Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 1 sentenza n. 1508 depositata il 8 marzo 2018
PREZZO IMMOBILE OGGETTO DI COMPRAVENDITA – DIFFERENZA TRA PRELIMINARE DI VENDITA E DEFINITIVO – RIDUZIONE PREZZO DA PARTE DEL VENDITORE – DATI OMI – ILLEGITTIMITA’ DELLA RETTIFICA
IN FATTO E IN DIRITTO
1. La società P.I. Srl impugnava l’avviso n. (omissis), con il quale l’Agenzia delle Entrate di Latina rettificava in aumento (da euro 150.000,00 a euro 220.480,00) il valore di una unità immobiliare ad uso ufficio sita in Latina, identificata in catasto al foglio (omissis), particella (omissis), sub (omissis), compravenduta con atto registrato il 15.9.2011, e così richiedendo il pagamento della somma di euro 5.953,00 a titolo di imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, sanzioni e interessi.
Il ricorrente eccepiva che la rettifica non aveva tenuto conto del fatto che, dopo la stipula del preliminare di vendita riportante il maggior prezzo di acquisto preso a riferimento dall’Agenzia, era stato scoperto un vizio essenziale dell’immobile (impossibilità di ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi, per effetto di una indebita trasformazione in locale ad uso ufficio dell’ultimo piano, originariamente destinato a vano tecnico) che aveva indotto la società acquirente a decidere di stipulate comunque il definitivo, ottenendo tuttavia dal dante causa una consistente riduzione del prezzo di acquisto in funzione dell’accertato diminuito valore del bene.
Si costituiva in giudizio L’Agenzia delle Entrate, sostenendo la legittimità della liquidazione.
Con la sentenza n. 1892/01/2014 la CTP di Latina respingeva il ricorso del contribuente, condannandolo al pagamento delle spese di lite.
Avverso la pronuncia di prime cure ricorre in appello il contribuente, insistendo (dopo una prima eccezione di carattere procedurale inerente alla insistenza dell’avviso, perché sottoscritto da funzionario privo della qualifica dirigenziale o delegato da soggetto altrettanto privo di tale qualifica) nelle argomentazioni di cui al ricorso introduttivo, e chiedendo pertanto la riforma della sentenza impugnata giudicata erronea nella ricostruzione della vicenda; l’appellante contestava inoltre la metodologia adottata per il calcolo del valore del bene compravenduto.
Si è costituito con controdeduzioni l’Ufficio, chiedendo il rigetto dell’appello del contribuente: deduce l’inammissibilità del motivo procedurale perché sollevato per la prima volta in appello e perché comunque manifestamente infondato; nel merito, osserva che la parte non ha fornito prova della esistenza di una situazione effettivamente indicante una diminuzione del valore dell’immobile, dimostrando solo la mancanza del certificato antincendio ma non di quello di agibilità; rivendica infine la legittimità del metodo di calcolo (criterio comparativo, ossia il riferimento ai trasferimenti anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto in contestazione, aventi per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni) adoperato per la determinazione dell’effettivo valore del cespite.
2. La causa è stata discussa in pubblica udienza, essendovi stata formale e tempestiva richiesta da parte ricorrente; le parti presenti hanno concluso come da verbale.
3. L’appello del contribuente è meritevole di accoglimento.
In disparte l’eccezione procedurale relativa alla carenza di potere del funzionario sottoscrittore dell’avviso impugnato, in quanto inammissibile perché tardiva, deve invece reputarsi fondata la doglianza sollevata, nel mento, dal contribuente in ordine alle ragioni, non attentamente valutate dall’amministrazione, che possono aver legittimato la differenza, tra il contratto preliminare e quello definitivo, nella indicazione del prezzo di acquisto del bene.
In tal senso, non appare condivisibile la motivazione della sentenza di primo grado, allorquando:
– da una parte, si afferma che il vizio – cioè l’assenza del certificato di prevenzione antincendio e l’impossibilità giuridica di conseguirlo per una trasformazione della destinazione urbanistica dell’ultimo piano che ne impediva il rilascio per lo sforamento del limite massimo di altezza dell’edificio – era conosciuto dalla P. sin dal momento della stipula del preliminare, avvenuta in data 20 maggio 2011: circostanza che, come dimostrato dall’appellante mediante i documenti già prodotti in primo grado, non pare corrispondente alla realtà dei fatti, posto che la definitiva constatazione della non ottenibilità della certificazione si aveva solo nel luglio 2011, a seguito dell’invio della raccomandata inviata al Comando dei Vigili del Fuoco di Latina e del contemporaneo accesso agli atti;
– per altro aspetto, si dubita sulla rilevanza del vizio, al contrario senz’altro sussistente – incidendo comunque sulla concreta commerciabilità del bene – ai fini della determinazione del valore del bene;
– per ultimo, nella sentenza si manifestano perplessità sulla decisione della società P. di acquistare comunque l’immobile, decisione che può invece comprensibilmente essere dipesa da una scelta economica che teneva conto, tanto della sensibile riduzione del prezzo, quanto dalla opposta prospettiva di affrontare costi legati a futuri contenziosi comunque connessi alla avvenuta stipula del preliminare.
In conclusione, gli argomenti e le prove offerte dal contribuente sorreggono ampiamente la tesi che spiega la differenza di indicazione fra preliminare e definitivo, differenza che peraltro già di per sé poco si spiega nell’ipotesi che si intendesse evadere l’imposta di registro, posto che una tale anomalia non avrebbe potuto non essere – come in effetti è poi avvenuto – immediatamente accertata dall’Ufficio impositore, di modo che è molto più verosimile che casa sia derivata da cause realmente giustificanti la riduzione del prezzo.
A ciò si aggiunga che il diverso metodo di calcolo (secondo le quotazioni O.M.I.) del valore del bene prospettato dall’appellante – metodo che, pur non significando certo l’illegittimità di quello adoperato dalla Agenzia, è comunque non privo di intrinseco affidamento perché rispondente alle indicazioni della Circolale n. 6/E del 2007 e del Provvedimento direttoriale del 27.7.2007 dell’Agenzia delle Entrate) – conduce ad un valore di cessione sostanzialmente equivalente a quello dichiarato nel contratto definitivo: ad ulteriore riprova di un valore dichiarato non “extra-vagante” rispetto ai parametri ordinari.
4. Per i motivi esposti, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza gravata, deve essere annullato l’avviso di accertamento impugnato.
Una misurata valutazione delle attività esperite in primo e secondo grado e la considerazione della alternanza delle sorti processuali consentono di disporre la totale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie l’appello del contribuente. Spese compensate.
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