Commissione Tributaria Regionale per il Veneto sezione 5 sentenza n. 1099 depositata il 13 novembre 2019
Presunzione di distribuzione di utili occulti
Solo i ricavi occulti, oppure i costi inesistenti generano un flusso monetario e pertanto la loro quantificazione può essere considerata una distribuzione di utili extrabilancio in capo ai soci.
FATTO E DIRITTO
L’Agenzia delle Entrate di Venezia notificava avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2011 a G. N., in qualità di socio della G. srl.
In sede di controllo l’Agenzia determinava in capo alla G. Srl maggiori redditi per i periodi d’imposta 2011, 2012 e 2013, e, trattandosi di una società a ristretta base sociale, al socio G. N., detentore di una quota di partecipazione del 90%, venivano attribuiti i redditi per le annualità predette, in proporzione alla partecipazione, rispettivamente di euro 463.752, e. 912.050 e. 387.189, a titolo di utili extrabilancio.
Avverso gli avvisi di accertamento veniva proposto ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, eccependo:
illegittimità dell’avviso di accertamento parziale ex art. 41 bis DPR 600/73;
violazione dell’obbligo di motivazione;
inapplicabilità della presunzione di distribuzione di utili;
inapplicabilità delle sanzioni.
La Commissione di prima istanza respingeva i ricorsi riuniti
La sentenza viene appellata da G. N. censurando la motivazione adottata dai primi giudici.
Deduce che la presunzione di distribuzione di utili occulti da parte di una società a ristretta base sociale costituisce una presunzione semplice che esige un’analisi concreta del singolo caso e la presunzione legale assunta nell’accertamento non è disciplinata da una legge.
Sostiene che il pvc della Guardia di Finanza redatto in capo alla G. Srl, non è stato allegato all’avviso di accertamento, e, conseguentemente non è stato posto nella condizione di conoscere i dati utilizzati per la determinazione dell’imponibile con conseguente violazione al diritto di difesa. Sostiene che la mancata allegazione di tutti i p.c.v. su cui si basa l’assunto accusatorio comporta l’illegittimità della pretesa tributaria. Cita a sostegno l’art. 7 della L. 212/2000 che ha lo scopo di rendere intellegibili, chiari e completi i provvedimenti dell’Amministrazione Finanziaria.
Deduce che essendo la G. società che fa parte di un gruppo commerciale ed economico, gli utili dovevano essere attribuiti in pari misura ai componenti di quel gruppo commerciale ed economico, cui sono inscindibilmente legati con la G. Srl, nonché all’altro socio della G. che riveste anche la carica di amministratore unico. Si considera un “prestanome” in quanto non si è mai occupato dell’azienda come collaboratore, ancorché fittizio, né come socio.
Sostiene che la ripresa fiscale di minori costi deducibili non crea una provvista finanziaria, contrariamente a quanto avviene per i ricavi non dichiarati. Precisa che la società ha sostenuto un costo non contestato nella sua esistenza ma solo nella deducibilità, per cui non si può sostenere la sua distribuzione poiché solo i maggiori ricavi si possono presumere distribuiti.
In ordine all’applicazione delle sanzioni, con riferimento al D.Lgs 472/1977 Sostiene che l’Ufficio, con specifico riferimento all’elemento della colpevolezza, non ha offerto alcuna considerazione ma si limitato a dichiarare gli articoli di legge.
Conclude chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, la nullità/illegittimità degli avvisi di accertamento e comunque dichiarare non applicabili le sanzioni irrogate, con rimborso delle somme versate nelle more del contenzioso. Il rimborso delle di giudizio secondo equità.
Presenta una memoria allegando la documentazione della banca da non risulta il mancato accredito delle somme ritenute percepite dalla G. Srl a titolo di utili extrabilancio.
Si costituisce in giudizio l’Agenzia delle Entrate deducendo che in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’accertamento in capo ad una società di capitali a ristretta base sociale, non è necessario fornire prove specifiche dell’attribuzione degli utili non contabilizzati ai soci, operando una presunzione relativa di ripartizione pro quota degli utili.
Conclude chiedendo la conferma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia.
L’Agenzia ha accertato in capo a G. N. utili extrabilancio derivanti dalla partecipazione con una quota del 90% nella G. Srl, società a ristretta base societaria, sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui i maggiori utili non dichiarati si ritengono distribuiti a ciascun socio in proporzione alla quota di partecipazione.
L’Ufficio Tributario ha ripreso a tassazione costi ritenuti non deducibili ritenendo che l’importo accertato sia stato distribuito al socio G. N.
Il collegio rileva che i costi che hanno dato luogo alla presunta distribuzione di utili non sono stati contestati nella loro esistenza ma solo nella deducibilità fiscale. Ciò significa che per il loro sostenimento sono state impiegate risorse finanziarie.
La determinazione di costi indeducibili comporta un accrescimento del reddito fiscale ma non crea una provvista finanziaria.
Solo i ricavi occulti, oppure i costi inesistenti generano un flusso monetario e pertanto la loro quantificazione può essere considerata una distribuzione di utili extrabilancio in capo ai soci.
Ma nel caso in discussione non è stata creata una provvista proprio perché la ripresa fiscale riguarda costi ritenuti indeducibili solo ai fini fiscali.
Pertanto non si può affermare che l’importo accertato sia stato distribuito ai soci proprio perché non è stata creata una creata una provvista di natura finanziaria da poter essere considerata oggetto di distribuzione di utili extrabilancio.
Per le ragioni suesposte l’appello va pertanto accolto e riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia.
I restanti motivi d’appello vengono assorbiti considerato che l’appellante risulta parte vittoriosa..
Le spese possono essere compensate in considerazione che ognuna delle due parti risulta soccombente in uno dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
In riforma dell’impugnata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, accoglie l’appello.
Spese compensate
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