Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte – Sezione 7 ordinanza n. 354 depositata il 5 luglio 2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia ine dal silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di, rimborso presentata da l’8/7/2014 per addizionale IRES versata per l’anno d’imposta 2013, € 132.911,00, introdotta per l’anno d’imposta 2013 dall’art. 2, comma 2 D.L. 133/2013, posta a carico degli enti creditizi e finanziari, della Banca d’Italia e degli enti che esercitano attività assicurativa.
La società contribuente impugnò il provvedimento adducendo la sussistenza dei requisiti di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 D.L. 133/2013 con riferimento ai seguenti aspetti:
1) Violazione dell’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza) e dell’art.53 della Costituzione (principio di capacità contributiva);
2) Violazione dell’art. 77 della Costituzione (presupposti per l’adozione di un decreto legge).
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino, si costituì in giudizio ritenendo la doglianza infondata, osservando che il sindacato della Corte Costituzionale, nell’ipotesi in cui si contesti la . violazione dei principi di uguaglianza e di capacità contributiva, è esclusivamente circoscritto alla verificadel rispetto del limite della “non arbitrarietà/irragionevolezza” della norma contestata.
Il Legislatore può legittimamente introdurre inasprimenti fiscali a carico di determinate categorie di contribuenti senza incorrere in una violazione del disposto costituzionale, salvo che le misure adottate siano palesemente irrazionali o manifestamente sproporzionate. La Corte Costituzionale ha ripetutamente escluso l’arbitrarietà e irragionevolezza di una disposizione se aveva carattere transitorio ed eccezionale ed era supportata da una precisa finalità solidaristica.
Secondo l’Ufficio, contrariamente a quanto affermato dalla società, secondo la quale l’inasprimento del trattamento fiscale nei confronti delle impresecreditizie, finanziarie ed assicurative non sarebbe stato in alcun modo giustificato, il Governo ed il Legislatore hanno precisato di aver imposto una tassazione addizionale straordinaria a carico di tali soggetti per la necessità di dottare politiche fiscali redistributive a favore delle famiglie più deboli (famiglie titolari di prima casa non di lusso), mediante l’abolizione della seconda rata dell’IMU.
L’aggravio fiscale a carico delle imprese bancarie, creditizie ed assicurative di cui all’addizionale in esame è stato motivato dalla necessità di reperire le risorse necessarie per la suddetta abolizione in un brevissimo lasso di tempo e con ragionevole certezza di incasso delle stesse, ma tale maggior onere non è irragionevole o discriminatorio, dal momento che le imprese incise dal tributo sono dotate di forza economica e finanziaria adeguata per sopportare il temporaneo impatto dello stesso.
Nel caso in esame le eccezionali circostanze sono evidenti e risultano dagli atti parlamentari con cui il Governo ha spiegato la necessità di venire incontro ai bisogni delle fasce economicamente più fragili della popolazione, riducendo gli o eri impositivi sulla “prima casa” e con una tassazione finanziaria straordinaria, temporanea ed eccezionale che permettesse in brevissimo tempo di reperire risorse da quei contribuenti che meglio potevano sopportare, una tantum, un onere aggiuntivo, in ragione della loro potenzialità economica e finanziaria.
La Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con la sentenza n. 216/1/2017 depositata il 16 febbraio 2017, ha respinto il ricorso, compensando tra le Parti le spese di lite, motivando che il Legislatore può legittimamente introdurre specifiche tassazioni a carico di determinate categorie di contribuenti senza incorrere in una violazione del disposto costituzionale,
salvo che le misure adottate siano palesemente irrazionali o manifestamente sproporzionate; i principi costituzionali non impongono infatti un carico fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria, ma prescrivono il raccordo con la capacità contributiva dei diversi soggetti, nel presupposto di un sistema informato ad un criterio di progressività improntato a criteri di solidarietà sociale.
