COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Campania sentenza n. 3273 sez. 28 depositata il 11 aprile 2019
Studi di settore – Mancato seguito del contribuente all’invito al contraddittorio – Legittimità avviso di accertamento
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Caserta, ha proposto appello, notificato al difensore del contribuente il 23.3.2018 e depositato presso la Commissione Regionale il 27.3.2018, avverso la sentenza n. 5866.17 pronunciata il 19 giugno 2017 e depositata il 13.10.2017 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta.
L’adita Commissione, con l’impugnata sentenza, accoglieva il ricorso posposto da P.T. SRL, esercente l’attività di trasporti su strada di persone e merci, avverso l’avviso di accertamento meglio indicato in epigrafe per l’anno di imposta 2013.
L’Agenzia emetteva l’avviso predetto rilevando una forte incongruenza tra i ricavi dichiarati (pari a euro 296.572,009 e quelli accertati con l’applicazione degli studi di settore (euro 384.744,00) che conducevano ad una differenza di ricavi ai fini IIDD e IRAP nonché ad un maggior volume di affari pari a 88.202,00.
Tale differenza scaturiva dall’applicazione del sistema GERICO e trovava conferma per le circostanze che:
a – i ricavi dichiarati nel periodo di imposta antecedenti risultavano incongrui, in quanto nel 2011 la dichiarazione era omessa e nel 2012 i ricavi ammontavano a 435 mila euro circa a fronte di euro 481 mila circa a seguito dell’applicazione dello studio di settore; l’esistenza di questo scostamento anche nel 2012 confermava che non fosse l’annualità 2013 caratterizzata da peculiarità tali da giustificare il predetto scostamento;
b – risultava inoltre antieconomica l’attività come emergente da quanto dichiarato dalla contribuente, in quanto a fronte dei ricavi dichiarati nel 2012 il reddito dichiarato era pari 12 mila euro circa, nel 2013 a 7.000 euro, nel 2014, a fronte di ricavi dichiarati per 348 mila euro circa il reddito dichiarato era pari a 3500 euro circa. La natura antieconomica dell’attività veniva ritenuto conseguente al sottodimensionamento dei ricavi;
c – nel periodo 2013 la società era proprietaria di quattro trattori stradali e cinque rimorchi e risultava avere stipulato contratti di assicurazione.
L’insieme di tali elementi induceva l’amministrazione finanziaria a emettere l’avviso, a seguito della mancata comparizione del contribuente che, regolarmente convocato e dopo aver chiesto un differimento dell’incontro, non si presentava.
Il contribuente, però, proponeva ricorso, nella sostanza contestando il ragionamento induttivo posto in essere dall’Amministrazione, rilevando come per gli anni 2014 e 2015 i ricavi risultassero superiori, contestando il principio della antieconomicità della gestione e deducendo – con l’allegazione di un articolo di un quotidiano – la crisi del settore, rappresentando come delle tre polizze assicurative indicate nell’avviso avesse avuto inizio da giugno 2013 a riprova della sottoutilizzazione dei mezzi.
Il giudice di prime cure, con l’impugnata sentenza, accoglieva il ricorso ritenendo che lo scostamento accertato non determinasse la certezza del reddito presuntivamente determinato, in assenza di ulteriori elementi caratterizzati da gravità, precisione e concordanza.
Con l’appello l’Agenzia ribadisce che:
a – Nel caso di specie a fronte di ricavi dichiarati per € 296.572 gli studi di settore presentavano un ricavo stimato di € 384.774 con una differenza di € 88.202;
b – La procedura di accertamento tributario standardizzato, mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore, costituisce un sistema unitario, che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al DPR n. 600 del 1973, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello standard, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata. Tale procedura di accertamento costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente;
c – l’Ufficio ha attivato il contraddittorio (circostanza non negata dalla controparte e di cui si fornisce prova in questa sede) e la parte non ha prodotto né documentazione né giustificazione volta a dimostrare che la presunzione dello studio di settore fosse errata;
d – nel caso di cui ci si occupa l’Ufficio ha proceduto ad un’analisi specifica della posizione fiscale della società evidenziando dati (incongruenza dei ricavi reiterata nel tempo, incongruenza della redditività reiterata nel tempo, costi del personale, possesso dei automezzi, omissione di dichiarazioni) che giustificavano l’accertamento sulla base degli studi di settore.
L’appellante Agenzia chiedeva l’accoglimento del gravame con vittoria di spese.
Il contribuente si costituiva chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 27 settembre 2017 la Commissione, letti gli atti depositati ed ascoltato il rappresentante dell’Agenzia, non comparendo quello del contribuente, si è riunita in camera di consiglio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va da subito sgombrato il campo dall’eccezione di inammissibilità formulata dall’appellato contribuente, in quanto l’atto di gravame appare assolutamente conferente alla sentenza, nei cui confronti della quale formula censure specifiche e motivate. Pertanto l’eccezione preliminare va rigettata.
Ritiene il collegio, venendo la merito, che la sentenza appellata debba essere integralmente riformata, perché non ha fatto buon governo dei principi in tema di riparto dell’onere della prova.
Va premesso che con un recentissimo arresto la Suprema Corte ha ribadito alcuni principi in ordine all’accertamento del reddito a mezzo degli studi di settore che val bene qui richiamare (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 769 del 2019).
I giudici di legittimità hanno affermato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
D’altro canto l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte; 1.4. in tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (cfr. Cass., Sez. U, n. 26635/2009).
Or bene non vi è dubbio che nel caso in esame l’applicazione degli studi di settore sia stata corretta, che l’esito sia stato suffragato da elementi di riscontro quali l’antieconomicità della gestione, la sproporzione fra reddito dichiarato e ricavi, senza contare che il provocato contraddittorio in fase pregiudiziale ha visto assente il contribuente, pur ritualmente avvisato, né documentazione alcuna a sostegno della tesi dell’attuale appellato è stata fornita nel corso dell’intero giudizio, se non un generico, e neanche pertinente al settore di interesse, articolo pubblicato su un quotidiano generalista.
Pertanto il ragionamento pluri-indiziario non è stato smentito da risultanze di segno avverso, cosicché resta ferma l’intrinseca logicità dell’accertamento dell’Amministrazione, di tal che la sentenza impugnata va pertanto riformata.
Le spese possono essere compensate, sussistendo eccezionali ragioni collegate alle diverse interpretazioni che nel merito vengono fornite al riparto dell’onere della prova in caso di determinazione del reddito a mezzo studi di settore.
P.Q.M.
Accoglie l’appello. Spese compensate.
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