Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione X sentenza n. 4329 depositata il 16 luglio 2019
Processo tributario – Contenzioso – Impugnazione – Appello – Motivi – Chiara esposizione della domanda – Sufficienza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 10860/18/2017 del 06.04.2017, depositata in segreteria il 03.05.2017, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava in parte irricevibile ed in parte inammissibile il ricorso, proposto da C.L., avverso l’avviso di accertamento I.C.I. n. (omissis) anni 2007 + 2008 + 2009 + 2010 + 2011 ed acc.to irr.ne n. 738 ICI anno 2009, n. 613 ICI anno 2010, n. 451 ICI anno 2011, n. 216 ICI anno 2011, emessi dalla V. SERVIZI SPA, per omessa dichiarazione e mancato pagamento per un totale di €. 40.513,00 e successivamente ridotto ad €. 24.798,00.
Il contribuente ha interposto appello eccependo la nullità degli avvisi di accertamento impugnati, l’incompetenza assoluta del Commissario, la violazione dei regolamenti ICI del Comune di Velletri vigenti negli anni dal 2007 al 2011, il difetto di legittimazione a rappresentare della V. Servizi Spa, il difetto di legittimazione a rappresentare del direttore generale della V. Servizi Spa, l’indebito in violazione dell’art. 2041 cod. civ., conclude chiedendo in via principale la sospensiva degli avvisi di accertamento, nel merito l’annullamento degli avvisi di accertamento, con vittoria di spese di causa.
La V. SERVIZI SPA si costituisce depositando controdeduzioni in fatto ed in diritto, conclude chiedendo di rigettare l’appello, con la conferma della sentenza impugnata e la condanna alle spese di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello non è fondato e deve essere respinto.
La Commissione esaminata la documentazione in atti, preliminarmente rileva che l’oggetto del giudizio di appello è delimitato dall’individuazione dei capi della decisione di primo grado, per i quali s’intende ottenere un nuovo giudizio, non sono ammesse domande ed eccezioni nuove, salvo quelle rilevabili d’ufficio, per tale motivo, il petitum non potrà essere diverso o più ampio rispetto al ricorso di primo grado.
La Suprema Corte, con sentenza n. 7671/2012 ha affermato che “l’indicazione dei motivi di appello nel processo tributario, ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 546/1992, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione a sostegno del gravame, essendo, sufficiente un’esposizione chiara e univoca – sia pure sommaria – della domanda rivolta al giudice di appello e delle ragioni di doglianza“.
Il ricorrente chiede l’annullamento degli avvisi di accertamento notificati in data 16.11.2013, mediante consegna diretta degli atti in mani della moglie C.E., e, per i quali aveva presentato istanza in autotutela, senza averli impugnati, nel termine di cui all’art. 21, comma 1, del D.Lgs. 546/1992.
Solo successivamente, in data 13.03.2015, notifica ricorso alla V. Servizi Spa, la proposizione dell’istanza in autotutela non interrompe né sospende i termini per la proposizione del ricorso che deve essere proposto nel rispetto della normativa vigente.
L’appellata eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso perché proposto tardivamente dalla notificazione degli atti impugnati, infatti il ricorso avverso gli avvisi di accertamento gli è stato notificato in data 13.03.2015, ossia circa 16 mesi dopo e, deve essere dichiarato inammissibile perché notificato oltre i termini, in violazione dell’art. 21, del D.Lgs. 546/1992.
Nel merito, precisa di aver sempre operato nel rispetto delle convenzioni sottoscritte con l’Ente impostore e che resta sempre il Comune di Velletri risultando pienamente legittimo gli avvisi impugnati.
In conclusione il Collegio, rileva che effettivamente gli avvisi di accertamento sono stati regolarmente notificati in data 16.11.2013, il ricorrente proponeva istanza di accertamento con adesione in data 08.01.2014 senza versare alcuna delle rate concordate e successivamente in data 13.03.2015 notificava ricorso contro gli avvisi di accertamento in violazione dell’art. 21, comma 1, del D.Lgs. 546/1992.
La sentenza appellata, condivisa da questo Collegio, è motivata e nella stessa figurano i riferimenti specifici alle contestazioni che il contribuente aveva sollevato in sede di ricorso.
P.Q.M.
01. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio respinge l’appello del contribuente e conferma la sentenza impugnata;
02. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite che liquida in €. 4.000,00 (euro quattromila/00).
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