I Giudici di Primo grado non hanno ritenuto che · l’introduzione della norma contestata avesse dato luogo ad una differenziazione ingiustificata ed arbitraria, dal momento che l’inasprimento tributario è caratterizzato da profili di eccezionalità e di transitorietà e persegue dichiaratamente un intentosolidaristico e redistributivo, come risulta dagli atti del Governo che giustifica la norma con la necessità di reperire – in via straordinaria e temporanea – le somme necessarie per alleggerire gli oneri fiscali gravanti sulle fasce più deboli della popolazione mediante l’abolizione della seconda rata dell’IMU per le abitazioni principali e le fattispecie assimilate, attribuendone temporaneamente l’onere a soggetti ritenuti economicamente e finanziariamente più forti.
In merito al secondo motivo di ricorso, con cui la società lamentava che il comma 2 dell’art. 2 del decreto-legge n. 133 fosse costituzionalmente illegittimo per violazione del comma 2 dell’ art. 77 della Costituzione, per carenza dei requisiti di necessità e urgenza, il Collegio di prime cure, condividendo la posizione dell’Ufficio, ritenne che la scelta Governativa rispondesse di una precisa scelta di politica economica finalizzata a far fronte l’eccezionale emergenza sociale del momento.
La società interpone appello riproponendo sostanzialmente i motivi di ricorso originario:
1. incostituzionalità dell’art. 2, comma 2 del D.L. 133/2013 per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione sotto vari profili:
1- il principio di uguaglianza e di capacità contributiva non ammetterebbero deroghe e le disparità di trattamento non potrebbero essere giustificate dallanecessità del Governo di reperire risorse per attuare il proprio progrannna politico;
2- le imprese bancarie non sono enti economicamente più forti rispetto alle altre Imprese;
3- l’abolizione dell’IMU sulla prima casa non costituirebbe un vantaggio per i più deboli, ma per tutti i proprietari, per cui non attuerebbe alcuna finalità redistributiva della ricchezza;
4- l’addizionale IRES colpirebbe una ricchezza soltanto ipotetica, non essendo state svolte indagini empiriche volte a misurarla;
5- anche qualora le banche avessero manifestato una maggiore capacità contributiva l’imposta sarebbe ugualmente illegittima, in quanto incoerente con il presupposto d’imposta, in quanto colpirebbe tutto il reddito e non l’indice di ricchezza maggiore;
6- la transitorietà del prelievo non giustificherebbe l’illegittimità costituzionale della norma;
2. incostituzionalità dell’art. 2, comma 2 del D.L. 133/2013 per violazione dell’art. 77 della Costituzione, in assenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza:
1- non risponderebbe al vero che l’addizionale è stata introdotta per porre un parziale rimedio alla generale crisi economica;
2- la necessità di reperire risorse economiche per l’attuazione del progrannna politico del Governo non costituirebbe una situazione straordinaria idonea a legittimare il ricorso alla decretazione d’urgenza;
3- anche se l’addizionale fosse stata introdotta per porre rimedio alla generale cns1 economica, il decreto legge 133 sarebbe ugualmenteincostituzionale per violazione dell’art. 77 Cost. in quanto la crisi non rivestirebbe i caratteri della straordinarietà;
4- la ricorrenza dei requisiti di necessità e urgenza andrebbe esclusa in quanto l’abolizione dell’IMU è stata contestuale all’introduzione dell’Addizionale IRES;
5- i lavori parlamentari confermerebbero l’assunto relativo all’assenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza;
6- l’approvazione della legge di conversione non sanerebbe il vizio di cui sarebbe stato affetto il D.L. 133.
3. illegittimità della sentenza, per non aver i giudici di primo grado considerato rilevante, pur se ritenuta infondata/ la questione di costituzionalità, al fine della sospensione del giudizio e della rimessione al giudice costituzionale.
L’Agenzia delle Entrate nelle proprie controdeduzioni eccepisce che i motivi d’impugnazione vertono sull’asserita incostituzionalità della norma istitutiva dell’Addizionale REGIONALE IRES, con conseguente richiesta di dichiarare non manifestamente infondata la questione posta, con la richiesta di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale previa sospensione del giudizio.
L’art. 3 della Costituzione, al comma 2, prevede che “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese: il principio imprescindibile dell’uguaglianza di fronte alla legge va inteso in senso sostanziale e non formale.
