Commissione Tributaria Regionale per la Calabria, sezione 2, sentenza 770 depositata il 3 marzo 2020
contraddittorio endoprocedimentale – emissione prima dei 60 giorni – tributi armonizzati
Svolgimento del processo
Lo svolgimento del processo di primo grado è così esposto nella sentenza impugnata, n. 657/2018, emessa in data 11.12.2017 e depositata il 20.2.2018 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro: “l’Oggetto dell’odierna controversia è l’avviso di accertamento n. xxxxxxxxxxxxx/2016, notificato dall’Agenzia delle Entrate ad A. S.R.L.
1.1 L’atto impositivo riguarda, in primo luogo, le spese di pubblicità e promozione e le spese di sponsorizzazione dichiarate dalla società contribuente con riferimento all’anno 2011.
La citata società, infatti, con riguardo a tali voci ha iscritto in contabilità costi per un importo complessivo di euro 517.525,78.
L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, dopo aver inviato un questionario alla contribuente e averne ricevuto le risposte, ha emanato l’avviso di accertamento già citato, con il quale ha ritenuto che, tenuto conto dell’utile civilistico di esercizio (pari ad euro 344.520,00), i costi di cui si controverte sarebbero incongrui, confliggendo con il principio di ragionevolezza. Per tale motivo, atteso anche che A. S.r.l. non aveva dimostrato la tracciabilità dei pagamenti richiesta dalla L. 13.5.1999 n. 133, e ritenuto ulteriormente che non risultasse il beneficio economico derivante dall’investimento in sponsorizzazioni, l’amministrazione finanziaria ha riqualificato i costi controversi come spese di rappresentanza, deducibili fino alla concorrenza di euro 196.811,64.
1.2 Con il medesimo avviso di accertamento, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che potesse essere applicata l’aliquota agevolata di Iva sulla vendita di un’autovettura a tale T.P., il quale non avrebbe avuto diritto a tale beneficio. Per tale ragione, è stato ritenuto che sull’operazione, il cui imponibile è ammontato a euro 18.172,95, dovesse essere recuperata l’imposta calcolata nella maggiore aliquota del 21%.
2 In conclusione, l’amministrazione finanziaria ha recuperato a tassazione euro 320.714,00, liquidando le maggiori somme dovute dalla società contribuente a titolo di IRES (euro 88.196,00), IRAP (euro 15.940,00) e IVA (euro 104.227,00). Ha infine irrogato le sanzioni previste dalla legge nella misura di euro 140.706,00.
3 A. S.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento, deducendone la nullità.
3.1 A sostegno del proprio ricorso ha articolato sei motivi:
I) L’Agenzia delle Entrate avrebbe omesso di redigere il processo verbale di conclusione delle operazioni richiesto dall’ art. 24 L. 7 gennaio 1929 n. 4.
II) L’ Agenzia delle Entrate, nel riprendere a tassazione i costi documentati per pubblicità, promozione e sponsorizzazione, ritenuti incongrui e antieconomici, avrebbe esercitato un sindacato sulle scelte imprenditoriali che nessuna norma attribuisce ad essa.
III) L’amministrazione finanziaria avrebbe errato ad applicare l’art. 109 del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 e avrebbe dato un’arbitraria interpretazione del principio di inerenza; in particolare, l’amministrazione avrebbe escluso l’ inerenza dei costi su base meramente quantitativa, mentre l’ inerenza deve essere valutata in ragione della correlazione tra costi e attività imprenditoriale svolta; l’Agenzia delle Entrate, allora, avrebbe dovuto valorizzare le spiegazioni fomite dalla società contribuente in sede di accertamento con adesione.
IV) In ogni caso, l’amministrazione non avrebbe potuto rideterminare ai fini IVA il valore dei servizi delle prestazioni acquistate.
V) L’applicazione dell’aliquota agevolata sulla vendita di un’autovettura a T.P. sarebbe stata autorizzata dalla Direzione Provinciale di Catanzaro.
VI) In ogni caso, non sarebbero applicabili le sanzioni amministrative pecuniarie, non essendo presidiata la condotta della società contribuente dal requisito soggettivo della colpevolezza.
3.2 L’Agenzia delle Entrate ha resistito al ricorso.
3.3 Con memoria depositata in data 20 giugno 2017, parte ricorrente ha ulteriormente dedotto che il funzionario che ha sottoscritto l’avviso di accertamento non sarebbe dotato dei necessari poteri rappresentativi.
3.4 Il ricorso è stato discusso nel merito all’udienza pubblica del 11 dicembre 2017. Con la sentenza sopraindicata, la Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando la nullità dell’avviso di accertamento nella parte in cui con esso erano recuperati a tassazione i costi sostenuti dalla società per pubblicità, propaganda e sponsorizzazione. Rilevava il collegio che l’Agenzia non aveva contestato l’importo dei costi, ma li aveva qualificati come spese di rappresentanza deducibili nei limiti della normativa in materia.
