COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2430 sez. V depositata il 17 aprile 2019
Maggiore imposta – Iscrizione a ruolo – Ipotesi
Ritenuto in fatto
M.F. ha impugnato la sentenza n. 9803/17 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che ha respinto il suo ricorso avverso la cartella di pagamento emessa da Equitalia Sud spa, relativa a irpef per l’anno d’imposta 2011.
Costui aveva dedotto la nullità e invalidità per omessa notifica di atto di accertamento prodromico, per mancanza di un avviso bonario, di comunicazione preventiva di avviso bonario, per omessa indicazione della base di calcolo degli interessi, per difetto di motivazione per omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento e infine per prescrizione del credito.
L’agente della riscossione era rimasto contumace in prime cure e anche in questo grado è contumace. Si è, invece, costituita l’Agenzia delle Entrate.
L’appellante deduce una serie di vizi già in gran parte oggetto di censura in prime cure, declinati in 43 motivi di impugnazione che possono riassumersi nei seguenti punti:
a) Omessa declaratoria dì contumacia di Equitalia;
b) Erroneità della sentenza per omessa notifica di atti prodromici;
c) Nullità della notifica della cartella avvenuta direttamente con raccomandata A/R;
d) Omessa allegazione dell’avviso di accertamento alla cartella;
e) Omessa/Impossibilità di conoscere la qualifica del notificante;
f) Omesso deposito della notifica della cartella di Equitalia;
g) Vizi dell’atto impugnato (Omessa sottoscrizione dell’avviso di accertamento; omessa indicazione dell’autorità competente; carenza di motivazione; omessa sottoscrizione del ruolo; omessa indicazione del responsabile del procedimento; omessa motivazione; omessa indicazione data di esecutività; omessa sottoscrizione del rappresentante Equitalia);
h) Tardività della notifica.
Si è costituita l’Agenzia delle Entrate che ha puntualmente argomentato su ogni censura chiedendo il rigetto dell’appello.
Considerato in diritto
L’appello non merita accoglimento. Come affermato in prime cure, l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt. 36 bis comma 3, d.p.r. 600 del 73 e 54 bis comma 3, d.p.r. 633 del ’72, non è condizionata dalla preveda la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente.
In particolare, in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche (Cass. Sez. V, n. 14949 del 08/06/2018).
Infondati, poi, e inconferenti appaiono le altre censure sollevate, peraltro già denunziate e scrutinate in primo grado, quali quella riguardante la nullità della notifica della cartella avvenuta mediante raccomandata a/r, quella riguardante l’omessa allegazione di atti, quali i diversi vizi relativi all’atto impugnato di natura meramente formale che già in prime cure hanno trovato una corretta soluzione da parte del primo giudice.
Con stretto riferimento alle censure avverso gli aspetti formali dell’atto impugnato, si rileva che, secondo costante Giurisprudenza della Cassazione non è necessario che gli atti dell’agente della riscossione (e quindi anche la cartella di pagamento) siano sottoscritti dal funzionario dell’ufficio, essendo sufficiente che essi siano incontrovertibilmente riferibili all’ufficio medesimo (cioè che rechino l’intestazione “Equitalia Spa” o “Serit Sicilia Spa”). Del resto, sottolinea la Cassazione, la cartella di pagamento deve essere redatta in conformità al modello Ministeriale, che non prevede la sottoscrizione (Cass. sent. n. 2234/11).
Si rileva, poi, che taluni vizi sembrano non essere riferibili al caso di specie ma semmai riconducibili a meri refusi ovvero denunciano fatti non veritieri, come la denuncia della mancata menzione nell’atto impugnato del nome del responsabile del procedimento o dell’autorità giurisdizionale competente per sua impugnazione, ovvero la mancata declaratorie di contumacia di Equitalia, che invece risulta accertata in sentenza.
Per quanto riguarda la censura della decadenza o prescrizione, si osserva che secondo l’art. 25 dpr 602/73, così come modificato dal dl n. 106/2005, la cartella era stata notificata tempestivamente – a mezzo raccomandata a/r – entro il 31.12.2015 (entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione).
Pertanto, l’appello deve essere respinto perché del tutto infondato, con la condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di Roma
a) respingere l’appello;
b) condanna l’appellante al rimborso, in favore dell’agenzia delle entrate, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 2.800,00.