Commissione Tributaria Regionale per il Friuli Venezia Giulia, sezione 2, sentenza n. 4 depositata il 7 gennaio 2020
Gli immobili collocati in un Porto Franco sono censibili nella categoria E soltanto se utilizzati per il servizio trasporti o per attività strettamente correlate allo stesso
Su invito del Presidente a fornire ulteriori nuove delucidazioni sulla problematica in discussione il difensore della ricorrente, avv. , insiste per l’annullamento dell’avviso e in subordine per l’annullamento della sanzione, il rappresentante dell’Agenzia, dott. .chiede il rigetto del ricorso.
In camera di consiglio la Commissione riprende in esame la problematica. Con atto notificato in data 22/03/2018 – prot.n., la società S.R.L. propone ricorso avverso l’avviso di accertamento n .., di attribuzione della rendita definitiva, con il quale l’unità immobiliare intestata catastalmente al Demanio Pubblico dello Stato – Ramo Marina Mercantile e alla società stessa, era censita al Catasto Fabbricati del Comune di Trieste con i seguenti dati di classamento: Foglio part. .– Cat. D/8
Nel contestare il ripristino della categoria catastale, la società sostiene che gli immobili di cui trattasi, sono da classificare nella categoria E poiché i rilievi catastali notificati dall’Ufficio si pongono, in primo luogo, in radicale contrasto con il chiaro e univoco tenore della normativa sopravvenuta (Legge 27 dicembre 2017, n. 205 – c.d. Legge di bilancio 2018), la quale è intervenuta proprio sul tema degli immobili a destinazione speciale, connessi alle aree funzionali alle operazioni e ai servizi portuali, colmando così un preoccupante vuoto normativa ormai conclamato dai diversi e difformi orientamenti giurisprudenziali sul tema. In particolare, e del tutto contrariamente a quanto prospettato nei precedenti contrari della Cassazione e di codesta On.le Commissione, tale disposizione ha riconosciuto che le aree scoperte dei porti di competenza delle Autorità di sistema portuale adibite alle operazioni e ai servizi portuali, nonché i depositi ivi ubicati strettamente funzionali alle suddette operazioni e ai servizi portuali, costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione a privati.
Sostiene inoltre che l’unica condizione è che gli immobili siano considerati “cespite unico con la stazione, strettamente funzionali alla gestione della infrastruttura”. Sul punto basti osservare che, nel caso di specie, la strumentalità degli immobili accatastati dall’Ufficio in variazione della categoria da E a D viola la normativa di settore secondo cui – invero anche prima della riforma legislativa (che tuttavia rafforza e chiarisce tale aspetto) – le aree portuali ed i relativi magazzini e depositi funzionali al servizio di trasporto accatastabili in categoria E/1.
Nel caso dei terminalisti la strumentalità delle aree alla stazione di trasporto e, dunque, il loro riconoscimento (meglio, alla loro classificabilità) nella categoria E, è circostanza pacificamente integrata dal fatto che tutte le unità in concessione costituiscono componenti essenziali del terminal data la loro stretta integrazione e correlazione logistica e organizzativa, essenziale ai fini delle operazioni portuali ivi svolte. Ne consegue che a un terminal deve essere riconosciuta la categoria E, data la sua DESTINAZIONE PARTICOLARE AL TRASPORTO MARITTIMO; tale inapplicabilità non può poi essere limitata a una porzione di area, ma deve essere estesa a tutto il complesso che lo costituisce; in sostanza, secondo il dato normativa, devono essere accatastate in E tutti quei fabbricati o quelle aree che non hanno autonomia funzionale rispetto agli immobili o ai fabbricati che fanno parte del complesso delle aree del terminal dato in concessione.
La ricorrente sostiene di rientrare appieno nelle ipotesi di esenzione previste dalla norma poiché concessionario demaniale di un “terminal” ove insistono immobili che per utilizzo e destinazione d’uso sono espressamente ascrivibili nella loro totalità alla categoria catastale E/l, in quanto strettamente funzionali, complementari e accessori al terminal stesso. Del resto come correttamente evidenziato dall’allora Agenzia del Territorio, nel caso dei porti l’esenzione deve coprire tutto ciò che è funzionalmente legato alle esigenze di sbarco, imbarco e instradamento delle merci; l’esenzione deve quindi essere estesa anche a quelle porzioni di fabbricati in cui si trova la sede del personale addetto al coordinamento ed alla programmazione delle suddette operazioni di sbarco e imbarco, alla gestione dei piazzali, ai magazzini ed ai depositi destinati ad accogliere le merci in transito, ai locali di appoggio per il personale, alle rimesse dei veicoli di servizio fra banchine e piazzale, alle eventuali officine per la manutenzione e la riparazione dei mezzi per la movimentazione interna.
Nel costituirsi a giudizio l’Agenzia rileva che l’oggetto del contendere verte principalmente sull’assoggettabilità ICI dei cespiti dati in concessione da parte dell’Autorità del Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale Porto di Trieste e viene ricondotta all’individuazione della categoria di classamento catastale: speciale “D” vs. particolare “E”.
In virtù della combinazione della normativa fiscale e di quella codicistica, tutte le componenti che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad un’unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l’unità stessa e influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale, come da ultimo confermato dalla norma d’interpretazione autentica contenuta nella L. n. 190 del 2014, art. l, comma 244, che rimanda alla circolare dell’Agenzia del Territorio n. 6 del 30 novembre 2012, con riferimento alla determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale o particolare. Nel caso di specie è evidenziata dalla parte e dall’Ufficio l’esistenza di stabile autonomia funzionale e reddituale dell’unità immobiliare. Pur trattandosi di un fabbricato demaniale dato in concessione, nella valutazione delle caratteristiche oggettive dell’immobile, si riscontra essere adatto alle esigenze di un’attività privatistica commerciale e ciò, di per sé, è preclusivo di ogni altra considerazione in merito.
