Commissione Tributaria Regionale per la Calabria sez. 4 sentenza n. 4680 depositata il 31 dicembre 2018
MASSIMA
In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie si applica l’esimente di cui all’art. 6, D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, nel caso in cui il contribuente abbia denunciato per usura un terzo di cui sia stato succube, provata non solo dal PVC, ma anche dalle risultanze del procedimento penale.
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
T Srl – con ricorso del preposto depositato alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza,previa notifica all’Agenzia delle Entrate – si opponeva alla cartella di pagamento n. relativa ad lres, lrap ed lva anno d’imposta 2007, per sentire disposto l’annullamento dell’atto impugnato.
Parte ricorrente – nel ricorso introduttivo – eccepiva che l’operato dell’Ufficio non aveva tenuto conto dello status che ricopre la ricorrente quale moglie convivente del Sig. A A , vittima di usura ed estorsione già dall’inizio attività ovvero dal 2004 al 2008, specificando che come accertato dalla DIA di Catanzaro l’A ha figuratamente prodotto ed incassato fatture per lavori inesistenti in quanto costretto, intimidito e sequestrato fisicamente dagli usuraiper mascherare il rapporto di usura.
L’Agenzia delle Entrate , convenuta in giudizio,si costituiva e deduceva l’infondatezza del ricorso atteso che le argomentazioni di parte ricorrente non erano state dimostrate.
La Commissione Tributaria adita con sentenza n. 3417/03/15 del 12.06.2015 depositata il 17.06.2015, accoglieva il ricorso proposto ed annullava l’atto impugnato, con compensazione delle spese di giudizio, per quanto di seguito motivato.
In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, deve ritenersi applicabile l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nel caso in cui il contribuente abbia denunciato per usura un terzo, del quale,nel periodo sottoposto ad esame,sia stato succube (Cass. Civ., Sez.V,02/07/2008,n.18074).
Nella specie, ritiene la Commissione che sussistono tutte le condizioni per ritenere la ricorrenza di detta esimente.
La ricorrente, infatti, ha dimostrato attraverso la sentenza del G.U.P. presso ir Tribunale di Cosenza del 16/2/2012 e l’ordinanza di rinvio a giudizio del G.U.P.del Tribunale di Catanzaro del 20/10/2010 che la società Ti srl, di cui essa è legale rappresentante, era stata costituita dal marito A A , a sua volta titolare anche della impresa “A AD ‘, e che il marito, vittima di usura, era stato succube degli usurai che lo costringevano ad incassare fatture per lavori inesistenti per mascherare il rapporto di usura. Al riguardo, va altresì rilevato che nel processo tributario il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento anche sulle prove acquisite nel giudizio penale ed anche nel caso in cui questo sia stato definito con una pronuncia non avente efficacia di “giudicato apponibile” in sede giurisdizionale diversa da quella penale,purché proceda ad una propria ed autonoma valutazione, secondo le regole proprie della distribuzione dell’onere della prova nel giudizio tributario, degli elementi probatori acquisti nel processo penale, i quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva.
Alla stregua delle suesposte considerazioni,il ricorso può trovare accoglimento.
L’Agenzia delle Entrate avverso la suddetta sentenza proponeva appello, in data 9.2.2016 a questa Commissione,previa notifica del 15.1.2016 ( intervenuta sospensione feriale ) alla società T l Srl ed al suo difensore costituito (come da probatoria documentazione allegata ),per quanto di seguito compendiato.
1. La sentenza è viziata da violazione e falsa applicazione di norme di diritto .
l giudici di prime cure motivano la decisione riportandosi al disposto dell’art.6,comma 3,del D. Lgs. n. 472/1997 che disciplinano la non applicabilità delle sanzioni amministrative.
Però, innanzitutto va evidenziato a riguardo che, a voler dar credito a tale impostazione dei primi giudici, tutt’al più l’efficacia dell’ articolo citato poteva essere fatta valere alle esclusive sanzioni amministrative,cui fanno riferimento le norme in questione.
Ma la fattispecie è diversa, avendo il contribuente dedotto i costi relativi a tali fatture – la cui inesistenza lui stesso ammette e non contesta -ha ridotto il proprio debito di imposta.
Ne consegue che non ricorrono i presupposti per applicare, alla fattispecie in esame, la normativa di cui all’art. 8 comma 3 D.L. 16/2012.
Riguardo al rilievo concernente i ricavi non contabilizzati si evidenzia che i verbalizzanti hanno proceduto al controllo incrociato delle fatture emesse, del registro IVA vendite e del conto “ricavi delle vendite”. Da tale controllo è emerso che sono stati contabilizzati ricavi per Euro 395.477,25.
