Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sentenza n. 1733 sez. 2 depositata il 12 aprile 2022
Accertamento – Contratto di locazione – Comproprietà al 50% dell’immobile – Imputazione del reddito- Comproprietario qualificatosi come unico possessore – Tassazione riferibile ad entrambi i proprietari – Ricostruzione non condivisibile – Riferibilità al comproprietario percettore del reddito – Legittimità.
Testo:
La signora S. d. M., comproprietaria del 50% di un immobile sito in Roma, in data 1° aprile 2013, aveva stipulato un contratto di locazione commerciale con la società XXXXX SRL, per il canone complessivo di euro 27.600 annui.
Successivamente, in data 16 settembre 2014, aveva presentato il modello unico 2014, anno di imposta 2013, dichiarando il 50% del reddito di locazione.
L’Agenzia delle Entrate, in data 2 marzo 2018, aveva emesso l’avviso di accertamento indicato in epigrafe, richiedendo il pagamento dell’IRPEF sull’intero canone di locazione, attesa la dichiarazione dell’interessata, qualificatasi quale proprietaria dell’immobile.
La signora d. M., in data 26 luglio 2018, aveva proposto ricorso avverso il predetto avviso di accertamento.
All’esito del giudizio di prime cure, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva rigettato il suddetto ricorso.
Nel merito, aveva osservato che “sia più corretto ritenere che è da considerarsi obbligato a dichiarare il reddito a locazione il solo comproprietario che lo abbia effettivamente percepito (e quindi il locatore effettivo); tale ultimo indirizzo ha ricevuto una sua consacrazione nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza 17 febbraio 2016 n. 3085, ha fornito la sua interpretazione dell’art. 26 del TUIR escludendone ‘applicabilità in relazione ai redditi da locazione e limitandola ai soli casi di applicazione della rendita catastale, quindi ai casi in cui non vi sia la corresponsione di somme di denaro”.
La signora d. M. ha impugnato la sentenza di primo grado, per i seguenti motivi.
In primo luogo, ha eccepito la nullità della pronuncia, in quanto inficiata dal vizio di extrapetizione.
In proposito, ha rappresentato che “sia nell’Avviso di accertamento che nelle controdeduzioni l’Agenzia eccepisce alla ricorrente di non aver dichiarato l’importo complessivo dei canoni previsti contrattualmente ma tale contestazione non viene mai fondata sul principio cardine della sentenza di primo grado secondo il quale i redditi locatizi spetterebbero in virtù dell’effettiva percezione e non ai sensi dell’art 26 TUIR”
In secondo luogo, ha eccepito l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui considera il comproprietario obbligato a dichiarare anche il reddito da locazione relativo alla quota del 50% di proprietà del coniuge.
Al riguardo, ha richiamato l’indirizzo interpretativo dell’Amministrazione finanziaria che, con la Circolare n. 20/E del 4 giugno 2012 dell’Agenzia delle Entrate, ha chiarito che l’art. 26 Tuir – secondo il quale “i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale” si applica anche all’ipotesi della locazione.
In terzo luogo, ha contestato la circostanza che la pronuncia di primo grado ammette la tassazione, anche per la quota del 50% dei canoni di locazione di spettanza dell’ex marito comproprietario, in assenza della prova della effettiva percezione dell’intero canone locatizio.
L’Agenzia si è costituita in giudizio, controdeducendo alle eccezioni dell’appellante.
– La questione controversa concerne il tema della imputabilità del reddito derivante da una locazione stipulata da uno solo dei comproprietari, qualificatosi espressamente come “proprietario ed unico possessore” del bene concesso.
Secondo l’appellante, la pronuncia di prime cure che aveva affermato la titolarità dell’obbligo dichiarativo solo in capo al comproprietario che aveva stipulato il contratto è errata.
– La questione preliminare sollevata dalla contribuente non è fondata.
Non sussiste, infatti, il vizio di ultrapetizione, atteso che il giudice di prime cure ha semplicemente ricostruito il perimetro dell’obbligo dichiarativo della contribuente, affermando che il reddito derivante da locazione di immobili debba essere dichiarato dal soggetto che effettivamente l’ha percepito, prescindendo dalla quota di comproprietà di cui ne risulti titolare.
Tale operazione di qualificazione giuridica della fattispecie, peraltro, è conforme a quanto prescritto dal brocardo “narra mihi factum, dabo tìbi ius”
– Nel merito della controversia, comunque, deve ritenersi che la pronuncia sia corretta.
La ricorrente assume che la tassazione del reddito da locazione avrebbe dovuto essere in ogni caso riferita ad entrambi i comproprietari, secondo il disposto di cui all’art. 26 del TUIR e perciò indipendentemente dalla effettiva percezione del canone da parte di uno o più dei comproprietari stessi.
Tale ricostruzione non è condivisibile, anche tenuto conto del recente orientamento interpretativo della Suprema Corte, espresso con la sentenza 17 febbraio 2016 n. 3085, secondo cui l’art. 26 del TUIR deve essere letto in correlazione con il precedente articolo 25, il quale definisce i redditi fondiari, identificandoli in quelli inerenti ai terreni ed ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti nel catasto.
In effetti, tali redditi sono quantificabili sulla base delle risultanze catastali; pertanto, essi sono oggetto di imposizione non in ragione del criterio dell’effettiva ricchezza prodotta, bensì del criterio dell’astratta potenzialità a produrre reddito, a prescindere dal concreto realizzarsi del reddito stesso e dalla sua reale entità.
Quindi, ad avviso della Cassazione, il motivo per il quale nell’art. 26 è adoperata la locuzione “indipendentemente dalla percezione” è dato dall’esigenza di indicare il criterio del concorso di detti cespiti alla formazione del reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, ma non quella dì identificare i soggetti ai quali tali redditi devono essere imputati.
Conseguentemente, in questa categoria non possono rientrare i “redditi derivanti da contratto di locazione”.
Tale diversità ontologica tra reddito fondiario e reddito di locazione assume particolare rilievo.
Infatti, secondo la Suprema Corte “Non vi è dubbio quindi che ai fini della disciplina del reddito derivante da contratto di locazione non possa essere applicata la regola che deriva dalla formula “indipendentemente dalla percezione”, che il legislatore ha inteso riservare (per le ragioni di cui già si è detto) a riguardo dei soli redditi fondiari. Sul punto concorda anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15171 del 26/06/2009, sebbene con un sintetico, ma non per questo meno chiaro e pregnante, accenno”.
Resta quindi ineludibilmente applicabile alla specie di causa la regola generale dell’art. 1 TUIR secondo il quale è presupposto di imposta “il possesso di redditi in danaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6”.
Pertanto, si deve applicare la regola secondo cui è ammissibile una “autonoma imputazione del reddito di locazione rispetto al titolo reale di possesso ove ne risulti concretamente differenziata la percezione, non essendoci ostacolo alcuno ad attribuire il reddito derivante dalla concessione in locazione non solo in capo a soggetto del tutto diverso dal legittimo proprietario (in termini si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19166 del 15/12/2003) ma anche in capo ad alcuni soltanto dei comproprietari che risultino essere effettivi locatari e percettori dei redditi che dalla locazione derivano“.
1. All’esito della precedente ricostruzione della controversia, deve essere confermata la sentenza di primo grado.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione respinge l’appello e condanna l’appellante alle spese che liquida in ? 800,00 complessivi.
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