Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione XI sentenza n. 4337 depositata il 16 luglio 2019
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento induttivo – Scostamento – Rilevanza – Scritture contabili formalmente regolari – Sussistenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto depositato il 21 febbraio 2019 la A. S.r.l. ha riassunto il processo, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 546/1992, a seguito dell’annullamento con rinvio della sentenza n. 4816/2015 della Sez. n. 2 di questa C.T.R. (depositata il 16 settembre 2010), disposto con ordinanza n. 20364/2018 della Corte di cassazione (depositata il 31 luglio 2018).
Oggetto del giudizio è l’avviso di accertamento n. (omissis) emesso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Roma recante la rettifica, in via analitico-induttiva (ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d, del D.P.R. n. 600/1093), dei ricavi dichiarati per l’anno 2005 dalla Società, esercente l’attività di commercio al dettaglio di calzature e pellami.
L’originario ricorso introduttivo avverso detto atto impositivo era stato accolto dalla C.T.P. di Roma con la sentenza n. 6427/08/2014, nella quale era stato osservato quanto segue:
– nel caso di specie l’Agenzia non fonda il suo accertamento sulla mancanza di coerenza tra il reddito dichiarato e quello risultante dallo studio di settore, ma rileva l’eccessiva incidenza dei costi di gestione sul risultato di esercizio, unitamente a un’inesistente redditività del capitale investito – evidenziando come tali elementi, presenti in più esercizi di imposta risultino in contrasto con una gestione razionale e proficua dell’attività di impresa – e basa la rideterminazione del reddito su dati ricavati dalla gestione aziendale, sia pure relativa ad annualità successive;
– lo scostamento rispetto al “ricavo minimo ammissibile” e al “ricarico” rilevabili dallo studio di settore è in effetti limitato;
– la A. S.r.l. è stata costituita in data 12 marzo 2004 e iscritta al registro delle imprese il 22 stesso mese, ma ha iniziato l’attività nel locale di Viale (omissis) agosto 2005, come da “comunicazione di apertura” presentata in pari data, sicché il 2005 segna l’inizio dell’attività ed è contrassegnato dalla presenza di rilevanti “costi per materie prime sussidiarie e di consumo” (euro 259.556), sostenuti anche nella prima parte dell’anno, come risulta da fotocopia del “registro acquisti” – ed intesi a costituire la dotazione di merce necessaria per avviare l’attività, mentre corrispettivi vengono riportati sul relativo “registro” solo nel 3° quadrimestre 2005;
– la zona, secondo l’attestazione del difensore non contraddetta dall’Agenzia delle Entrate, è considerata dall’O.M.I. zona periferica;
– la documentazione sulle vendite promozionali è riferita all’anno 2006 e, quindi, non rileva ai fini della decisione della presente controversia e analoga considerazione vale per i lavori stradali che risultano avviati nel 2006;
– in relazione a quanto sopra, la Commissione ritiene che le motivazioni addotte dalla ricorrente per giustificare il rilevato, limitato scostamento rispetto alle risultanze dello studio di settore siano recepibili;
– in particolare la percentuale di ricarico, calcolata dall’Agenzia sulla base dei dati 2009 nel presupposto che l’organizzazione imprenditoriale non sia cambiata nel periodo compreso a il 2005 ed il 2009 appare eccessiva se riferita ai primi mesi di attività, mentre l’eccedenza di costi rispetto ai ricavi è correlata alle spese di impianto dell’attività stessa;
– del resto la Società, negli anni successivi al 1°, ha dichiarato percentuali di ricarico più elevate e la circostanza che effettivamente abbia operato in regime di scarsi profitti per più esercizi successivi può risultare confermata dal fatto che al gennaio 2012 risultava inattiva;
– in definitiva la Commissione ritiene che, nella situazione descritta, la ricorrente abbia provato l’esistenza di cause giustificatrici dello scostamento del reddito dichiarato rispetto alle risultanze dello studio al settore e reputa accoglibile il ricorso, stante l’assolvimento di tale onere probatorio.
Da qui l’accoglimento del ricorso, con compensazione delle spese.
Avverso la menzionata decisione l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Roma aveva presentato appello, parzialmente accolto con la ricordata sentenza n. 4816/2015 della Sez. n. 2 di questa C.T.R., che aveva ritenuto di dover ricalcolare il reddito secondo una percentuale di ricavo medio ponderato del 40%, in luogo della percentuale estrapolata dell’Ufficio pari al 65,21%.
