COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2421 sez. V depositata il 17 aprile 2019
Accertamento – Reato ex D.lgs. 74/2000 – Termini – Raddoppio – Ammissibilità – Limite
Sentenza
1. L’Agenzia delle Entrate propone appello contro la sentenza n. 13478/22/2017, con la quale la CTP di Roma accoglieva un ricorso della A.S. avverso gli avvisi di accertamento n. (omissis) relativo all’IRES e ad altro per l’anno 2007, in conseguenza di costi ritenuti indeducibili per € 26.758.246,00, e n. (omissis) relativo all’IRAP dovuta per lo stesso anno in conseguenza di un maggior valore della produzione per € 26.758.245,61, con conseguente pretesa di € 1.377.702,00 e sanzioni di pari importo.
All’odierna udienza l’Ufficio ha depositato provvedimento di integrale annullamento dell’appena ricordato avviso di accertamento relativo all’IRAP, così prendendo atto dell’orientamento oramai consolidato della Corte di Cassazione in tema di inapplicabilità a tale imposta del raddoppio dei termini previsto dal D.Lgs. 74/2000. Ciò posto l’appellante ribadisce l’erroneità della gravata sentenza nella parte in cui ha esteso, in una evidente ultrapetizione, la propria decisione anche all’IRES, vale a dire all’imposta sui redditi delle società, senza che a tale ulteriore imposta facesse oltre tutto riferimento il ricorso introduttivo della A.S.
Controdeduce la Società che correttamente la gravata sentenza ha ritenuto la illegittimità degli avvisi di accertamento, a seguito dell’intervenuta decadenza del potere di accertamento per violazione dell’art. 43 comma terzo DPR 600/73, in ragione delta inapplicabilità al caso di specie del cd. raddoppio dei termini per le violazioni che comportino l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 codice di procedura penale. Infatti, come più volte chiarito dalla Corte di Cassazione, tale previsione non si estende all’IRAP, vale a dire alle eventuali infedeltà dichiarative realizzate dal contribuente ai fini di tale imposta. Per quanto attiene all’avviso di accertamento relativo all’IRES la parte appellata ne ribadisce la illegittimità per violazione degli artt. 43 comma 3 DPR 600/73 e 57 comma terzo DPR 633/72.
A sua volta la Società propone appello incidentale in relazione a tutte le eccezioni proposte in sede di ricorso introduttivo, e ritenute assorbite dal primo giudice, condizionando tale gravame all’eventuale accoglimento dei motivi di appello avversari.
2. Ritiene utile la Commissione rammentare in premessa che nel mese di luglio 2005 A.F. e A.S. hanno stipulato cinque contratti di appalto di servizi, con oggetto la prestazione da parte di A.S. di servizi collaterali e di supporto al trasporto aereo.
Nell’ambito di tali contratti le parti determinavano dei corrispettivi conseguenti alle prestazioni rese da A.S.; nonché la corresponsione annuale da parte di quest’ultima di un premio in favore di A.F. in funzione del grado di raggiungimento degli obiettivi di efficientamento. Premio che considerava quindi il volume di affari di A.S. generato dalla A.F., mediante i contratti di appalto di servizi sottoscritti dalle due società.
Nel concreto A.F. e A.S. hanno fissato i corrispettivi delle prestazioni fornite alla prima dalla seconda società al contempo stabilendo che, ove A.S. avesse recuperato efficienza, i suoi ricavi sarebbero stati ridotti mediante il riconoscimento del detto premio di efficienza.
In conseguenza di tali pattuizioni A.S. provvedeva ad imputare nei bilanci del triennio 2005/2007 l’importo complessivo di € 69.741.862,43 a titolo di premio da retrocedere ad A.F.
L’odierna controversia deriva allora dal fatto che l’Agenzia delle Entrate ha contestato il detto premio di efficientamento per due concomitanti ragioni: ritenendo la inidoneità del programmato piano industriate, sulla base del quale era stato effettuato lo scorporo dei servizi collaterali al trasporto aereo, ad assicurare l’efficientamento del gruppo A.; perché nemmeno A.S. sarebbe risultata efficientata, come dimostrato dalle costanti perdite subite nel triennio.
Di conseguenza l’Agenzia contestava il difetto di inerenza dei costi in questione, o comunque il difetto di economicità ai fini IRAP ed IRES.
In particolare riguardo a tale ultima imposta si accertavano costi indeducibili pari ad € 26.758.246,00, per l’effetto determinando una maggiore imposta di € 8.830.221,00.
3. Osserva a tal punto la Commissione che entrambi gli appelli, quello principale dell’Ufficio e quello incidentale della Società, non meritano accoglimento in forza delle seguenti considerazioni:
– a seguito del provvedimento di annullamento dell’avviso di accertamento emesso ai fini IRAP, avendo l’Agenzia preso atto del consolidato orientamento della Corte di Cassazione in tema di inapplicabilità all’IRAP della disciplina sul cd. raddoppio dei termini per l’accertamento, è venuta evidentemente meno la materia del contendere relativa a tale parte della controversia (sul punto Cass. Ord. 1425/2018 e 20435/2017);
– l’art. 43 comma terzo DPR 600/1973 prevede che, in caso di violazione comportante l’obbligo di denuncia di cui all’art. 331 codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, i termini per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.
Identica previsione è contenuta nell’art. 53 comma terzo DPR 633/1972 in relazione all’IVA;
– orbene la Corte Costituzionale, nel dichiarare la legittimità delle norme appena ora ricordate, ha ritenuto che la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento può ritenersi ragionevolmente giustificata in conseguenza dell’emergere di una delle ipotesi di reato tributario previste dal citato D.Lgs. 74/2000 (sentenza n. 247/2011).
Viceversa nel caso di specie l’Agenzia ha ritenuto di potersi avvalere del raddoppio dei termini a seguito di quanto emerso nell’ambito delle indagini penali iniziate nell’anno 2008 in relazione alla dichiarazione di insolvenza di A. Indagini penali che, quindi, non avevano ad oggetto reati tributari, bensì ipotesi di reato fallimentari privi per ciò stesso di natura tributaria.
Tanto è vero che il procedimento penale, apertosi nell’anno 2008 con il numero 58899/08, si è concluso con una sentenza di condanna degli amministratori di A. per il reato di bancarotta per dissipazione;
– di conseguenza deve ritenersi che l’Ufficio sia decaduto dal proprio potere di accertamento, dato che l’atto impositivo oggi impugnato risulta notificato in data 19.12.2014, e quindi oltre il termine di cinque anni ordinariamente previsto.
4. In ordine all’appello incidentale proposto dalla Società osserva la Commissione come sia inammissibile il gravame incidentale proposto dalla parte risultata pienamente vittoriosa nel precedente grado di giudizio.
Valutazione che attiene ad entrambi i tipi dell’appello incidentale: quello c.d. tipico, vale a dire quello proposto contro l’appellante in caso di una reciproca soccombenza; quello c.d. autonomo, ravvisabile ove il gravame risulti finalizzato ad affermare un interesse appunto autonomo da quello principale, nel suo attenere a diversi capi della pronuncia.
Ed infatti la stessa Società ha ritenuto di dover precisare che il suo appello incidentale era condizionato all’accoglimento dei motivi di gravame proposti dall’Ufficio.
Sussistono ragioni per la compensazione delle spese processuali, anche in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale Lazio respinge gli appelli. Spese compensate.
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