COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 3128 sez. X depositata il 22 maggio 2019
Processo tributario – Agente della Riscossione – Difesa in giudizio – Avvocato del libero foro – Ammissibilità – Presupposti – Tassatività
FATTO E DIRITTO
Con ricorso notificato il 5 ottobre 2017 l’agenzia delle entrate – riscossione ha proposto appello avverso la sentenza n. 5999/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva accolto la domanda proposta dalla S.r.l. T. diretta a far dichiarare l’illegittimità della pretesa erariale portata dalla cartella emessa da Equitalia sud S.p.A. n. (omissis) contenente il ruolo n. (omissis) formato dall’agenzia delle entrate per il recupero dell’imposta di registro per l’anno 2012. A fondamento dell’impugnazione ha dedotto l’erroneità della decisione assunta dai giudici di primo grado che avevano ritenuto che Equitalia sud S.p.A. non fosse soggetto abilitato alla cosiddetta “notifica in proprio” eccependo altresì l’illegittimità della notifica della cartella effettuata a mezzo di posta elettronica certificata, secondo le previsioni del decreto n. 68/2005. Ha poi dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado per violazione dell’articolo 156 c.p.c. in quanto l’asserita illegittimità della notifica della cartella era in ogni caso risultata sanata dalla sua tempestiva e rituale impugnazione da parte del contribuente.
Ha concluso, pertanto, per l’accoglimento dell’appello.
Instaurato il contraddittorio tra le parti, si è costituita in giudizio l’agenzia delle entrale, direzione provinciale di Roma III, deducendo il proprio diletto di legittimazione passiva in considerazione delle censure mosse dal contribuente in primo grado relative alla notifica della cartella di pagamento, concludendo, pertanto, per la declaratoria del difetto di legittimazione passiva e, in subordine, per l’accoglimento dell’appello dell’agenzia delle entrate – riscossione.
La società contribuente è rimasta contumace.
Osserva la Commissione che l’appello è inammissibile.
Va infatti premesso che l’agenzia delle entrate – riscossione, risulta difesa nel presente giudizio da un avvocato del libero foro.
Al riguardo questa Commissione Tributaria regionale, con sentenza 4 febbraio 2019, n. 451, facendo propri i principi contenuti nella sentenza della Corte di Cassazione n. 28684/18 ha evidenziato che “Com’è noto, il primo comma dell’art. 1 del D.L. n. 193 del 2016 prevede che: “A decorrere dal 1 luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione. … Il secondo comma dell’art. 1 del D.L. n. 193 del 2016 dispone che: “dalla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui all’articolo 3, comma 1, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, riattribuito all’Agenzia delle Entrate di cui all’articolo 62 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, è svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3”.
Quanto alla difesa in giudizio, la succitata normativa prevede (8 c.) che: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale”.
Il legislatore ha altresì stabilito che il nuovo ente possa anche avvalersi di avvocati del libero foro, “sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo” e secondo i parametri selettivi di affidamento di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016 (“Codice dei contratti pubblici”), statuendo inoltre che: – l’ente possa “avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente”; – “ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici”, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, possa in ogni caso “assumere direttamente la trattazione della causa”; – trovando applicazione, quanto a capacità processuale, l’articolo 11, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, concernente la costituzione in giudizio “diretta” avanti alle commissioni tributarie. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28684/18, ha rilevato che la normativa sopra riportata ha esteso “l’inammissibilità della rappresentanza processuale volontaria, oltre che espressamente agli uffici dell’Agenzia delle entrate ed a quelli dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (come già si riteneva) ed alle cancellerie o segreterie dell’ufficio giudiziario (come previsto dal comma 3 bis), anche all’ufficio dell’agente della riscossione, il quale quindi deve stare in giudizio – in particolare, solo nel giudizio di merito – direttamente (o mediante la struttura territoriale sovraordinata), cioè in persona dell’organo che ne ha la rappresentanza verso l’esterno o di uno o più suoi dipendenti dallo stesso organo all’uopo delegati, e non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell’avvocatura dello Stato, come espressamente previsto dall’art. 1 comma 8 del citato D.L. n. 193 del 2016”.
La Suprema Corte ha poi precisato che “la scelta di un avvocato del libero foro in luogo dell’Avvocato dello Stato non è discrezionale, poiché, in base alla succitata normativa, in particolare alla luce dell’art. 4 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, recante i principi relativi all’affidamento di contratti pubblici, l’Agenzia deve operare nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità, trasparenza, efficienza ed economicità” (come ribadito con il regolamento del 28 marzo del 2018)”.
La medesima sentenza ha ulteriormente chiarito che la decisione di avvalersi di avvocati del libero foro per la difesa in giudizio per essere valida presuppone. in linea generale: a) che si sia in presenza di un “caso speciale”; b) che intervenga una preventiva, apposita e motivata delibera dell’organo deliberante; c) che tale delibera sia sottoposta agli organi di vigilanza”.
“In sintesi, laddove, il mandato all’avvocato del libero foro sia stato rilasciato senza il vaglio dell’organo di vigilanza e non ricorra un caso di urgenza oppure non si sia in presenza di un documentato conflitto di interessi reale, tale atto è nullo ed è suscettibile di sanatoria soltanto nei limiti stabiliti dall’art. 125 cod. proc. civ. e a certe condizioni ma esclusivamente per i giudizi di merito e non per il giudizio di cassazione“. Nel caso in esame, la costituzione in giudizio dell’Ufficio è avvenuta – in base a procura alle liti, rilasciata il 19 settembre 2017 al difensore nominato nella persona dell’avv. G.V., rilasciata senza il vaglio dell’organo di vigilanza e senza l’indicazione della ricorrenza degli ulteriori casi sopra indicati, tali da legittimare il conferimento del mandato ad un difensore del libero foro. Per tale ragione la procura allegata all’atto di appello deve ritenersi nulla con conseguente invalidità dell’atto di costituzione dell’Agenzia – riscossione. Per tale ragione l’appello deve essere dichiarato inammissibile. La novità della questione induce a compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’appello;
spese compensate.
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