In momenti di particolare congiuntura economica negativa, il Legislatore è chiamato a limitare, per quanto possibile, gli effetti negativi sulle fasce più deboli. Tra gli strumenti a disposizione il più utilizzato è sempre stato, storicamente, quello dell’aumento della pressione fiscale, in quanto consente immediate maggiori entrate, al fine di sopperire ad improcrastinabili esigenze di cassa e di provvedere alla re distribuzione della ricchezza a favore dei cittadini meno abbienti.
La scelta di quali soggetti debbano essere chiamati a contribuire in maniera più forte appartiene alla sfera politica, nel rispetto del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), garantendo anche principi della libera concorrenza e della libertà di iniziativa economica.
L’unico limite per il Legislatore è dato dalla non arbitrarietà nella scelta dei soggetti da incidere maggiormente e ragionevolezza nella misura dell’imposizione, che deve essere commisurata sulla base della tipologia di reddito e sulla base della tipologia di contribuente che va ad essere inciso.
Il Legislatore era legittimato ad utilizzare uno strumento eccezionale, peraltro operativo soltanto. una tantum per via di una particolare situazione di crisi economica, che è andata progressivamente peggiorando e che non ha colpito le banche in maniera superiore rispetto agli altri contribuenti.
Non si tratta di violazione del principio di uguaglianza, ma di attuazione di quello stesso principio, che va inteso come ragionevolezza a tutela di una giustizia sostanziale, da realizzare attraverso la solidarietà.
La società contribuente lamenta che il nuovo tributo istituito avrebbe dovuto colpire in egual misura tutti soggetti passivi IRES, a prescindere dall’esercizio di una diversa attività economica. In realtà l’individuazione dei soggetti passivi non è avvenuta in modo irrazionale o ingiustificato, ma, come si ricava dall’audizione del Ministro delle Finanze in Senato del 13/12/2013, è stata decisa sulla scorta della necessità – al fine di trovare la copertura finanziaria per l’abolizione della seconda rata dell’IMU dovuta nel 2013 sull’abitazione principale di “reperire risorse la cui entità non fosse soggetta a incertezza in un lasso di tempo estremamente breve”.
Le categorie individuate hanno come tratti distintivi in comune:
1) lo svolgimento di attività in settori sottoposti a stretta vigilanza pubblica;
2) la disponibilità di risorse finanziarie e di liquidità tali da permettere il pagamento dell’imposta entro i termini di legge con risorse proprie.
Tali peculiarità distinguono nettamente queste imprese dagli altri soggetti passivi IRES che non hanno penetranti controlli da parte delle Autorità e che non dispongono normalmente di liquidità tali da garantire con certezza il pagamento nei termini prescritti.
Secondo gli orientamenti costantemente seguiti dalla Corte Costituzionale/ non ogni modulazione della tipologia di contribuenti e del sistema impositivo per settori produttivi costituisce violazione del principio di capacità contributiva e del principio di eguaglianza/ ma solo se attuata in modo irragionevole e arbitrario.
Il Governo ha precisato di “aver ritenuto necessario intervenire con un decreto legge per ragioni di urgenza e per assicurare certezza sui tempi di applicazione di misure rilevanti per la manovra di politica economica” e che trattasi di interventi che seppur gravosi “riflettono la necessità di reperire risorse la cui entit non fosse soggetta a incertezza in un lasso di tempo estremamente breve”.
La situazione di emergenza economica e sociale posta a base del D.L. n 113 del 2013 consente di escludere che esso sia stato adottato in una situazione di evidente mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza. Le contestate disposizioni1 avendo introdotto l’addizionale in esame per reperire nuove entrate al fine di fronteggiare l’emergenza e re distribuire la pressione fiscale1 risultano coerenti con le finalità del provvedimento e con i presupposti costituzionali su cui esso si fonda.
L’Ufficio evidenzia come a tal fine come siano stati numerosi negli anni i casi di temporaneo inasprimento dell’imposizione/applicabile solo a determinati settori produttivi o a determinate tipologie di redditi e cespiti e come tali fattispecie non siano state ritenute illegittime dalla Corte proprio in forza della loro limitata durata.
