribuente fissando il valore dell’imbarcazione in euro 105.000,00, rideterminando la sanzione in euro 5.000,00.
Rigetta per il resto.
Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
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