Dall’esame dei dati in possesso dell’ufficio ed in particolare dagli elenchi in cui la Tl SRL è risultata fornitrice di servizi e prestazioni di lavoro è emerso che la stessa ha realizzalo ulteriori ricavi, non contabilizzati, per Euro 126.632,00. Non avendo la società presentato alcuna dichiarazione dei redditi, l’Ufficio ha correttamente contestato alla società in argomento, maggiori ricavi per Euro 522.110,00.
Preme sottolineare che su tali rilievi la parte nulla ha argomentato ne provato, soffermandosi nell’atto introduttivo del giudizio, ad evidenziare esclusivamente la condizione di vittima dell’usura.
2. Riguardo alla rilevanza del giudicato penale in sede tributaria si evidenzia quanto segue.
Con sentenza n. 2499 del 9 gennaio 2006, depositata il 6 febbraio 2006, la Corte di Cassazione ha affermato che ” il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza irrevocabile d i condanna o di assoluzione dell’ imputato in materia di reati tributari, estendendo automaticamente gli effetti della stessa, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (articolo 116 del c.p.c), deve in ogni caso verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui il compendio probatorio è destinato a operare” .
Il Collegio aderisce, infatti, a un orientamento ormai costante (Cassazione, sentenze n.8102/2003, n. 9109/2002, 12577/2000) volto a negare l’efficacia automatica di una sentenza penale nel giudizio tributario.
Il giudice tributario deve procederead un’autonoma valutazione,secondo le regole proprie della distribuzione dell’onere della prova nel giudizio tributario, degli elementi probatori acquisiti nel processo penale, anche qualora ritenga di fondare il proprio convincimento su tali elementi (Cass.n. 17037/2002;n.9109/2002)”.
Nella sentenza n.12436 dell’8 giugno 2011 la Suprema Corte ha ribadito il concetto affermando che “nel processo tributario non scattano automatismi dal giudicato penale: il principio si applica anche se i fatti accertati nella sentenza definitiva sono gli stessi per i quali l’ufficio ha sindacato l’operato del contribuente”.
Il giudicato penale non costituisce un precedente vincolante, bensì un elemento suscettibile di valutazione da; parte del giudice,che è tenuto,in ogni caso,a fornire un’adeguata motivazione sul materiale probatorio considerato e posto a fondamento della relativa decisione, [anche se in presenza di sentenze definitive in materia di reati tributari.
Del resto, l’attuale D.Lgs 74/2000 punta alla sanzione di comportamenti inequivocabilmente dolosi e in grado di arrecare grave pregiudizio all’erario; il che giustifica anche la diversa efficacia dimostrativa attribuita dal giudice penale al dato presuntivo.
In ambito penale, infatti, per accertare la colpevolezza dell’agente, occorre che la prova presuntiva sia connotata dalla caratteristica di “qualificata”, dovendosi fondare su una pluralità di indizi contrassegnati dai requisiti della gravità, della precisione e della concordanza (si veda l’articolo 192 c.p.p); in ambito fiscale, invece, è sufficiente che la pretesa erariale si fondi su presunzioni legali, quasi sempre semplicissime, basate su un unico fatto;o elemento indiziante. Pertanto, le affermazioni del ricorrente, fatte proprie dai primi giudici, relative alla soggezione ad usura del contribuente odierno appellato, non possono giustificare la riduzione del caricò fiscale accertato dall’Ufficio.
Risponde, infatti, al principio della capacità contributiva il recupero dei costi relativi a fatture per operazioni inesistenti.
3. Si chiede la riunione dei procedimenti relativi alla società riguardanti i diversi anni d’imposta per evidente connessione oggettiva e soggettiva: R.G.R. 1981/11 Sentenza n.
3416/03/2015 T SRL anno d’imposta 2006; R.G.R. 1980/11 Sentenza n.
3415/03/2015 T SRL anno d’imposta 2005; R.G.R. 4247/11 Sentenza n.
3417/03/2015 T, SRL anno d’imposta 2007.
Concludeva chiedendo la nullità della sentenza impugnata ed in subordine la sua riforma, con la conferma della validità dell’operato dell’Amministrazione. Con condanna della controparte al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
La T l Srl, convenuta in giudizio, non si è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è parzialmente fondato.
? La sentenza appellata si fonda essenzialmente sulla ricorrenza dell’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in tema di sanzioni, avendo il contribuente denunciato per usura un terzo, del quale, nel periodo sottoposto ad esame, è rimasto succube.
In tal senso la sentenza è da ritenersi motivata e condivisibile, quindi, sotto tale profilo da confermare.
