Commissione Tributaria Regionale per la Campania sez. 2 sentenza n. 22 depositata il 4 gennaio 2022
In tema di onere probatorio, ove l’Amministrazione dimostri che il contribuente era a conoscenza della sostanziale inesistenza del contraente, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, al fine di non essere coinvolto in una operazione volta ad evadere l’imposta (Cass. 22.12.2021 n. 1278; Cass 27.04.2020 n. 8171)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate di Salerno emetteva nei confronti della G. S. C. s.r.l., esercente l’attività di officina meccanica, carrozzeria, elettrauto e gommista, l’avviso di accertamento n. TF9031104251/2019 con il quale, relativamente all’anno di imposta 2014, venivano recuperati a tassazione costi ritenuti inesistenti per acquisti pari ad euro 153.479,08 ed Iva per euro 33.765,42, documentati da fatture, relative ad operazioni inesistenti emesse dalla ditta individuale L. P.
L’accertamento scaturiva dalla segnalazione trasmessa dall’Agenzia delle Entrate di Matera, relativa agli esiti dell’attività di controllo effettuata nei confronti della ditta L. P.
Avverso l’atto la G. S. C. s.r.l. proponeva ricorso chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi: illegittimità per assoluta carenza di elementi probatori; manifesta erroneità – impiego della merce acquistata nel ciclo produttivo; buona fede – omessa valutazione; difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
L’Agenzia si costituiva in giudizio rivendicando la legittimità del proprio operato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 2219 del 4.11.2019, depositata il 25.11.2020 la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno ha rigettato il ricorso. I giudici di primo grado hanno ritenuto che l’assoluta assenza di capacità di effettuare operazioni economiche da parte della ditta fornitrice rivelatesi inesistente determina la circostanza che le prestazioni oggetto dell’accertamento siano da inquadrarsi quali operazioni soggettivamente inesistenti.
Avverso la citata sentenza la società ha proposto appello affidato ai seguenti motivi: nullità della sentenza per violazione dell’art. 27 D.L. n. 137/2020, per manifesta lesione del diritto di difesa e violazione del contraddittorio; manifesta erroneità della decisione gravata – assoluta insussistenza di elementi probatori – carenza di elementi oggettivi; omessa pronuncia- impiego della merce acquistata nel ciclo produttivo; buona fede omessa valutazione; erroneità della sentenza per assoluto difetto di motivazione. Ha concluso chiedendo, in via preliminare, la rimessione della causa in primo grado ai sensi dell’art. 59 del D.lgs. 546 del 1992, in subordine l’annullamento dell’atto impugnato, con vittoria delle spese di lite.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio ribadendo la legittimità dell’avviso di accertamento, eccependo l’infondatezza e la pretestuosità delle censure mosse dall’appellante avverso la sentenza impugnata, concludendo per il rigetto dell’appello, con refusione delle spese del giudizio.
Con successiva memoria l’appellante ha ribadito le censure mosse avverso l’atto impugnato, insistendo per l’accoglimento dell’appello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Commissione ritiene che l’appello sia infondato, condividendo la motivazione dei giudici di primo grado.
Con il primo motivo di ricorso l’appellante società eccepisce la nullità della sentenza per non avere i giudici di prime cure, in violazione dell’art. 27 del D.L. n. 137/2020, rinviato la trattazione e concesso i termini di cui al citato art. 27, comma 2, con conseguente nullità del giudizio di primo grado e con la conseguente necessità di rimessione alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno.
La censura è infondata
L’art.59 del D.Lgs. n. 546/92 prevede che la Commissione Tributaria Regionale rimetta la causa alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha emesso la sentenza impugnata, nei seguenti casi tassativamente considerati: quando dichiara la competenza declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice; quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato; quando riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale; quando riconosce che il collegio della Commissione Tributaria Provinciale non era legittimamente composto; infine, quando manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.
Al di fuori dei suddetti casi, tassativamente previsti, la Commissione Tributaria Regionale deve decidere nel merito.
La Cassazione nel ribadire che i casi di nullità, previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, che comportano la rimessione del processo al primo giudice sono tassativi (Cass. n. 17127 del 2007), ha affermato che al giudice di appello non è consentita la rimessione in primo grado potendo la parte esplicitare tutte le difese, consentendo al giudice di appello di esaminare tutte le questioni che sono state correttamente riproposte.
