COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2411 sez. XIX depositata il 16 aprile 2019
Sentenza – Impugnazione – Motivi – Omessa motivazione – Configurabilità – Ipotesi – deducibilità IVA e costi solo se si rispetta il dettato dell’art. 21 del Dpr 633/72
FATTO e DIRITTO
1. La signora D.G. titolare della ditta individuale “G. di G.D.” propone ricorso in riassunzione del giudizio di appello promosso dalla contribuente avverso la sentenza n. 232/01/2014 della CTP di Latina su rinvio disposto ex art. 63 del d.lgs. n. 546/1992 dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4165/2017.
2. E’ opportuno riassumere brevemente i fatti di causa. La Commissione tributaria regionale del Lazio (Ctr) con sentenza n. 3579/39/15 aveva riformato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso della contribuente contro l’avviso di accertamento, con il quale, per l’anno 2008, l’Ufficio aveva rettificato la perdita dichiarata di euro 3.786,00 e accertato un reddito di euro 47.064,00, recuperando a tassazione costi riguardanti “lavorazioni da terzi” e “spese di pubblicità”.
3. La contribuente si sofferma sui motivi di ricorso ed in particolare sul vizio di motivazione e l’infondatezza nel merito. Evidenzia che la contestazione di genericità delle fatture da parte dell’Ufficio è apodittica e la CTP ha ripetuto pedissequamente, senza alcuna motivazione, quanto sostenuto dall’Ufficio. Ribadisce che i costi dedotti afferivano a prestazioni effettivamente poste in essere come dimostrato dalle copie dei contratti stipulati con le ditte emittenti depositati in giudizio e dalle fatture regolarmente pagate.
3.1 Conclusivamente chiede che sia riformata la sentenza n. 232/01/2014 della CTP di Latina.
4. L’Agenzia delle entrate controdeduce:
– contesta l’inammissibilità del ricorso in riassunzione per intempestività in quanto proposto oltre sei mesi dalla pubblicazione dell’ordinanza della S.C. (18.2.2017)
– si sofferma poi sulla infondatezza dei motivi di impugnativa, tra l’altro sottolinea l’incongruenza dei costi relativi a servizi di pulizia, come emersi dalle fatture contestate, risultanti pari a 2.592 euro a settimana.
5. In data 20 febbraio 2019, la contribuente ha presentato memorie controdeducendo in particolare alla contestata tardività del ricorso in riassunzione.
6. In via preliminare, è da rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso in riassunzione sollevato dall’Ufficio, attesa la previsione di cui all’art. 11, c. 9, del dl n. 50/2017 convertito con modificazioni dalla l. n. 96/2017, che con riferimento alle liti che possono essere definite con la procedura ivi prevista dispone la sospensione ope legis, per un periodo di sei mesi dei termini per impugnare e per riassumere.
7. La Suprema Corte con l’ordinanza n. 4165/17 ha confermato il principio di diritto secondo cui “Ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero che, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato“. Ha rilevato poi che la sentenza impugnata è “chiaramente contrastante con tale principio di diritto, poiché si imita ad affermare apoditticamente senza alcuna argomentazione ulteriore l’adeguatezza probatoria della difesa in fatto della contribuente appellante, sicché va cassata con rinvio al giudice per nuovo esame”.
8. Procedendo al nuovo esame della controversia, il Collegio rileva che il tema del rapporto tra il contenuto letterale delle fatture e la possibilità di provare aliunde la natura delle operazioni, rilevante sia ai fini i.v.a. sia ai fini della deduzione dei costi, ha ricevuto specifica trattazione giurisprudenziale in ambito i.v.a., per essere in detto ambito la fattura normativamente disciplinata (il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21 e ss. concernono la fatturazione delle operazioni). Le soluzioni raggiunte, peraltro, sono idonee anche ai fini, che qui vengono in rilievo, delle imposte sui redditi.
Va in particolare considerato che il predetto art. 21, al comma 2, lett. g), prescrive che la fattura debba indicare, tra l’altro, la “natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione”, ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione. Ciò posto, e fermo restando che neanche la fattura regolarmente compilata rappresenta prova inconfutabile della sussistenza dell’operazione effettuata, ma solo elemento per consentire le verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria, la giurisprudenza ha dovuto affrontare la questione della portata dell’inosservanza di tali norme impositive degli obblighi formali, di solito concretantesi nell’incompleta, imprecisa o parzialmente erronea descrizione in fattura. Al riguardo la giurisprudenza ha concluso nel senso che l’inosservanza di tali obblighi formali non comporta l’automatica indetraibilità dell’i.v.a. o indeducibilità dei costi: l’amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo (in tal senso, Cass. ordinanza n. 13882 del 31.5.2018).
8.1 L’azione fiscale posta in essere, nel caso di specie, appare coerente ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza richiamata che il Collegio ritiene di condividere. Va affermata, infatti, l’assoluta genericità del contenuto letterale delle fatture riguardanti “lavorazioni da terzi” e “spese di pubblicità”, così come contestate dall’Ufficio. A titolo esemplificativo, le fatture relative a spese di pubblicità riportano la descrizione “Spese per servizi di pubblicità”. Né tali carenze appaiono integrate dalla documentazione presentata dal contribuente. Il contratto di pubblicità intercorso con la ditta “I.E. srl” non contiene una decisione puntuale delle prestazioni da rendere né dal punto di vista qualitativo, né quantitativo o temporale. Prevede all’art. 2 che “La società appaltatrice si impegna: ad affiggere presso il Comune di Roma e dintorni [dove?] cartelloni, manifesti pubblicitari, volantinaggio e pubblicazioni [quanti e quando?] nonché a diffondere altri articoli pubblicitari consegnati dalla società committente”.
Altrettanto deve affermarsi per le altre fatture. La genericità delle fatture relative a servizi di pulizia non appare integrata dalle previsioni contrattuali. Il contratto di pulizie con la società S.R. Società cooperativa contiene indicazioni assolutamente generiche delle prestazioni da rendere (art. 3) e la previsione (art. 6) che la società committente “indicherà … il dirigente e la persona incaricata di fornire le indicazioni relative all’attività da svolgere” a fronte di un corrispettivo elevato pari a 2.160 euro più l’IVA mensili con decorrenza dalla data di sottoscrizione (17.3.2008). Identiche le previsioni del contratto per il servizio pulizia locali intercorso con la società R. srl, per un corrispettivo sempre pari a 2.160 euro più IVA mensili, con decorrenza dalla data di sottoscrizione (20.12.2007). Si evidenziano, dunque, corrispettivi rilevanti, incongrui, per servizi di pulizia la cui identificazione si rimette ad un momento successivo rispetto alla conclusione del contratto.
8.2 L’appello è, pertanto, infondato, e va respinto. La regolazione delle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
Respinge l’appello del contribuente e lo condanna al pagamento delle spese che liquida in complessivi euro 3.000,00 per i quattro gradi di giudizio.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7180 - La violazione della legge regolatrice del processo per difetto di motivazione (con conseguente nullità della pronuncia per l'assenza di un requisito di forma indispensabile) si profila dunque sia…
- Corte di Cassazione, sentenza n. 24199 depositata l' 8 agosto 2023 - Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 giugno 2021, n. 18262 - Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 marzo 2022, n. 9198 - Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza,…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 2668 depositata il 29 gennaio 2024 - Il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 27747 depositata il 2 ottobre 2023 - Il vizio motivazionale previsto dall'art. 360 c.p.c., n. 5) presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…