A seguito di ricorso per cassazione della Società, la Corte di cassazione ha annullato la sentenza di appello, osservando testualmente:
«[…] 2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. che, laddove debitamente esaminati, avrebbero certamente determinato un esito diverso della controversia, consistenti: a) nell’erronea indicazione della data d’inizio dell’attività commerciale, da riferirsi agli ultimi mesi del 2005 (anno oggetto di accertamento) e non al 2004; b) nell’essere la zona di operatività dell’impresa in zona che non poteva definirsi semicentrale; c) nell’essere stata detta zona interessata per molto tempo da lavori stradali che avevano penalizzato la facoltà di accesso ai locali ove l’attività d’impresa è svolta; d) nell’inconsistenza degli scostamenti degli indici di congruità e coerenza, la cui percentuale di scostamento si assestava quasi sempre al di sotto del 10%. 3.
Va esaminato prioritariamente il secondo motivo, che è manifestamente fondato. Come già evidenziato da questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 27 giugno 2017, n. 15983) in analogo giudizio tra le stesse parti nascente dalla medesima attività di accertamento dell’Amministrazione, riferito all’annualità successiva a quella oggetto del presente giudizio, la sentenza impugnala, che, così come quella già oggetto di scrutinio di legittimità, ha trascurato l’esame dei fatti dinanzi indicati, limitandosi ad un inconcludente accenno alla peculiarità dell’inizio dell’attività nella parte finale dell’anno oggetto di accertamento, «non corrisponde allo standard del “minimo costituzionale”» (così la citata Cass. ord. n. 15983/17 nel richiamare Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053).
3.1. Il motivo va pertanto accolto in virtù dello stesso rilievo di cui alla cassazione della pronuncia inerente all’accertamento per l’anno successivo, originato dalla stessa attività di controllo da parte dell’Ufficio finanziario, restando assorbito il primo motivo.».
A seguito dell’annullamento con rinvio della sentenza pronunciata all’esito del precedente giudizio di appello, la difesa della Società ha riassunto la causa ribadendo gli argomenti che erano stati alla base dell’originario ricorso e, in particolare, che:
– l’inizio dell’attività sociale era da riferirsi agli ultimi mesi del 2005 e non al 2004;
– la zona di operatività è periferica e non semi-centrale, come erroneamente sostenuto dall’Ufficio;
– nel periodo di riferimento (2005) dei lavori stradali hanno causato una forte limitazione alla viabilità con divieto di sosta e rimozione forzata in tutta la zona, corsia unica, disagio per il passaggio pedonale e conseguente ostacolo pei il normale svolgimento delle attività commerciali dell’intera zona, come documentato con i rilevi fotografici e i documenti depositati in primo grado;
– tale limitazione ha determinato un grave pregiudizio per l’inevitabile riduzione del flusso dei clienti quantificabile in almeno il 30%;
– gli scostamenti degli indici di congruità e coerenza sono inconsistenti perché la loro percentuale si assestava quasi sempre al di sotto del 10%, quindi nei limiti di uno scostamento fisiologico, inevitabile e persino insperato in considerazione delle circostanze di fatto sopra evidenziate;
– la ridotta redditività nel corso dei primi esercizi (definita dall’Ufficio “antieconomicità”) è un elemento fisiologico e non patologico nella vita dell’impresa, in particolare nei primi mesi di attività, durante i quali una piccola impresa necessità di avviare il rapporto con la clientela e di espandere il proprio nome.
Per le esposte ragioni, la A. S.r.l. ha chiesto il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle Entrate e l’integrale conferma della sentenza n. 6427/08/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con vittoria di spese di tutti i gradi di giudizio, compreso quello di legittimità.
