COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sentenza n. 185 sez. V depositata il 11 febbraio 2019
Spese per studio professionale – No acquisto diretto – Locazione nei confronti di una società partecipata dalla moglie del professionista – Legittimo risparmio di imposta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Ufficio Controlli della Direzione Provinciale di Alessandria emetteva avviso di accertamento per l’anno di imposta 2010 nei confronti dei notaio V.E. disconoscendo la deduzione di canoni di locazione dello studio professionale pagati alla società A. s.r.l. di cui è socia al 99% la moglie del medesimo, ritenendo sussistente fattispecie costituente abuso del diritto.
Con atto di ricorso il contribuente eccepiva violazione dell’art. 10 bis legge 212/2000 sotto vari profili sia procedimentali che di merito della contestata elusione, illegittima applicazione delle sanzioni.
La Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria con sentenza 386/1/16, depositata il 14.11.2016, accoglieva il ricorso compensando le spese. Motivava la CTP che la disciplina dell’abuso del diritto di cui all’art. 10 bis legge 212/2000 ha sostituito il previgente art. 37 bis d.p.r. 600/1973 e il comportamento fiscale adottato seppure più favorevole non integrava gli estremi dell’abuso del diritto non risultando che la società proprietaria fosse riconducibile al contribuente.
Propone appello l’Ufficio con atto notificato a mezzo posta, spedizione del 11.5.2017, deducendo come motivo la carenza di motivazione. In fatto si censura l’affermazione che il contribuente abbia dato prova della sua estraneità alla compagine sociale di A. s.r.l., dagli atti stipulati da detta società risulta che il contratto di compravendita dell’immobile è del 10.7.1993 mentre risulta locato dal 1.7.1993 il che indica la contestualità della operazione e inoltre che era stato stipulato un contratto preliminare di acquisto nel 1990 nella persona del medesimo notaio, acquisto poi non perfezionato unicamente perché in quel periodo vigeva la indeducibilità delle quote di ammortamento degli immobili strumentali, l’acquisto interveniva nel 1993 da parte della A. s.r.l. che contestualmente lo locava al notaio. Nell’anno di imposta 2010 risultavano quindi indeducibili le quote di ammortamento degli immobili strumentali acquistati dal 1990 al 2006, mentre sono stati sempre deducibili i canoni di locazione. Il contribuente ha quindi avuto il vantaggio fiscale di poter dedurre i costi relativi alla locazione, vantaggio che non avrebbe avuto se avesse acquistato personalmente l’immobile come stava per fare e documentato dal preliminare. La società A. s.r.l. ha potuto dedursi negli anni le quote di ammortamento del prezzo di acquisto dichiarando sempre utili di esercizio non superiori a euro 17.000. Vi è stata quindi una artificiosa costituzione di società da parte del coniuge consentendo la artificiosa deduzione di costi che non sarebbero stati riconosciuti al professionista consentendo poi alla società una tassazione con una aliquota reddituale assai inferiore di quella attribuibile al notaio. La CTP ritiene non provata la elusione in quanto non vi è stata sottrazione di imponibile e semplicemente la scelta di un regime impositivo meno oneroso. Una condotta abusiva postula la esistenza di alternative tutte astrattamente lecite, ciò che rende sanzionabile la condotta lecita è l’uso distorto che se ne fa. La CTP ha omesso di pronunciarsi in ordine alla marginalità delle ragioni che hanno indotto a rinunciare al preliminare di acquisto dello studio per prendere invece in affitto dalla società nonché sulla sufficienza e validità di tali ragioni. Il contribuente aveva dichiarato che tali ragioni erano “valutazioni a livello societario” ritenute generiche ed evasive dall’Ufficio. Nessuna spiegazione è stata fornita sul perché la società sia subentrata nell’acquisto dell’immobile. E’ stato creato uno schema contrattuale che ha come scopo un artificioso risparmio di imposta senza che vi siano ulteriori ragioni economiche. La natura elusiva dell’operazione appare evidente indipendentemente dal fatto che la società A. s.r.l. abbia in anni successivi svolto attività di natura commerciale. Sono quindi assenti le ragioni economicamente apprezzabili in ordine alla scelta operata finalizzata al solo risparmio fiscale. Ripropone quindi osservazioni sugli altri punti del ricorso.
