COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il LAZIO – Sentenza 04 dicembre 2019, n. 6770
Tributi – IVA – Imprese agricole – Esercizio di opzione – Scelta del regime IVA – Indicazioni contraddittorie – Necessità di manifestare in modo esplicito la volontà di optare per un regime contabile – Non sussiste – Comportamento adeguato al regime prescelto – Sufficienza
Svolgimento del processo
Con ricorso alla C.T.P. di Roma, ritualmente notificato e depositato, XXXXXX impugnava avviso di accertamento xxxxxxxx/2016, relativo all’anno di imposta 2011, con il quale l’Ufficio chiedeva il pagamento di somme per iva, oltre sanzioni e interessi. Lamentava il contribuente l’illegittimità della pretesa dell’ufficio, avendo egli operato in regime normale iva fin dall’esercizio 2009, come poteva rilevarsi da quanto indicato nel quadro VL di ogni dichiarazione annuale di iva, mentre quanto contestato in sede di avviso di accertamento – aver barrato la casella 8 del rigo 30 del quadro VE e con ciò optato per il metodo di determinazione dell’iva ammessa in detrazione riservato alle imprese agricole, nonché aver compilato il rigo 38 del quadro VF relativo alle imprese agricole miste – doveva considerarsi frutto di mero errore materiale.
L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio, sostenendo la legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 16167/15/17, in data 08.05-03.07.2017, l’adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso e compensava le spese di lite, sul presupposto che il contribuente avesse optato per il regime iva normale, sin dal 2009, per comportamento concreto integrante atto concludente, attraverso la compilazione del quadro VL.
Con atto telematicamente notificato in data 19.01.2018, indi telematicamente depositato in data 06.02.2018, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso detta sentenza, sostenendo che il regime iva normale per gli imprenditori agricoli è disciplinato dall’art. 34 d.P.R. n. 633/1972, regime prescelto dal contribuente in forza delle indicazioni contenute nelle dichiarazioni iva anche degli anni 2010 e 2011, ovvero l’indicazione del metodo prescelto nel rigo VF30 e la compilazione del rigo VF38 riservato quest’ultimo alle imprese agricole miste.
Si costituiva in giudizio il contribuente, resistendo e chiedendo il rigetto dell’appello.
1) L’appello è infondato.
Com’è noto, l’art. 1, comma 1, d.P.R. 442/1997, dispone che “l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività”.
In punto di fatto, non può dubitarsi come il contribuente abbia offerto in sede di dichiarazione iva dal 2009 al 2012 (relative rispettivamente agli anni di imposta dal 2008 al 2011) indicazioni contraddittorie sulla scelta del regime iva (normale o specifico per le imprese agricole ex art. 34 d.P.R. n. 633/1972), barrando la colonna 8 del rigo VF30 (regime iva specifico per le imprese agricole) e compilando il rigo VF38 (riservato alle imprese agricole miste), da un lato, e compilando il quadro VL (liquidazione dell’imposta iva annuale, dove era riportato il totale di iva a credito).
Tuttavia, nonostante tali contraddittorie indicazioni in seno alle varie dichiarazioni iva, ha sempre concretamente operato negli anni in regime iva normale, detraendo l’iva in modo analitico ed effettuando, nel corso dell’anno di imposta 2011, ingenti investimenti a fronte dei quali versava consistenti importi per iva, posti in detrazione ordinaria, fornendo all’ufficio richiedente i chiarimenti richiesti.
Tanto basta per ritenere persuasive le argomentazioni del contribuente e infondata la pretesa impositiva dell’Ufficio.
Secondo i principi affermati dai giudici di legittimità, i soggetti di cui all’art. 34 d.P.R. n. 633/1972 non sono tenuti a manifestare in maniera esplicita la volontà di optare per un regime contabile anziché per un altro. Né, tantomeno, sono tenuti al rispetto di forme vincolanti. E’ sufficiente, dunque, che adeguino il loro comportamento al regime prescelto (Cass., n. 5931/2001).
E, nella fattispecie, il contribuente ha fornito adeguata prova documentale della sua concreta condotta finalizzata ad operare in regime iva normale, indicando in tutte le dichiarazioni il totale annuale di iva a credito e poi promuovendo il procedimento di rimborso che, per l’anno di imposta qui considerato, è sfociato in sede contenziosa con esito positivo per il contribuente (sentenza C.T.P. Roma, n. 777/31/2018).
2) In ragione della obiettiva controvertibilità della questione, che non ha trovato uniformità di decisioni in sede di merito (è stato respinto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento relativo a questione analoga per l’anno di imposta 2010), la Commissione ritiene di disporre la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Respinge l’appello e compensa le spese del grado.
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