COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 375 sez. I depositata il 30 gennaio 2019
Capacità di spesa – Capacità reddituale – Uso dell’auto – Strumentale ad attività lavorativa – Bene ammortizzabili – Illegittimità dell’avviso
FATTO
Il sig. S.A. riassume il giudizio innanzi questa C.T.R., come disposto dalla S.C. con la sentenza di rinvio n. 20472/17, a seguito della cassazione della sentenza con cui altra sezione della CTR aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio in relazione all’Avviso di Accertamento in epigrafe, anno di imposta 2007 ed emesso ai sensi dell’art. 38 del Dpr 600/73.
Con la sentenza di rinvio, emessa sul ricorso proposto dal contribuente, la S.C. accoglieva il motivo di censura riguardante il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza sul punto della mancata rideterminazione della pretesa fiscale, osservando come “vi fosse una contraddizione palese ed insanabile tra la pur accertata riduzione dell’indice induttivo e la piena ed integrale conferma dell’atto impositivo impugnato, essendo invece chiaro che la pretesa fiscale dal medesimo portata ne doveva essere conseguentemente ridotta”.
Con il proposto ricorso in riassunzione, la parte contribuente insiste sulla fondatezza delle doglianze espresse nel ricorso introduttivo, peraltro accolte dai giudici di prime cure i quali avevano ritenuto compatibile la capacità di spesa del contribuente in relazione alla sua posizione reddituale, tenuto anche conto che lo stesso non aveva famiglia e utilizzava l’autovettura, considerata bene indice, per l’attività lavorativa; inoltre, fin dalla fase iniziale della lite, l’Ufficio aveva ammesso che la spesa per incrementi patrimoniali avrebbe dovuto essere ridotta da €. 14.110,00 ad €. 7.000,00, attribuibile pro quota all’annualità in accertamento (da qui peraltro l’incoerenza della sentenza cassata con cui si confermava in toto l’accertamento), pertanto ritiene l’Accertamento del tutto infondato, essendone venuti meno tutti i presupposti. Conclude per il rigetto dell’appello dell’Ufficio con declaratoria di annullamento dell’atto impugnato.
Con proprie controdeduzioni l’Agenzia delle Entrate, con riguardo al merito, ritiene di riportarsi in maniera integrale a quanto già dedotto nei precedenti gradi di giudizio, ribadendo l’assoluta legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento in contestazione.
Durante la discussione pubblica la parte contribuente osserva come giustamente la S.C. abbia cassato la sentenza con la quale il giudice a quo aveva confermato l’accertamento per l’intero, in presenza dell’accertata riduzione dell’indice induttivo la quale, invece in concreto, aveva determinato il venir meno dell’intera impalcatura accertativa, come osservato dai primi giudici.
L’Ufficio resiste, difendendo la legittimità del proprio operato.
DIRITTO
La Commissione in riassunzione, preso atto di tutto quanto dedotto e prodotto dalle parti, nonché in applicazione del principio di diritto espresso dalla S.C. con la sentenza di rinvio n. 20472/17, ritiene di respingere l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate.
Osserva infatti che la CTR a quo, con la sentenza cassata dalla S.C., aveva accolto l’appello dell’Ufficio nel presupposto della correttezza dell’operato accertativo, tuttavia senza avvedersi che lo stesso Ufficio, fin dalla fase iniziale della lite, aveva ammesso che la spesa per incrementi patrimoniali, indice di maggiore capacità contributiva, avrebbe dovuto essere ridotta da €. 14.110,00 ad €. 7.000,00, attribuibile pro quota all’annualità in accertamento.
Orbene, si deve ritenere invece, che alla luce di tale riduzione, il risultato accertativo cui perveniva l’Ufficio doveva considerarsi viziato;
inoltre, concordemente con quanto osservato dai giudici di prime cure, la capacità di spesa del contribuente così rideterminata, deve ritenersi compatibile con la sua posizione reddituale, tenuto anche conto che il contribuente medesimo, nell’anno in accertamento, non aveva famiglia e utilizzava l’autovettura, considerata bene indice, per l’attività lavorativa e la stessa era registrata tra i beni ammortizzabili. Conseguentemente si ritiene infondato l’Accertamento operato dall’Ufficio e se ne dichiara l’annullamento.
Il proposto appello deve essere, pertanto, respinto e le spese di giudizio che si liquidano in €. 2.000,00, seguono la soccombenza.
In sede di riassunzione, rigetta l’appello dell’Ufficio che condanna al pagamento delle spese, liquidate in €. 2.000,00.
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