La previsione di una imposta una tantum, a carico di categorie che ne garantissero l’effettivo e tempestivo assolvimento, al fine di permettere l’adozione di “uno strumento per sostenere le famiglie in questa difficile fase congiunturale”, risulterebbe quindi dunque congrua e ragionevoli.
PER QUESTI MOTIVI
Con il decreto-legge 30 novembre 2013 n. 133 il Governo ha introdotto una serie di disposizioni “concernenti IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia”, la cui attuazione ha comportato la necessità di reperire risorse finanziarie. Pertanto con il medesimo decreto ed in deroga al principio di irretroattività delle disposizioni impositive tributarie ha introdotto un’addizionale dell ‘8,5 per cento a carico delle imprese creditizie, finanziarie ed assicurative.
Il gettito derivante da tale addizionale è stato destinato al finanziamento della copertura dell’abolizione della seconda rata dell’IMU dovuta su una molteplicità di beni immobili. Dell’abolizione della seconda rata dell’IMU hanno beneficiato tutti i proprietari, a prescindere dal reddito, mentre le imprese colpite, nel periodo d’imposta 2013, non erano necessariamente soggetti economicamente più forti degli altri. Al riguardo non risulta siano state effettuate analisi, anche empiriche, per sostenere che queste imprese fossero effettivamente più forti.
La questione posta da questa controversia verte, in primo luogo, sulla necessità di stabilire se le norme costituzionali consentano al Governo di creare un “ammanco” di risorse finanziarie mediante l’abolizione di un prelievo impositivo precedentemente introdotto (IMU) e di fronteggiare tale ammanco di risorse chiamando a contribuire soltanto taluni contribuenti; in secondo luogo se l’art. 77 della Costituzione, che impone al Governo di adottare provvedimenti provvisori con forza di legge nel caso in cui sussista la necessità di fronteggiare con urgenza una situazione straordinaria, consenta di intervenire su “scoperture” non preesistenti ma create con il medesimo provvedimento.
Il Legislatore fiscale può attuare politiche solidaristiche e redistributivedella ricchezza, purché ciò avvenga nel rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza e capacità contributiva e cioè chiamando a contribuire “alle spese pubbliche”, in egual misura, “tutti” i contribuenti.
Il comma 2 dell’art. 2 del decreto-legge n. 133 istituisce, per il solo periodo d’imposta 2013, l’addizionale IRES dell’8,5 per cento a carico delle imprese creditizie, finanziarie ed assicurative; tali imprese, a parità di reddito complessivo con le altre imprese, furono pertanto sottoposte ad un prelievo impositivo più elevato, essendo obbligate a versare I’IRES con la maggiore aliquota del 36 per cento (aliquota ordinaria del 27,5 + addizionale dell’8,5 = 36), mentre le altre imprese, a parità di reddito complessivo, erano obbligate a versare I’IRES con l’aliquota del 27,5 per cento.
Va innanzi tutto rilevato che le norme che individuano il presupposto dell’IRES non danno alcun rilievo al settore in cui tale reddito è prodotto considerando il solo aspetto quantitativo: il comma1 dell’art. 75 stabilisce infatti che “l’imposta si applica sul reddito complessivo netto”, senza fare distinzioni fondate sul settore produttivo di appartenenza dell’impresa soggetto passivo IRES.
La Corte Costituzionale ha invece da sempre ritenuto che l’importo del prelievo tributario debba essere lo stesso a parità di presupposto impositivo, laddove ha espressamente statuito che a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi.
Il fatto che le imprese bancarie, assicurative e finanziarie operino “in settori sottoposti a stretta vigilanza pubblica” non significa necessariamente che si trovino in una situazione di fatto diversa rispetto alle altre imprese e non pare idoneo ad escludere una disparità di trattamento, non essendo un fatto economico sintomatico di una maggiore capacità di contribuire alle spese pubbliche.