Con memoria di costituzione in giudizio il contribuente formula osservazioni sulla nuova definizione di abuso del diritto inserita nell’art. 10 bis legge 212/2000 e sui tre elementi costitutivi della fattispecie legale fatti propri dalla sentenza di primo grado. La ricorrenza di valide ragioni extra fiscali e l’esclusione di qualsiasi fattispecie elusiva. Il contribuente non è mai stato socio della A. s.r.l., il coniuge ha sempre svolto una sua propria autonoma attività imprenditoriale, non vi è alcun accordo di intestazione fiduciaria delle quote che non è stato provato dall’Ufficio. Vi sono state altre operazioni immobiliari della società, i canoni di locazione dedotti dal professionista sono imponibili in capo alla società. Vengono riproposti a fini devolutivi altri motivi di ricorso.
Alla pubblica udienza le parti hanno confermato le proprie conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’ufficio nel suo atto di appello non contesta la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui desume alcuni principi per la configurabilità dell’abuso del diritto dal testo dell’art. 10 bis, comma 2, legge 212/2000. In particolare: “1) sussistenza di una o più operazioni prive di sostanza economica 2) realizzazione di vantaggi fiscali indebiti pur nel rispetto formale delle norme fiscali 3) la sussistenza di un nesso di derivazione causale tra l’operazione e il vantaggio indebito”. Anche l’interpretazione del successivo comma 3 non viene contestata e in particolare “che non possono considerarsi elusive le operazioni giustificate da valide ragioni extra fiscali non marginali anche di ordine organizzativo e gestionale che rispondano a esigenze di miglioramento strutturale o funzionale dell’attività professionale. Il comma 4 poi conferma la legittimità della possibilità riconosciuta al contribuente di optare fra differenti regimi fiscali al fine di impiegare quello meno oneroso. L’art. 10 bis ribadisce dunque la piena legittimità del risparmio di imposta”.
Con queste premesse interpretative, non contestate, la motivazione della sentenza si articola in modo lineare in relazione agli elementi di fatto portati dall’Ufficio e diretti a dimostrare ex art. 10 bis, comma 9, la sussistenza della condotta elusiva, ritenendo che l’Ufficio non abbia assolto a tale onere probatorio. A parte la singolarità che vengano effettuate contestazioni in ordine a comportamenti fiscali risalenti al 1993, ben 17 anni prima dell’anno di imposta accertato, è da ritenersi ricorrano nel caso di specie valide ragioni economiche volte a esigenze di miglioramento strutturale e funzionale dell’attività professionale, quale indubbiamente è l’avvio di uno studio notarile, in cui la scelta se operare direttamente l’acquisto dello studio o ricorrere a una locazione di lungo periodo ha tenuto conto di molti fattori tra cui anche quello del risparmio fiscale, che però non rappresenta l’unico elemento di convenienza.
Non risulta possibile, in base alle allegazioni dell’Ufficio, ritenere che A. s.r.l. abbia svolto una funzione di schermo societario alla elusione, l’unico elemento portato è dato dal rapporto di coniugio con la socia di maggioranza, ma risulta altresì che la società era operativa anche dopo l’acquisto dell’immobile, che nessuna quota della società era riferibile direttamente al contribuente. Nessuna evasione di imposta è stata ascritta alla società che ha assunto come imponibili i canoni di locazione.
Il fatto che il preliminare di acquisto in origine fosse sottoscritto dal contribuente denota solo la intenzione di adibire quell’immobile a proprio studio riservandosi la modalità più conveniente per la realizzazione, il che costituisce un legittimo comportamento anche a fronte della possibilità di ottenere un contratto ventennale di locazione che costituisce pur sempre una ragione economicamente apprezzabile, ritenere che vi sia stata elusione per il solo fatto che vi fosse un rapporto di natura familiare è affidarsi a mere congetture o postulare che a fronte di due scelte entrambe con un contenuto economico apprezzabile il contribuente sia tenuto a privilegiare quella con il sistema fiscale più oneroso il che verrebbe a contrastare con il principio economico e anche giuridico della economicità delle scelte imprenditoriali che necessariamente includono anche, e non solo, il trattamento fiscale che nel caso di specie era recentemente passato da un regime di deducibilità delle quote di ammortamento a quello di indeducibilità. L’appello pertanto non merita accoglimento, le spese di lite si dichiarano compensate valutando la complessità attuativa delle norme in materia di abuso del diritto e l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dello stesso.
P.Q.M.
La Commissione, rigetta l’appello e compensa le spese.
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