Si è costituita l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Roma, la quale, dopo aver diffusamente ripercorso le pregresse vicende processuali, si è riportata all’originario atto di appello, specificamente richiamando le seguenti osservazioni contenute nel gravame:
– la coincidenza dell’attività esercitata, del luogo di esercizio della stessa e della compagine societaria aveva comportato un mero passaggio di consegne tra la T. s.n.c. e la A. S.r.l., con una sostanziale continuità aziendale, sicché l’eccezione della controparte, secondo la quale l’attività commerciale sarebbe iniziata il 3 settembre 2005, è da ritenere prive di pregio, in quanto i medesimi imprenditori avevano iniziato l’attività di commercio al dettaglio di calzature e pellami, sotto altra forma societaria, sin dal 21/02/1984, data di iscrizione nel registro imprese della società T. s.n.c.;
– l’avviso di accertamento è di tipo analitico induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 600/73, e non rientra tra gli accertamenti derivanti da mera applicazione delle risultanze dello studio di settore;
– l’Ufficio, infatti, in data 13 luglio 2009 ha effettuato un accesso presso i locali di svolgimento dell’attività, rilevando i prezzi di vendita dei prodotti commercializzati più significativi, relativamente alla merce acquistata nel primo semestre 2009;
– sulla base dei dati acquisiti in sede di accesso, l’Ufficio ha determinato la percentuale di ricarico medio ponderato (R.) applicato dalla controparte nell’anno 2009 nella misura del 70,21%;
– considerato che l’organizzazione imprenditoriale dell’attività nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009, la commercializzazione dei prodotti, le condizioni e la tipologia della merce venduta erano rimaste immutate, per l’anno di imposta 2005 l’Ufficio ha ridotto del 5% la percentuale di ricarico risultante dalle informazioni acquisite in sede di accesso, determinandola nel 65,21%;
– nell’avviso di accertamento era stata anche evidenziata la non congruità tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall’applicazione dello studio di settore relativo all’attività di commercio al dettaglio di calzature e pellami;
– era stata, parimenti, sottolineata l’inattendibilità del reddito d’impresa dichiarato dalla controparte (in quanto per gli anni 2005-2006-2007 la controparte aveva dichiarato utili di esercizio rispettivamente pari ad € 3.113,00; € 4.016,00; € 2.858,00; in particolare per gli anni 2006 e 2007 erano stati sostenuti costi per l’acquisto di materie prime addirittura superiori ai ricavi, pur in presenza di scorte di magazzino in costante e significativa crescita;
– per quanto detto, il reddito dichiarato dalla Società per l’anno in questione era da ritenere inattendibile, sicché del tutto legittimo è stato l’accertamento di maggiori ricavi con il metodo analitico-induttivo.
Per i motivi esposti, l’Ufficio ha chiesto “… il rigetto del ricorso in riassunzione e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio”.
All’odierna udienza il rappresentante dell’Ufficio ha chiesto l’accoglimento dell’appello. La difesa della Società ha prodotto la sentenza n. 3740/2018 pronunciata, anch’essa in sede di rinvio, dalla Sez. n. 10 di questa C.T.R. con riguardo all’anno di imposta 2006 e ha insistito per il rigetto del gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va evidenziato che, stante l’avvenuto annullamento della sentenza n. 4816/2015 della Sez. n. 2 di questa C.T.R., disposto con ordinanza n. 20364/2018 della Corte di cassazione, oggetto del presente giudizio di rinvio è la presa in esame dei surricordati motivi di appello presentati dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Roma avverso la sentenza n. 6427/08/2014 dalla C.T.P. di Roma.
2. Orbene, ritiene la Commissione che il gravame non possa trovare accoglimento. Invero, i primi giudici hanno compiutamente e correttamente ricostruito i fatti di causa, sottoponendo ad esaustivo esame tutte le connotazioni della vicenda che ci occupa, giungendo a conclusioni pienamente condivisibili, anche alla luce dei rilievi mossi nella sentenza di annullamento con rinvio circa la mancata disamina delle giustificazioni di fatto fornite dalla contribuente.
2.1 In primo luogo va posto in rilievo che l’avviso di accertamento de quo si fonda su elementi di valutazione che non hanno la solidità e la forza presuntiva che l’Ufficio ha ritenuto di potervi annettere, presentando, invece, essi insuperabili connotazioni di opinabilità.
Si deve considerare, innanzi tutto, che l’analisi induttiva sulla quale l’atto impositivo si è fondato ha preso a base ricarichi sulle merci vendute relativi all’anno 2009, ridotti del 5% per attualizzarli al precedente esercizio 2005. Tale empirico approdo non è, però, determinante, in quanto dimentico di un elemento oggettivo costituito dal fatto che l’accertamento concerne il periodo di avvio dell’attività commerciale – iniziata il 1° settembre 2005 -, il che rende non confacenti i ricarichi afferenti al successivo anno 2009 (l’accertamento è del 13 luglio 2009), quando l’attività stessa si era già congruamente assestata. È naturale, infatti, che nel momento iniziale di un’attività commerciale la politica dei prezzi segua una logica diversa rispetto ai periodi successivi, caratterizzati da una più solida conoscenza dell’andamento del mercato e dalla specifica esperienza maturata.