In considerazione della mutata normativa, l’Agenzia evidenzia che il fatto che i soggetti privati autorizzati all’effettuazione delle operazioni portuali non agiscano come «sostituti della pubblica autorità», vale a dire dell’Autorità Portuale, poiché sono a tutti gli effetti imprese di diritto comune.
Pertanto, anche gli operatori autorizzati a effettuare le operazioni portuali, ossia i terminalisti che sono concessionari di aree e immobili in porto, non erogano alcun servizio pubblico.
Sull’argomento è necessario inoltre ricordare il superamento del criterio localizzativo, ribadito oltremodo dalla Sentenza 15863/2005 della Suprema Corte, secondo cui, in mancanza di una gestione unitaria gli immobili non adibiti a funzioni tipiche di una stazione portuale non possono essere collocati in categoria E solo perché ubicati nella zona portuale, sottraendolo in tal modo a tassazione ICI (IMU). A sostegno di un tanto richiama numerose sentenze di varie Commissioni Tributarie.
Per quanto riguarda il richiamo alla Legge 27 dicembre 2017, n. 205- Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018, dalla lettura del ricorso emerge un’interpretazione fuorviante, illogica e priva di fondamento giuridico. Con riferimento al tema della determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari urbane a destinazione speciale e particolare (censite in catasto nelle categorie dei gruppi D ed E), contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non si ravvisa alcun elemento chiarificatore da parte del Legislatore nel “colmare un vuoto del sistema” ma, al contrario, si riscontrano delle modifiche in merito alla redazione e alla presentazione degli atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 70l. Tali modifiche hanno efficacia a decorrere dal l. gennaio 2020.
L’Agenzia evidenzia che quanto lamentato dalla ricorrente potrà normativamente essere applicato solo per i depositi strettamente funzionali alle operazioni portuali, previa dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e solo dal l gennaio 2019 (con efficacia delle rendite a decorrere dal l. gennaio 2020), come specificato dalla norma e non sicuramente per i depositi funzionali alle attività imprenditoriali. A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione, con Ordinanza n.7392/2018 L’Agenzia esprime il proprio accordo sulla legittimità in capo alla ricorrente sulla presentazione della denuncia Docfa. La denuncia DOCFA è stata pertanto legittimamente presentata dalla società S.R.L. in qualità, al momento della presentazione della denuncia di variazione, di proprietaria superficiaria a seguito di presentazione di domanda di voltura n. —— (all.5) con la quale è stata aggiornata la precedente titolarità della proprietà superficiaria dalla società S.R.L., titolare fino al 2005. Al momento dell’accertamento della nuova rendita catastale, pertanto, la titolarità era aggiornata e l’atto di accertamento è stato inviato correttamente agli intestatari catastali.
L’Agenzia giustifica poi il classamento dell’unità nella categoria D evidenziando che trattasi nel caso di specie di magazzino, già censito come tale all’impianto, ubicato nel complesso immobiliare sito nel Comune di Trieste, Punto Franco Nuovo richiamando il quadro normativo di riferimento cui deve essere ricondotto l’accertamento dell’Ufficio, espletato ai sensi dell’art. l del D.M. n. 701/1994, secondo cui nelle categorie del gruppo “E” non possono essere ricompresi immobili o porzioni di immobili che abbiano caratteristiche di destinazione del tutto diverse e autonome rispetto a quelle strettamente connesse alle attività portuali.
A sostegno dell’esatto classamento degli immobili di cui trattasi, l’Agenzia cita numerose sentenze di varie Commissioni tributarie e della Cassazione che in sintesi confermano l’attribuzione degli immobili non utilizzati ad effettivo servizio di attività portuali in categorie diverse da “E”.
Da un attento esame del contenuto degli atti inerenti la vertenza, la Commissione concorda con l’interpretazione dell’Agenzia in merito al classamento degli immobili origine della contestazione. Tale orientamento è confermato dalle numerose sentenze favorevoli alla posizione dell’Amministrazione finanziaria emesse dalla nostra Commissione Tributaria Provinciale e da quella Regionale in merito a controversie aventi lo stesso oggetto. Non in ultimo vedasi le sentenze della Cassazione nn. 6848, 10674, 13368 e 27115 del 2019. Sono, pertanto, da censire, a parere della Commissione, nelle categorie E/1 – E/9 soltanto gli immobili se utilizzati per il servizio trasporti o attività strettamente correlate. Ma gli immobili di cui si controverte sono utilizzati – né ciò è contestato dalla ricorrente – per attività diverse dal trasporto marittimo, attività che si possono pacificamente definire industriali e/o commerciali. Da tenere presente che la società ricorrente non ha in alcun modo dimostrato che gli immobili in questione siano destinati ad attività inerenti il servizio strettamente “portuale” ovvero di pubblico interesse.
La Commissione ritiene non sufficientemente motivata la richiesta di disapplicazione della sanzione e come tale da disattendere.
In considerazione a quanto riportato la Commissione ritiene il ricorso infondato e come tale da respingere.
Si ritiene sussistano motivi per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti, viste le problematiche sollevate, la complessità della materia e l’evoluzione della giurisprudenza.
La Commissione respinge il ricorso e dichiara compensate le spese di giudizio.
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