Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione XI sentenza n. 4330 depositata il 16 luglio 2019

Imposte dirette – Irpef – Avviso di accertamento – Società in nome collettivo – Impugnazione da parte del singolo socio – Esclusione – Litisconsorzio necessario – Integrazione contraddittorio – Necessità

FATTO E DIRITTO

A.L. impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria accertava un reddito relativo al 2009, quale socio di fatto di A. soc. Cooperativa, con conseguente maggiore imposta e sanzioni per un totale di € 5.656.378; affermava l’illegittimità dell’atto con una serie di censure; l’Agenzia delle Entrate chiedeva il rigetto.

La CTP, ritenuto che l’atto era stato notificato ad A.L. quale amministratore di fatto della soc. Cooperativa A., collegata al Consorzio E.J. spa, a seguito di indagini dell’Ufficio Centrale Antifrode nei confronti di soggetti ad elevato profilo di rischio, che operavano nel settore dei servizi alle imprese esternalizzati; che i controlli avevano interessato il Consorzio E.J. spa, che agiva per mezzo di società Cooperative, presso cui risultava formalmente assunta la manodopera, malgrado le stesse non svolgessero attività sociale a scopo mutualistico; che per tali fatti era stata avviata un’indagine penale della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, con adozione di misure cautelari e reali per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale; che la società non aveva presentato dichiarazione Iva ed era amministrata di fatto da un consiglio di amministrazione occulto, di cui avevano fatto parte A.L. ed A.R. e che i medesimi si ingerivano negli aspetti gestionali e contabili impartendo direttive; che risultava che il ruolo di fatto di L. era quello di socio ed amministratore occulto del consorzio E.J. e di alcune Cooperative, tra cui in particolare la A.; che il reddito prodotto da A. doveva considerarsi reddito di impresa per l’esercizio abituale di attività diretta alla prestazione di servizi; che tale società di fatto doveva ritenersi avere oggetto illecito, ma che il reddito andava comunque soggetto a tassazione, e doveva essere imputato a ciascun partecipante proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, da presumersi paritaria tra i quattro soci di fatto L., R., M. e T.; ritenute pertanto infondate le censure da parte del ricorrente, con sentenza n. 14020/2017, rigettava il ricorso.

Propone appello A.L., deducendo: 1) difetto di motivazione e contraddittorietà dell’avviso di accertamento; afferma che l’avviso ipotizza l’esistenza della soc. Cooperativa come società a scopo di lucro, ma che poi richiede le imposte societarie ai ed soci di fatto, tra cui il L. e non alla società; che è richiesta l’Iva pur non essendo il L. titolare di partita Iva ed è richiesta l’Ires, non essendo il ricorrente imprenditore; 2) incompetenza territoriale della Dir. Provinciale di Roma, ex art. 31 DPR 600/73, essendo il domicilio fiscale del L. a Milano (res. in Dresano, via omissis); 3) difetto di soggettività tributaria di A.L., che non era nel 2009 né socio né rappresentante legale della società; 4) errata decisione in ordine alla non operatività della soc. Cooperativa A. ed errata applicazione dell’art. 37, III co. del DPR 600/73; nell’accesso ai locali del 10.12.2013 l’impiegata avrebbe consegnato documentazione idonea a dimostrarne l’operatività; 5) e 6) vizio di motivazione dell’avviso, non individuato dalla CTP, per mancata indicazione degli elementi di fatto e le ragioni di diritto della imposizione a carico del L., non avendo altresì il medesimo partecipato alla stesura del Pvc redatto dall’Agenzia delle Entrate e non essendo la società destinataria dell’avviso di accertamento e mancando l’indicazione dei presupposti di fatto che avevano condotto ad affermare il carattere fittizio delle operazioni compiute; 7) violazione dell’art. 14 co. 4, L. 24.12.1993 n. 537, poiché gli eventuali redditi illeciti erano stati sequestrati a fini di confisca, dall’autorità giudiziaria penale e pertanto non potrebbero essere conteggiati ai fini del reddito; 8) violazione dell’art. 7 L. 269/2003, essendo le sanzioni tributarie, in caso di violazione da parte di società, a carico esclusivamente della persona giuridica destinataria dell’atto impositivo; 9) inutilizzabilità degli atti istruttori compiuti dall’Agenzia delle Entrate dichiarata dal Tribunale Penale di Milano ufficio GIP; 10) legittimità dell’operato del L. essendo stato dichiarato non luogo a procedere nei suoi confronti in sede penale dal Tribunale di Milano (sentenza GIP 1443/2016). Chiede la riforma della sentenza della CTP.

L’Agenzia delle Entrate contesta tutti i motivi e chiede la conferma.

Preliminarmente, l’eccezione d’incompetenza territoriale degli uffici finanziari di Roma della CTP di Roma va rigettata; premesso che il L. operava, unitamente al R., M. e T. gestendo una società di fatto che utilizzava lo schermo della società Cooperativa, ma che di tale forma mutualistica non aveva alcuna caratteristica, va comunque rilevato che deve ritenersi la società di fatto operante e con sede a Roma, così come a Roma si trova la sede della società Cooperativa A., sicché la competenza territoriale va confermata, anche per le contestazioni svolte nei confronti del socio di fatto L.A.

Ancora in via preliminare, va verificato d’ufficio se il procedimento, posto in essere in primo grado in questa sede nei soli confronti del L. rispetti il presupposto dell’integrità del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti necessariamente interessati. Ed al riguardo, la risposta non può che essere negativa; invero, come è noto, ai fini delle imposte sui redditi, una società di fatto è equiparata alla società in nome collettivo, ai sensi dell’art. 5, co. 3, lett. b) del TUIR ed è principio consolidato che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e di quelle dei soci comporta, in linea di principio, la configurabilità di un litisconsorzio necessario, con il conseguente obbligo per il giudice di procedere all’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 546/1992, a pena di nullità assoluta rilevabile d’ufficio (cass. 16730/2018, ord.; idem, 15116/2018. ord.).

Sussiste pertanto un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i quattro soci ed amministratori di fatto, L., R., M. e T. nonché la società di fatto da essi amministrata, ovvero quella di cui la A. Soc. Cooperativa costituisce schermo e, conformemente a quanto disposto dall’art. 59 lett. b) D.Lgs. n. 546/1992, la causa va rimessa alla Commissione Provinciale che ha emesso la sentenza impugnata. Attesa la decisione su verifica d’ufficio, le spese di lite del procedimento vanno compensate.

P.Q.M.

Dispone rimettersi gli atti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, affinché provveda all’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti necessari, come esposto in motivazione. Spese compensate.