Tale interpretazione non è in contrasto nè con il principio del doppio grado di giurisdizione, che, com’è noto, non è coperto da garanzia costituzionale, nè con il diritto di difesa, che appare ampiamente salvaguardato dalla previsione del potere dovere del giudice di appello di decidere la causa nel merito. La dedotta nullità costituisce una nullità processuale che non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria di primo grado, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio ( Cass. n. 1786/2016; Cass. n. 19579/2018).
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto che l’Agenzia avesse assolto l’onere probatorio su di essa ricadente
Nella fattispecie in esame, il thema decidendum si incentra sulla prova della inesistente fatturazione contestata alla società nell’avviso di accertamento.
L’atto impugnato scaturisce da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Matera, Ufficio Controlli nei confronti della ditta L. P. con la quale la società appellante aveva avuto rapporti commerciali.
Nei confronti della ditta L. erano mersi elementi utili a dimostrare la falsità delle fatture emesse (irreperibilità presso la sede legale e presso il luogo di residenza, inesistenza di una stabile organizzazione e di lavoratori; assenza di documentazione contabile; assenza nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2014-2016, alcun costo dichiarato, mancanza di automezzi per svolgere l’attività, mancanza di documentazione relativa alle operazioni fatturate).
A seguito della segnalazione dell’ufficio di Matera, l’Agenzia delle Entrate di Salerno, al fine di verificare i rapporti commerciali intercorsi con il L., procedeva alla valutazione della documentazione richiesta alla G. S. e alla successiva emissione dell’atto impugnato.
A fronte delle analitiche contestazioni delle operazioni commerciali effettuate dalla ditta L., contenute nell’avviso di accertamento, la produzione da parte della società ricorrente della documentazione richiesta dall’ufficio non è idonea provare la proppria estraneità a siffatte operazioni
Ed invero, nel caso in cui si contestino, come nella fattispecie in oggetto, detrazioni d’imposta indebite, corrispondenti ad acquisti effettuati o partecipando direttamente ad un’organizzazione d’imprese creata allo scopo di evadere il tributo col sistema della c.d. “frode carosello”, o avvantaggiandosi consapevolmente dei risultati di siffatta organizzazione, incombe al fisco l’onere di provare sia gli elementi di fatto della frode attinenti il cedente, ovvero la sua natura di “cartiera”, sia la partecipazione ad essa del contribuente, ovvero la sua consapevolezza.
La predetta prova può essere data anche mediante presunzioni, dotate di gravità, precisione e concordanza, consistenti in elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente.
Al riguardo è pertinente l’orientamento della giurisprudenza comunitaria che in riferimento alle operazioni “soggettivamente inesistenti” qualora il committente o il cessionario, a cui sia stata negata dagli Uffici fiscali la detraibilità dell’IVA sulle fatture, eccepisca in giudizio il proprio inconsapevole coinvolgimento nella frode, deve dimostrare che, non solo era inconsapevole della frode, ma di avere adottato tutte le misure necessarie per evitare di restarvi coinvolto, come manifesta l’espressione “senza che il medesimo soggetto passivo lo sappia o lo possa sapere,” utilizzata dalla Corte di Giustizia (sentenza 12 gennaio 2006, cause riunite C-354103, C-355/03 e C-484103, Optigen, Fulcrum e Bond House, par. r T 55).
Circa il nodo del riparto dell’onere probatorio è decisivo il consolidato principio della Cassazione secondo cui ove l’Amministrazione dimostri, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza, della sostanziale inesistenza del contraente, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato , per non essere coinvolto in una operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (Cass.22.12.2021n.1278; Cass 27.04.2020 n.8171).
La Suprema Corte ha ulteriormente precisato il proprio indirizzo interpretativo ribadendo che, nell’ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione non sorge per il solo fatto della corresponsione dell’imposta ivi formalmente indicata, ma richiede altresì che il contribuente che invoca la detrazione fornisca, sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruità della fatturazione, riscontri precisi, che non possono esaurirsi nell’avvenuto pagamento della stessa nonché dell’IVA riportata sulla fatture emesse dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive in rapporto alla peculiarità del meccanismo IVA e dei relativi possibili abusi ( Cass 30.10.2018 n. 2754).