? Detta sentenza va invece riformata, laddove i primi giudici hanno accolto per intero il ricorso introduttivo annullando l’intero accertamento, estendendo, di fatto ed erroneamente la richiamata normativa sanzionatoria e senza alcun altro richiamo di legge, anche al puro gravame tributario, per avere la ricorrente dimostrato – attraverso la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Cosenza del 16/2/2012 e l’ordinanza di rinvio a giudizio del G.U.P. del Tribunale di Catanzaro del 20/10/2010 – che la società T l Srl, di cui essa è legale rappresentante, era stata costituita dal marito A A ‘, a sua volta titolare anche della impresa “A A D “,e che il marito, vittima di usura,era stato succube degli usurai che lo costringevano ad incassare fatture per lavori inesistenti per mascherare il rapporto di usura.
? Orbene,tanto premesso, va rilevato che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, deve ritenersi applicabile l’esimente di cui all’art. 6, comma, D.Lgs n.472 del 18 dicembre 1997, nel caso in cui il contribuente abbia denunciato per usura un terzo del quale, nel periodo sottoposto ad esame, sia stato succube al punto di concedergli una procura generale e subirne una ingerenza determinante, provata non solo dal processo verbale di constatazione redatto dalla polizia tributaria, ma anche dalle risultanze del procedimento penale.
In tal senso si è pronunciata la Cassazione Civile,Sez. Tributaria, 2 luglio 2008 n.18074.
la fattispecie in esame,alla luce della documentazione depositata agli atti di causa, è riconducibile al caso di cui alla richiamata superiore sentenza, fatta propria dalla CTP di Cosenza nella parte motivazionale della stesura della pronuncia appellata n.3417/2015, da ritenersi condivisibile, quindi, sotto tale profilo da confermare con il conseguente rigetto dell’appello limitatamente a detto punto.
? Invece la sentenza appellata va riformata,nella parte in cui i primi giudici hanno accolto il ricorso introduttivo (per intero ) ed annullato l’accertamento ( per intero ), estendendo di fatto ed erroneamente la richiamata normativa anche al puro gravame tributario, secondo le motivazioni nel dettaglio prima specificate.
? lnvero,la legge n. 44/1999 ( in parte riformata con la n.3 del 2012 ) recante,. Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura ,. ha introdotto diverse statuizioni per avvantaggiare i soggetti danneggiati da attività usuraie o estorsive.
Tra dette statuizioni, al comma 2, assume rilievo – nel caso de quo – quella che prevede la proroga per tre anni dei termini dalle rispettive scadenze degli adempimenti fiscali (obblighi di versamenti di somme e quelli di natura formale tra i quali rientra la presentazione della dichiarazione dei redditi, ad eccezione delle manifestazioni di volontà di natura facoltativa, quali opzioni,adesioni, definizioni agevolate e ditutte le altre attività imposte dalla normativa fiscale, es. tenuta contabilità).
Ai fini dell’ottenimento del beneficio sospensivo è necessario in primo luogo che il termine (da prorogare) ricada entro un anno dall’evento lesivo e che il soggetto beneficiario abbia presentato la domanda di elargizione nei modi indicati dall’art. 13 della legge.
la data di decorrenza di detto termine annuale deve individuarsi in quella della denuncia/querela, a mente della condivisibile pronuncia , in merito, della CTR di Genova n.32/08/2013 la sospensione dei termini, a mente del comma 7 dell’art.20 della predetta legge n.44/99 – ratione temporis, ha effetto a seguito del parere favorevole del prefetto competente per territorio,sentito il presidente del tribunale.
l’attuale formulazione dell’art. 20, a seguito della legge n.3/2012, ha subito una radicale riforma: la competenza a emettere il provvedimento di sospensione è stata trasferita dal Prefetto al Procuratore della Repubblica competente per le indagini in ordine ai delitti che hanno causato l’evento lesivo, unico titolato, a prescindere dal parere del primo, a decretare se sussistano o meno ipresupposti della sospensione.
Sul piano pratico, chi ha subito il reato di usura, depositata la querela, deve predisporre successivamente un’istanza al Prefetto competente per territorio, il quale indicherà le procedure esecutive della parte offesa. Il relativo elenco, senza indugio, è trasmesso successivamente al Pubblico Ministero, affinchè questi provveda sulla sospensione.
Se, successivamente alla scadenza della proroga, il contribuente non adempie l’obbligazione tributaria, l’Ufficio procederà con le attività proprie di riscossione (es. iscrizione a ruolo, affidamento del carico, revoca sospensioni).
? Orbene,tanto premesso e precisato in ordine alle condizioni che devono verificarsi ed ali prescrizioni ed all’iter procedurale di legge che devono essere osservati dal contribuente vittima di usura, per poter egli usufruire della sospensione e proroga dei termini relativi adempimenti fiscali per l’anno di imposta accertato ( 2007 ) , ai sensi dei commi 2 e 7 della Legge n.44/99 , sa subito rilevato che agli atti della causa non esiste una denuncia-querela della parte offesa nè la data della sua presentazione, onde poter stabilire la decorrenza dell’anno entro cui va a ricadere l’evento lesivo in capo al coniuge della ricorrente nella sua qualità di rappresentante legale della T 11 Srl,nonché socio di quest’ultima. Risultano depositate agli atti della causa la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Cosenza del 16/2/2012 e l’ordinanza di rinvio a giudizio del G.U.P. del Tribunale degli estortoti, con indicazione del Sig. A A quale persona offesa, documentazione non idonea allo scopo per quanto in merito richiesto dalla legge e prima specificato.
