COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 372 sez. I depositata il 30 gennaio 2019
Ditta emittente fatture – Costi – Fatture – Operazioni inesistenti – Sito online – Numero di telefono – Illegittimità dell’avviso
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Roma notificava alla società “D. srl” l’Accertamento in epigrafe, anno di imposta 2011, emesso nel presupposto che la stessa fosse utilizzatrice di fatture oggettivamente inesistenti, emesse dalla Ditta “G.D.”, risultata sicuramente inesistente.
Avverso l’atto proponeva ricorso la società lamentandone l’illegittimità per violazione del principio del contraddittorio e per difetto di motivazione; lamentava inoltre l’erroneità dei presupposti accertativi e, comunque, la propria buona fede nella gestione del rapporto commerciale.
L’Ufficio, con proprie controdeduzioni, insisteva sulla correttezza del proprio operato e chiedeva il rigetto del ricorso.
La CTP di Roma adita rigettava il ricorso, osservando in primo luogo che, diversamente da come lamentato, il preliminare contraddittorio c’era stato, talché la parte aveva potuto produrre tutta la documentazione a suo discarico, osservando in secondo luogo che l’atto accertativo era stato ampiamente motivato ed infine osservando che in ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti, non rilevava lo stato soggettivo di inconsapevolezza e buona fede del cessionario.
Avverso la sentenza propone appello la parte contribuente lamentandone la nullità per omessa pronuncia su punto decisivo, invero affatto vagliato dai primi giudici e che ripropone in questo grado di giudizio, precisando di aver intrattenuto rapporti con la “Ditta G.D.S.”, in forza di un contratto di fornitura del 30/10/09 (all. n. 3 del ricorso introduttivo) che prevedeva la fornitura di servizi vari tra cui il call center, corsi di aggiornamento, forniture di materiale didattico etc.; inoltre, non avendo la ricorrente una propria sede operativa fissa, utilizzava l‘immobile della Ditta “G.” come proprio ufficio per gli incontri con i clienti, con i fornitori e per il servizio di call center e per tali prestazioni la ditta G. emetteva fatture mensili che venivano regolarmente pagate con assegno bancario. Lamenta inoltre la nullità dell’impugnata sentenza per travisamento dei fatti ed infine la nullità per carenza di motivazione, ribadendo conclusivamente l’effettività delle prestazioni di cui alla fattura.
Con proprie controdeduzioni l’Ufficio contesta la prima censura osservando come la doglianza non fosse stata espressa nel ricorso introduttivo. Precisa, tuttavia, di aver provveduto a richiedere alla società documentazione adeguata per giustificare i costi sostenuti, ma questa offriva documentazione caratterizzata da una descrizione alquanto generica delle prestazioni e non idonea per l’effettiva individuazione delle prestazioni ricevute e, quindi, idonea a certificare l’effettivo sostenimento dei costi, nonché l’inerenza degli stessi all’attività dell’impresa, tenuto pure conto che la fornitrice, Ditta G.D., aveva ad oggetto attività di “altre attività professionali”, mentre la società ricevente D. srl, svolge l’attività di intermediaria nel commercio di prodotti particolari. L’Ufficio inoltre contesta le altre censure insistendo sugli aspetti che rendono assolutamente dubbia l’effettività delle prestazioni dichiarate e dei costi sostenuti. Conclude per il rigetto del proposto appello.
Durante la discussione pubblica, la parte appellante insiste sull’illegittimità dell’accertamento per mancato invito al contraddittorio preventivo. L’Ufficio appellato insiste che la Ditta G. emetteva fatture per operazioni inesistenti e nell’anno 2011 in accertamento, la società D.M.E. aveva indebitamente detratto IVA per €. 14.064,80 e sostenuto costi fittizi per complessivi €. 68.977,00.
Nel merito ribadisce che G. non aveva strutture per effettuare i servizi asseritamente prestate e ribadisce altresì che il contraddittorio non è necessario, ma che comunque c’erano stati preliminari.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto e prodotto dalle parti, ritiene meritevoli di accoglimento le censure mosse dalla parte appellante avverso l’impugnata sentenza.
Osserva infatti che l’impugnata sentenza si focalizza sull’analisi della normativa e della giurisprudenza formatesi sulla materia della fatturazione per operazioni inesistenti, qualche volta invero inconferente, senza invece affatto esaminare la specifica fattispecie oggetto di giudizio e le concrete deduzioni introdotte da parte ricorrente, così da porre in essere una motivazione solamente apparente.
In particolare i primi giudici nulla hanno osservato in merito al contratto di fornitura stipulato tra la D. e la G. in data 30/10/09 (all. n. 3 del ricorso introduttivo) il quale prevedeva la fornitura di servizi vari tra cui il call center, né hanno affatto considerato le prove offerte dalla parte ricorrente, circa l’utilizzazione dell’immobile della stessa Ditta “G.”, come proprio ufficio per gli incontri con i clienti, con i fornitori e per il servizio di call center. Conseguentemente la censura di omessa motivazione su punti decisivi deve essere accolta.
Ciò posto, la sentenza deve essere riformata poiché, all’esito di un più attento esame degli elementi giustificativi e probatori forniti dalla parte contribuente, appare vinta la presunzione accertativa circa l’inesistenza oggettiva delle prestazioni di cui alle fatture in contestazione. Infatti, in primo luogo, il contratto del 30/10/09 intercorso tra le parti, dà modo di comprendere quale fosse l’oggetto della prestazione (servizio di call center e soprattutto utilizzo dei locali da parte della D., quale sede operativa) e dà modo di ritenere l’inerenza della stessa all’attività societaria; inoltre, la concreta effettuazione delle prestazioni appare dimostrata dall’esistenza del sito D. predisposto e gestito normalmente dalla Ditta G. e dal fatto che in tale sito risultasse come il numero di telefono per il se., giusta quanto si evince dall’esame della fattura T. allegata al ricorso introduttivo. Orbene, questi elementi probatori appaiono convincenti per ritenere che la Ditta G. avesse messo a disposizione della D. i servizi di call center e utilizzo dell’immobile in Pomezia, così come fatturati, tenendo anche conto che la D. non disponeva di personale dipendente, né risultava sostenere costi per la locazione di un ufficio.
Le ulteriori censure mosse dalla parte appellante avverso l’impugnata sentenza, oltre che infondate, si ritengono comunque assorbite.
Il proposto appello deve essere, pertanto, accolto, tuttavia le spese di lite si compensano tra le parti, in considerazione della particolare materia oggetto di giudizio e del tenore dell’impugnata sentenza.
P.Q.M.
Accoglie l’appello della contribuente. Spese compensate.
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