Neppure il fatto che le imprese creditizie, finanziarie ed assicurative siano per legge sottoposte alla vigilanza di soggetti pubblici a causa della particolare attività da esse svolta non costituisce un indice di ricchezza e non manifesta una maggiore idoneità a contribuire alla spesa pubblica e non pare in grado di differenziare le imprese creditizie, finanziarie ed assicurative dagli altri soggetti passivi IRES dal punto vista della capacità contributiva.
Il gettito derivante dalla addizionale all’origine della controversia è stato destinato al finanziamento della copertura dell’abolizione della seconda rata dell’IMU dovuta su una molteplicità di beni immobili e di tale abolizione hanno beneficiato tutti i proprietari, a prescindere dal reddito, mentre le imprese colpite, nel periodo d’imposta 2013, non erano necessariamente soggetti economicamente più forti degli altri: all’addizionale non pare pertanto possa attribuirsi una finalità solidaristica e distributiva della ricchezza.
Anche il carattere “transitorio” del prelievo fiscale non pare idoneo a sanare la disparità di trattamento operata tra contribuenti che si trovano nella stessa situazione.
Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, relativo alla carenza dei requisiti di necessità ed urgenza, la Corte Costituzionale ha chiarito che ” i decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità”.
L’art. 77 della Costituzione stabilisce che l’adozione di decreti-legge da parte del Governo e la conseguente deroga alla normale ripartizione dei poteri tra gli organi dello Stato, è ammissibile unicamente “in casi straordinari di necessità ed urgenza” e cioè soltanto qualora sussista la necessità di provvedere con urgenza ad una situazione straordinaria sopravvenuta ed imprevedibile.
Questo strumento eccezionale deve pertanto essere utilizzato dal Governo soltanto quando esista una situazione di fatto straordinaria ed imprevedibile che richiede celeri risposte normative che quindi non possono essere fornite con la procedura legislativa ordinaria. Il D.L. n. 133 emerge ·Che l’addizionale è stata introdotta per reperire le risorse necessarie per abolire I’IMU.
La situazione che dovrebbe giustificare il ricorso alla decretazione d’urgenza non preesisteva al decreto legge n. 133: la situazione di fatto che ha determinato il Governo a ricorrere allo strumento del decreto-legge per l’introduzione dell’addizionale oggetto del presente giudizio e cioè la necessità di reperire in un breve lasso temporale le risorse necessarie per procedere alla
scelta politica di abolire I’IMU non pare, a questo Collegio, una situazione straordinaria idonea a legittimare l’esecutivo a ricorrere alla decretazione d’urgenza ai sensi dell’art. n della Costituzione, in quanto non preesisteva al decreto-legge n. 133 ma è stata creata dallo stesso Governo nel momento in cui ha deciso di procedere all’abolizione della seconda rata dell’IMU: la ricorrenza dei requisiti di necessità e urgenza andrebbe pertanto esclusa in quanto l’abolizione dell’IMU è stata contestuale all’introduzione dell’Addizionale IRES.
Questo Collegio
ritiene pertanto che sussistano fondati motivi per riesaminare la legittimità Costituzionale dell’art. 2 comma 2 del D.L.133/2013:
– sotto il profilo del rispetto del disposto degli artt. 3 e 53, (principii di uguaglianza e di capacità contributiva) poiché le imprese bancarie non sono necessariamente soggetti economicamente più forti rispetto alle altre imprese, e l’abolizione dell’IMU sulla prima casa, per tutti i proprietari, non pare idonea a realizzare una finalità redistributiva della ricchezza;
– sotto il profilo del rispetto del disposto dell’art. 77 della Costituzione, (presupposti per la decretazione d’urgenza) perché l’attuazione del programma politico del Governo non costituisce una situazione straordinaria idonea a legittimare il ricorso alla decretazione d’urgenza, e l’addizionale IRES oggetto della controversia è stata introdotta proprio per coprire le minori risorse disponibili a causa dell’abolizione contestuale dell’IMU.
ORDINANZA
La Commissione, vista la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 53,77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 del D.L. 133/2013.
Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; ordina alla Segreteria che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati.
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