Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 5 sentenza n. 1130 depositata il 22 febbraio 2018
TITOLARE FARMACIA – IMPUTAZIONI CONTABILI – SOPRAVVENIENZA ATTIVA – COSTO RIMASTO NON BILANCIATO DA RICAVI – BILANCIO DI ESERCIZIO – LIBRO CONTABILE – ILLEGITTIMITA’ DELL’AVVISO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di appello notificato all’Agenzia delle entrate, il Sig. A.F. ha chiesto che sia parzialmente riformata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, Sezione 21, n. 18609/16, depositata il 26/7/2016, e, per l’effetto, sia annullato integralmente l’avviso di accertamento n. (omissis) nonché gli atti inerenti, connessi e/o conseguenziali.
In primo grado il contribuente, in qualità di titolare di farmacia, ha impugnato il suddetto atto, con cui, all’esito di controllo per l’anno 2009, sono state accertate maggiori imposte a suo carico a titolo di IRPEF, addizionale regionale ed IRAP, oltre a sanzioni ed interessi, deducendo una pluralità di errori di valutazione dell’Agenzia in ordine ad un costo ritenuto indebitamente utilizzato, ad una sopravvenienza attiva rilevata come non dichiarata, ad un costo considerato non documentato, ad interessi passivi bancari ritenuti non inerenti.
L’Agenzia delle entrate, costituita, ha resistito al ricorso, argomentando in ordine alla correttezza delle proprie valutazioni.
La CTP ha accolto parzialmente il ricorso, ritenendo fondato l’accertamento dell’Agenzia limitatamente al primo degli elementi considerati per la rideterminazione in aumento del carico fiscale.
L’appellante censura la sentenza per aver erroneamente ritenuto non dimostrato dal contribuente che la somma di € 11.013,25 fosse stata annullata e non avesse influito sui conti esposti, deducendo che nel bilancio d’esercizio non sono state riportate né la voce di costo di € 177.542,05 né le voci di ricavo di € 166.528,80 e di € 11.013,25, in quanto reciprocamente annullate (come dimostra il fatto che l’utile aziendale risultante dal libro giornale, nel quale le predette voci sono state riportate, è uguale a quello risultante dal bilancio), sicché non vi è stata sottrazione di materia imponibile né indebita detrazione di maggiori costi.
L’Agenzia appellata ha chiesto il rigetto dell’appello, osservando che non basta il raffronto tra saldi dei profitti e delle perdite a provare che il differenziale di costo sia stato annullato e che è rimasto non spiegato perché il contribuente abbia imputato in avere un ammontare inferiore.
In udienza le parti, entrambe presenti, si sono riportate ai rispettivi atti insistendo nelle relative conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello può essere accolto.
Il contribuente ha prodotto documenti da cui è possibile evincere che l’importo di € 11.013,25, pur se erroneamente allocato in contabilità (come sopravvenienza attiva da conguaglio IVA, invece che come addendo dei ricavi verso ASL e AIFA), non ha alterato la somma algebrica degli elementi reddituali positivi e di quelli negativi, incidendo comunque nel computo complessivo dell’avere (assieme, fra l’altro, all’importo di € 166.528,80, relativo ai ricavi verso ASL e AIFA) e concorrendo, quindi, a bilanciare integralmente la somma di € 177.542,05, corrispondente al totale degli sconti in favore della ASL. L’appellante ha, altresì, precisato e documentato (v. tabella nel ricorso e documenti allegati) che i suddetti addendi di dare e avere, proprio perché in reciproco annullamento, non sono stati esposti nel bilancio d’esercizio, mentre figurano nel libro giornale.
A fronte di tali deduzioni, l’Agenzia fiscale, anche in questa sede di appello, si è limitata a valutare criticamente i documenti prodotti dal contribuente e a ribadire l’incongruenza delle imputazioni contabili, ma non ha svolto alcuna osservazione atta ad illustrare che, contrariamente alle argomentazioni dell’appellante, la somma di € 11.013,25 abbia effettivamente inciso ai fini fiscali come un costo (per sconti ASL) rimasto non bilanciato (dai ricavi ASL).
L’accoglimento dell’appello comporta l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento impugnato.
Stante il tenore dell’appello, vanno regolate solo le spese processuali del presente grado di giudizio, che, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
a) accoglie l’appello;
b) condanna l’Agenzia appellata al pagamento delle spese processuali dell’appellante, che liquida in € 1.000,00 oltre accessori di legge se dovuti.
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