Ebbene, nel caso in esame l’Ufficio ha fornito la prova sia della sostanziale inesistenza del fornitore, sia della consapevolezza di tale circostanza da parte dell’appellante, mentre gli scarsi elementi forniti dall’appellante appaiono del tutto inidonei a superare la presunzione che le operazioni eseguite dall’appellante siano inesiste.
La documentazione esibita dalla società non idonea a fornire la prova di avere ricevuto la merce o la prestazione da parte della ditta L..
Le stesse fatture emesse dall’appellante appaiono prive della descrizione dei beni e dei servizi forniti, prive della firma di ricezione della merce e delle copie delle bolle di consegna della merce acquistata, inidonee, pertanto, a superare la presunzione dell’inesistenza delle operazioni fatturate dalla ditta L. e della buona fede dell’acquirente.
Nel caso in esame, è fuori dubbio il comportamento colposo dell’appellante e, dunque, l’assenza della buona fede tenuto conto che la ditta L. è risultata priva di strutture idonee a svolgere l’attività imprenditoriale caratterizzandosi per assenza di sedi operative, dipendenti, mezzi di trasporto. L’assenza dell’ordinaria diligenza esigibile da un operatore accorto è, altresì, ricavabile dalla circostanza che, come dichiarato dall’appellante i rapporti commerciali sono stati istaurati in assenza di ordini scritti, con accordi verbali, attraverso contatti telefonici, circostanze che avrebbero dovuto far sorgere quanto meno il dubbio circa l’inesistenza operativa della ditta L..
Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, non si ritiene sussistente il requisito della buona fede, non avendo la contribuente agito con la diligenza richiesta in relazione all’attività svolta.
Né possono ricavarsi utili elementi di prova dell’inesistenza delle operazioni contestate dalla circostanza che le merci acquistate dalla ditta L. siano state vendute, attesa la non provata corrispondenza trai beni acquistati e quelli alienati.
Infondato è anche il motivo di ricorso con il quale la società eccepisce il vizio di omessa motivazione dell’atto impugnato.
Orbene, costituisce principio pacifico della Suprema Corte quello per il quale nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000,n. 212, art 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, quando l’atto notificato ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione (Cass.06.10.2019, n.2943; Cass. 20.12.2018, n.32957).
E’ stato, altresì, chiarito che, in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, terzo comma, legge 7 agosto 1990, n. 241, il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente o se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso di accertamento sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione (Cass. 18.12/2009, n. 26683; Cass. 29/10/2010, n. 22118; Cass. 16/05/2012, n. 7654).Ciò significa che l’avviso di accertamento è legittimamente motivato per relationem, quando, come nella fattispecie in esame, l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, ossia in relazione all’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, consentendogli, in tal modo, di poter contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur.
Le diffuse argomentazioni dell’appellante dimostrano la piena conoscenza dei fatti e delle circostanze poste a base del provvedimento impugnato.
Priva di pregio è anche la dedotta nullità dell’atto impositivo per il mancato riscontro alle deduzioni ed eccezioni contenute nelle memorie presentate in sede di contraddittorio endoprocedimentale.
Orbene, è principio consolidato, cui questo Collegio intende prestare adesione, quello per cui l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, settimo comma, della legge n. 212 del 2000, è valido, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass.23.12.2019, n.1778. Cass. 31 marzo 2017, n. 8378; Cass. 24 febbraio 2016, n. 3583). Conclusivamente l’appello va rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Pertanto, l’appello va rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori se dovuti.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 20405 depositata il 14 luglio 2023 - In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello,…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 4619 depositata il 14 febbraio 2023 - Qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 novembre 2021, n. 34651 - In tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti [..] incombe sulla stessa l'onere di provare [.] anche in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 febbraio 2022, n. 5059 - In tema di IVA, l'amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29223 - Qualora l'Amministrazione finanziaria contesti la fatturazione come inerente operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 16931 depositata il 14 giugno 2023 - Quando l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, incombe sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare la…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…
- Nel giudizio civile con il gratuito patrocinio la
La Corte costituzionale con la sentenza n. 64 depositata il 19 aprile 2024, inte…
- Il titolare del trattamento dei dati personali é r
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-741/2021 depositat…