2.2 Le suindicate particolarità, va sottolineato, rientrano senz’altro nell’ambito delle risultanze che, secondo la giurisprudenza di legittimità, possono valere a superare le presunzioni riconnesse all’utilizzo, quali elementi indiziari, di percentuali di ricarico relative ad anni precedenti o successivi (Cass., Sez. 5, sent. n. 27330 del 29/12/2016, in C.e.d. Cass., rv. 642387-01; Cass., Sez. 5, sent. n. 15038 del 02/07/2014, ivi, rv. 631536-01). Significativa, in proposito, la sollecitazione della Corte di cassazione a utilizzare «[…] le percentuali di ricarico accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale […] secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi.». (Cass., n. 27330/2016, cit.).
2.3 Né al riguardo può avere decisiva portata la circostanza, sottolineata nel gravame, della ritenuta sostanziale continuità aziendale (nel appello definita anche “mero passaggio di consegne”) tra la T. s.n.c. e la A. S.r.l. Infatti, se è pur vero che vi è coincidenza dell’attività esercitata, del luogo di esercizio della stessa e della compagine societaria, da tali profili non è dato, però, ricavare indefettibilmente che l’attività sia proseguita sostanzialmente senza soluzione di continuità sotto ogni aspetto, segnatamente quello della politica dei prezzi e dell’andamento commerciale.
Si tratta, invero, di una deduzione che non può assumere determinante caratura indiziaria, in mancanza di elementi di valutazione in ordine alle concrete ragioni dell’avvicendamento societario, cui possono non essere state estranee oggettive difficoltà nella conduzione dell’attività, suscettibili di determinare una più cauta politica commerciale e anche diverse scelte merceologiche nel nuovo corso.
In proposito l’Ufficio non ha fornito alcun concreto elemento a sostegno, sicché risulta privo di valenza quanto addotto sul punto nell’atto di appello.
2.4 Occorre considerare, altresì, come sottolineato dalla difesa della Società, che, avendo riguardo agli studi di settore, lo scostamento delle percentuali di ricarico è alquanto contenuto, essendo attestato al 3% (ricarico calcolato euro 1,25 a fronte di un ricarico minimo di euro 1,29), come risulta dallo stesso avviso di accertamento.
Anche relativamente alla congruità dei ricavi e alla rilevanza dei costi si deve rilevare che dall’avviso di accertamento emerge che lo scostamento è alquanto contenuto, risultando pari a circa il 7% (ricavo dichiarato euro 94.542,00 rispetto a un ricavo di riferimento di euro 101.160), essendo nel contempo documentati i rilevanti costi correlati alle spese di impianto dell’attività stessa, non oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione.
Come è dato cogliere, si tratta, in sostanza, di variazioni minime, idonee in astratto a consentire gli approfondimenti svolti dall’Ufficio, ma che si sono rivelate, per le ragioni suesposte, insuscettibili di costituire solido supporto per l’atto impugnato.
3. Siffatta conclusione appare conforme ai principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale gli scostamenti delle percentuali di ricarico devono essere particolarmente sensibili e non lievi come quelli del caso che ci occupa («[…] in tema di accertamento dei redditi di impresa, l’Ufficio può procedere a quello analitico-induttivo, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, anche in presenza di scritture formalmente regolari, ove la contabilità risulti complessivamente inattendibile sulla base di elementi indiziari gravi e precisi, come il sensibile scostamento delle percentuali di ricarico anche in relazione allo stesso periodo di imposta oggetto dell’accertamento.» – Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 32129 del 12/12/2018, in C.e.d. Cass., rv. 651784).
4. Va osservato, infine, per completezza di disamina, che è priva di rilievo la circostanza, evidenziata nell’atto di riassunzione, dell’essere stata la zona ove si trova l’esercizio commerciale interessata da lavori stradali, giacché essi, come si evince dal ricorso di primo grado e come sottolineato anche dai primi giudici, vennero svolti nell’anno 2006, successivo a quello qui considerato. Trattasi, però, di profilo non determinante ai fini del giudizio.
5. Conclusivamente, dal complesso delle risultanze sopra illustrate, ad avviso della Commissione emerge che il quadro indiziario sul quale si è fondato l’avviso di accertamento non è connotato dai necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza, sicché non può essere ritenuto idoneo a darne convincente giustificazione.
6. Per le suesposte ragioni l’appello dell’Ufficio deve essere rigettato, con conseguente conferma dalla decisione di primo grado.
Le spese dei due gradi merito e di quello di legittimità devono essere totalmente compensate tra le parti, in considerazione della sussistenza dei presupposti normativi per l’azione accertativa dell’Ufficio e in ragione dell’oggettiva complessità degli elementi presuntivi oggetto del giudizio e della non agevole valutazione degli stessi.
P.Q.M.
la Commissione rigetta l’appello; spese dei giudizi di merito e di legittimità interamente compensate tra le parti.
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