E tuttavia, l’ art. 90 comma 8 della L. 27.12.2002 n. 289, prevedeva una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria delle spese di sponsorizzazione di associazioni sportive dilettantistiche, sino alla concorrenza della somma di euro 200.000. Pertanto, il provvedimento dell’Agenzia era contrario alla previsione normativa quanto meno per le somme fino alla concorrenza di euro 200.000, mentre per la parte eccedente doveva ritenersi provato che le somme stesse fossero riconducibili a un’aspettativa di ritorno commerciale. Peraltro, l’Agenzia aveva disconosciuto l’inerenza delle spese sulla base di un mero criterio quantitativo, ritenendo l’investimento antieconomico: evidenziava che se il criterio della antieconomicità poteva essere valorizzato per escludere che la stessa fosse stata effettivamente sopportata, nel caso in esame non era in discussione che il costo fosse stato effettivamente sostenuto, sicché non era consentito escludere la loro deducibilità in ragione del loro mero ammontare. Quanto invece al recupero dell’Iva versata per la vendita di un’autovettura a tale T.P., non era contestato che questi non avesse diritto all’applicazione dell’aliquota agevolata; nè corrispondeva al vero il fatto che vi fosse un’autorizzazione da parte dell’ufficio finanziario.
Tuttavia, le sanzioni andavano escluse poiché l’agenzia in una serie di mail aveva fornito informazioni errate. All’annullamento, conseguiva l’obbligo per l’Agenzia di rideterminare le magg1on imposte dovute. Compensava le spese del giudizio. Con ricorso, notificato il 22 dicembre 2017, la società A. s.r.l. Proponeva impugnazione avverso la predetta sentenza. Con il primo motivo, sosteneva che l’intero atto di accertamento erano non per difetto di contraddittorio endoprocedimentale.
Con il secondo motivo, ribadiva che l’agenzia non poteva sindacare la antieconomicità della spesa per pubblicità e sponsorizzazioni. Ribadiva al riguardo tutto quanto esposto in primo grado. Chiedeva, quindi, la sospensione dell’atto impugnato. Si costituiva l’Agenzia delle entrate restando l’impugnazione e chiedendone il rigetto. Sosteneva che nel caso in esame non era applicabile l’articolo 12 del L. 212/2000. All’udienza pubblica del 12.6.2018, le parti si riportavano ai propri atti e la causa era riservata per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello è fondato. Va evidenziato che la commissione di primo grado ha accolto il ricorso annullando l’accertamento con riferimento alla riduzione dei costi sostenuti per la pubblicità e non contestati dall’agenzia che tuttavia l’aveva in perte qualificati quali costi di rappresentanza, deducendoli nei limiti di legge. Il contribuente ha chiesto l’annullamento dell’intero accertamento poiché, riguardando anche tributi armonizzati, non è stato attivato il contraddittorio endoprocedimentale.
La censura è fondata. L’art. 12 della L. 212/2000 prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazione richieste che sono valutate dagli uffici impositore. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi particolari motivata urgenza”. La questione che si pose era quella di comprendere se l’obbligo del contraddittorio preventivo vige solo in materia di accertamenti eseguiti tramite accesso presso la sede del contribuente (quindi tramite “verifica”) o anche in tema di indagine a tavolino. Inizialmente, con la sentenza n. 18184/2013 le SSUU avevano stabilito che l’inosservanza del termine della torre di 60 giorni determinava l’illegittimità dell’atto impositivo ma solo nel caso in cui il contribuente avesse subito un accertamento conseguente ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale.
Successivamente, con sentenza 19667/2014 le medesime SSUU hanno stabilito il dovere generale dell’amministrazione finanziaria di attivare sempre il contraddittorio preventivo rispetto all’adozione di un provvedimento che possa incidere negativamente sui diritti sull’interesse del contribuente.
Ancora, con sentenza 2483/2015 la Suprema Corte ha rivisto tale orientamento precisando che il principio vale soltanto per i tributi armonizzati.
Nel caso in esame, trattandosi anche di “tributi armonizzati”, in particolare Iva, anche seguendo tale più restrittivo orientamento, avrebbe dovuto essere attivato il contraddittorio con la società. Consegue che, non avendo l’Ufficio Finanziario ottemperato a tale obbligo l’accertamento è da dichiararsi interamente nullo.
Va pertanto riformata la sentenza di primo grado, con l’annullamento dell’intero accertamento.
L’oscillazione giurisprudenziale sul punto rende equa la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale della Calabria, sez. II, definitivamente decidendo sull’appello proposto da Soc. A.. SRL, con atto notificato il 22.12.2017, nei confronti della Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Cosenza, avverso la sentenza resa in causa tra le stesse parti dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro in data 7.11.2016, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
1) accoglie il ricorso del contribuente, e per l’effetto annulla l’ atto impugnato;
2) compensa le spese del doppio grado del giudizio.
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