Risulta depositata al proprio fascicolo di causa, nel primo grado di giudizio copia dell’istanza del Sig. A A di accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura in qualità di vittima del delitto di estorsione, presentata alla prefettura di Cosenza giusto protocollo di acquisizione n. 1341 de 15 luglio 2009, ma non risulta parimenti unito alcun decreto prefettizio o provvedimento equivalente, ex art. 20, co.7 Legge 44/99 ratione temporis, a cui raccordare la decorrenza del termine triennale di sospensione /proroga e #ar spiegare gli effetti dell’efficacia dello stesso,in ossequio al disposto delcomma 2 dell’art.20 della richiamata normativa.
Né risulta depositato provvedimento successivo alcuno del Procuratore della Repubblica o del Pubblico Ministero, in vigenza della Legge n.3/2012 , in merito alla novella del richiamato comma 7.
In assenza di tale indefettibile documentazione, alcuna sospensione o proroga def adempimenti fiscali – dichiarazione dei redditi e pagamento delle relative imposte – può essere riconosciuta .
Va rilevato , comunque, che successivamente alla scadenza della proroga concessa ( questo per quanto detto non è il caso ) il contribuente, in ogni caso,deve adempiere alle obbligazioni tributarie sospese e che se a ciò non provvede, l’Ufficio procederà con le attività proprie di accertamento e di riscossione (es. iscrizione a ruolo, affidamento del carico, revoca sospensioni).
? Questo giudice,per quanto sin qui rappresentato e motivato,evidenzia che nella fattispecie oggetto dell’odierno giudizio, non ricorrendo i presupposti ed i requisiti oggettivi – formali e documentali di legge- invocati dalla ricorrente quale socia rappresentante legale della Tl srl e quale coniuge dell’altro socio A A dichiaratosi vittima del delitto di estorsione e di usura, pur in presenza del possibile requisito soggettivo in capo allo stesso, legittima deve considerarsi la pretesa tributaria dell’Agenzia,con esclusione delle sole sanzioni per quanto motivato al primo capoverso della presente parte motiva, incorporata nell’accertamento opposto, atteso che la stessa era pur sempre dovuta anche in presenza di proroga in quanto eventualmente solo differita a seguita di eventuale sospensione.
l giudici di prime sentenza appellata,tra l’altro senza alcuna motivazione ed in base ad un richiamo, nella specie inconferente, della Legge 472/97, avevano impropriamente ed erroneamente invece annullato l’intero atto impositivo.
Tanto conduce all’accoglimento dell’appello sul punto.
? Il Collegio rileva che la richiesta dell’appellante di riunione dei ricorsi – R.G.R. 1981/1 Sentenza n. 3416/03/2015, R.G.R. 1980/11 Sentenza n. 3415/03/2015 e R.G.R. 4247/11 Sentenza n.3417/03/2015 – non può trovare accoglimento in quanto andrebbe a ritardare e rendere più gravosa la loro trattazione,
La Commissione accoglie parzialmente l’appello e riforma la sentenza impugnata limitatamente alla sola pretesa tributaria per il corrispondente valore nominale incorporato nell’atto di accertamento. Conferma nel resto la sentenza della CTP di Cosenza n.3417/03/15, per quanto riguarda l’esclusione del gravame sanzionatorio.
L’accoglimento parziale dell’appello giustifica la compensazione delle spese del presente e del precedente grado di giudizio.
P.Q.M
La Commissione accoglie parzialmente l’appello e riforma la sentenza impugnata limitatamente alla sola pretesa tributaria per il corrispondente valore nominale incorporato nell’atto di accertamento. Conferma nel resto la sentenza della CTP di Cosenza n.3417/03/15, per quanto riguarda l’esclusione del gravame sanzionatorio.
Cosi deciso in Catanzaro, il 20.09.2018
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 novembre 2019, n. 29849 - In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13004 depositata il 26 aprile 2022 - In materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio della responsabilità personale dell'autore della violazione stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 luglio 2020, n. 16236 - In tema di sanzioni amministrative tributarie, l'esimente di cui all'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22302 depositata il 15 luglio 2022 - In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 33097 depositata il 9 novembre 2022 - In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la disposizione contenuta nel comma quarto dell'art. 7 del d. lgs 18 dicembre 1997, n. 472 - che consente di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 novembre 2020, n. 26322 - In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'art. 12, comma secondo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il quale prevede la sospensione della licenza o…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…