Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 5 sentenza n. 257 depositata il 18 gennaio 2018
MERCATO VEICOLI – NOLEGGIO, RIVENDITA O LEASING DI BENI – REGIME DI MARGINE – APPLICAZIONE
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’atto di appello depositato il 23.01.2017 e notificato il 27.12.2016 (data di invio della raccomandata, non risultando depositato l’avviso di ricevimento), la S.r.l. (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnava la sentenza n. 13055/22/16, depositata in data 30.5.2016, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Roma aveva respinto il ricorso in primo grado, proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale Roma 1, avverso l’avviso di accertamento n. (omissis) (IVA ed altro 2010).
In particolare, a fondamento della impugnazione, allegava:
1. che la sentenza di primo grado non aveva tenuto conto dell’esatto contenuto dell’eccezione proposta in primo grado relativa alla delega per la sottoscrizione, che avrebbe dovuto essere allegata all’atto introduttivo a pena di nullità dell’atto stesso;
2. che la sentenza di primo grado aveva richiamato genericamente il regime del margine, ma non era entrata nel merito della contestazione proposta in primo grado;
3. che le fatture in esame non erano imponibili, contestando l’affermazione contenuta in sentenza per la quale le navi potevano essere considerate beni strumentali anche ove non adibite ad attività commerciali.
Concludeva, chiedendo l’accoglimento dell’appello.
In data 1.2.2017, si costituiva l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale I di Roma depositando controdeduzioni, con le quale allegava:
1. che i motivi di impugnazione erano riconducibili alle contestate applicazioni del “regime del margine” ex art. 36 D.L. 41/1995 e del “regime della non imponibilità”;
2. che in primo grado era stato eccepita la violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973 per difetto di sottoscrizione e mancata allegazione della delega di firma all’avviso di accertamento;
3. che era stata prodotta nel giudizio di primo grado la delega di firma;
4. che non sussistevano i presupposti per l’applicazione del regime del margine poiché l’acquisizione era avvenuta tramite un riscatto anticipato del bene, oggetto del contratto di leasing, con operazione assoggettata ad IVA;
5. che la contribuente non aveva fornito alcun riscontro positivo in ordine alla qualificazione delle operazioni sottoposte ad accertamento come non imponibili.
Chiedeva, dunque, il rigetto dell’appello, con condanna alle spese del giudizio.
Tanto premesso, ad avviso della Commissione tributaria regionale del Lazio, l’appello appare infondato e, pertanto, deve essere respinto.
La prima eccezione sembra essere diretta ad un difetto di delega in ordine “all’atto introduttivo”.
Se, come sembra rappresentato, il motivo di appello attiene al ricorso introduttivo del primo grado del giudizio (atteso che la contestazione, richiamando la sentenza di primo grado, non può essere che riferita a questo grado di giudizio), l’eccezione deve essere dichiarata inammissibile poiché nuova rispetto a quanto impugnato in primo grado.
Ove, invece, il motivo di impugnazione riguardi quanto eccepito in primo grado come violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973, la sentenza di primo grado ha accertato il deposito della delega nel corso del giudizio, trascurando di valutare la necessità che la stessa fosse allegata all’avviso di accertamento.
Sul punto specificato, la Suprema Corte si è espressa, affermando che n L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, sebbene non necessariamente dal primo grado, visto che si tratta di un atto che non attiene alla legittimazione processuale, avendo l’avviso di accertamento natura sostanziale e non processuale” (vds. Cass. n. 17044/2013 e Cass. n. 12781/2016).
La Giurisprudenza di legittimità, secondo quanto sopra riportato, non attribuisce rilevanza alla mancata allegazione della delega nell’avviso di ricevimento, richiamando la natura dell’avviso di accertamento.
Va ricordato, infatti, che la delega assume connotazioni formali, soprattutto nel momento in cui la delega viene svolta in nome e per conto del delegante, come nel caso dell’avviso di accertamento in esame, che può costituire oggetto di contestazione, ma non assume rilievo come nell’ipotesi di un atto richiamato ai fini della contestazione fiscale nel merito. La delega è un elemento formale dell’avviso di accertamento, ma non incide sull’obbligo di motivazione che risiede in capo all’Amministrazione quando le si richiede di allegare tutti gli atti che ha utilizzato per la contestazione tributaria.
Per tale natura, il momento di esercizio della difesa può comunque avvenire nel contenzioso, che si può instaurare con l’impugnazione dell’avviso davanti la competente commissione tributaria.
Sotto il secondo profilo di impugnazione, la Corte Suprema fornisce adeguata risposta all’eccezione dell’appellante, che la Commissione regionale condivide, affermando “In tema di IVA, il regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in l. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole” (vds. Cass. n. 21105/2017).
In applicazione di detto principio, l’appellante, a fondamento dell’allegata applicazione del beneficio del margine, non produce alcun riscontro né in primo grado né in secondo grado a fronte del contestato riscatto anticipato del bene in leasing come operazione assoggettata ad IVA.
La cessione che viene invocata dall’odierna appellante sembra essere riferita al contratto di leasing, la quale, una volta perfezionatasi, ha dato luogo all’esercizio della facoltà di riscatto con assoggettamento ad IVA (vds. Art. 2 del contratto di cessione dell’imbarcazione).
Peraltro, gli artt. 36 e ss. del d.l. n. 41/1995 prevedono un regime, soprattutto con riferimento alla compilazione dei documenti contabili, quale la mancata distinzione dell’IVA rispetto all’importo corrisposto, che non risulta essere rispettata dall’odierno contribuente.
Lo stesso contratto di cessione prevede la corresponsione dell’IVA e non vi è alcun riscontro in ordine alla mancata detrazione.
L’appellante, infatti, si limita a richiamare le fatture sottoposte ad accertamento e non offre alcun riscontro aggiuntivo.
Il terzo motivo appare totalmente generico e privo di ogni riscontro, soprattutto in considerazione della contestazione svolta nell’avviso di accertamento.
In quest’ultimo, infatti, tra le altre, risulta contestato l’applicazione del regime di non imponibilità verso soggetti privati che non risultano svolgere una delle attività previste dall’art. d.lgs. n. 171/2005.
Nessuna circostanza o riscontro concreto vengono allegati a supporto della impugnazione della sentenza di primo grado o al ricorso in primo grado, risultando insufficiente una semplice visura camerale per accertare i motivi del noleggio.
Per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, in virtù del principio di soccombenza.
P.Q.M.
a) respinge l’appello;
b) condanna l’appellante al rimborso, in favore dell’Agenzia, delle spese processuali del grado, che si liquidano in € 3.500,00, oltre accessori;
c) dà atto dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, primo periodo, d.P.R. 115/2002.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
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