Commissione Tributaria Regionale per la Campania sez. 9 sentenza n. 558 depositata il 23 gennaio 2018
PROCESSO TRIBUTARIO – ONLUS – PAGANO IL CONTRIBUTO UNIFICATO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’impugnata sentenza la C.T.P. di Salerno rigettava il ricorso proposto da (omissis) onlus avverso l’invito di pagamento di residua somma ad integrazione di contributo come da epigrafe, invito speditole dal Ministero delle Finanze in relazione a ricorso in appello presentato avverso sentenza della C.T.P. di Salerno.
La parte ricorrente aveva dedotto l’illegittimità della richiesta di integrazione sia per violazione del (omissis) la regola del cumulo dei valori dei singoli atti impositivi contemplati nel ricorso di riferimento, sia per immotivazione, sia per rivendicata esenzione ex art. 8 legge n. 266/91, essendo essa una mera associazione di volontariato.
Il Ministero delle Finanze resistente, instauratosi il contraddittorio, si era costituito contestando nel merito l’avverso dedotto.
La C.T.P. di Salerno considerava ben motivata ed intellegibile la richiesta impugnata e corretta la pretesa atomistica e non cumulativa del contributo unificato alla stregua degli artt. 14 co. 3 bis del dpr n. 115/02 e 12 co. 5 d.lgs. 546/02, così come modificato dall’art. 1, co. 558, della legge n. 147/13, laddove si prevede che il valore della lite per il calcolo del contributo unificato venga determinato per ciascun atto impugnato anche in appello, e negava la sussistenza dei requisiti per il chiesto esonero ex art. 8 legge n. 266/91, non esteso alle attività processuali di esse onlus.
Avverso tale pronuncia formulava appello reiterando le doglianze esposte in primo grado.
Il Ministero appellato, radicatasi la lite, si costituiva resistendo al gravame.
Indi questo collegio ha adottato la deliberazione, come da dispositivo e motivi qui contenuti, all’udienza odierna svoltasi con le formalità di cui all’art. 34 d.lgs. 546/92 nella ricorrenza di ogni requisito previsto dalla detta norma.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato.
Va invero in primo luogo condivisa la pronuncia della C.T.P. circa la sussistenza di bastevole motivazione nell’atto impugnato nonché circa l’insussistenza di oggettive ragioni a supporto del richiesto esonero ex art. 8 legge n. 266/91.
Sotto il primo profilo infatti è evidente che l’invito all’integrazione di che trattasi contiene sufficiente esposizione motiva, peraltro non abbisognevole di particolari specificazioni oltre quella della non corrispondenza dell’entità del contributo versato rispetto a quella dovuta.
Sotto il ‘secondo profilo peraltro quanto divisato dalla C.T.P. trova puntuale avallo nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 21522/13) che include nell’esonero in parola solo gli atti amministrativi delle onlus e non anche gli atti giudiziari, non senza poi considerare la natura eccezionale e derogatoria della legge n. 266/91, donde non sono possibili estensioni ermeneutiche di sorta. Maggiore considerazione merita invece il rilievo riguardante la contestata legittimità della pretesa tributaria, per cosi dire, atomistica e non cumulativa del contributo unificato per ciascun atto impugnato, a quanto espressamente previsto dall’art. 14 co. 3 bis del dpr n. 115/02 che rimanda all’art. 12 co. 5 d.lgs. 546/02, così come modificato dall’art. l, co. 558, della legge n. 147/13.
Orbene va anzitutto premesso che la Corte Cost. si è occupata della questione, per come sollevata dalla C.T.P. di Campobasso con ordinanza del 07.05.15 con riferimento agli artt. 3, 24, 53, e 117 co. l Cost. ed ha reso con sentenza n. 78 depositata il 07.04.16 pronuncia d’inammissibilità di essa questione in ordine a ciascuna delle dette norme.
Ciò detto, va ricordato che la Corte medesima, già investita del problema della definizione della tura giuridica del contributo unificato, lo ha inquadrato come entrata tributaria ex art. 2 decreto 1074/65 (cfr., ex multis, sentt. n. 26/82; n. 63/90; n. 2/95; n. 11195; n. 37/97).
Da ciò si fa ordinariamente discendere la conseguenza che al legislatore ordinario resterebbe riservata la più ampia autonomia in ordine all’esigibilità del contributo unificato, così come nella determinazione ed individuazione d’ogni altro tributo in quanto tale, argomento questo che tuttavia non può essere condiviso, dacché diversamente la discrezionalità legislativa in materia tributaria tra smoderebbe in arbitrio, non restando asservila, per come dev’essere, ai precipui criteri di razionalità, eguaglianza e giustizia che sono, a tacer d’altro, sottesi agli artt. 3 e 24 Cost., che non si possa in alcun modo legittimare la prospettata equazione fra natura tributaria del contributo unificato e possibilità di fissare ad libitum ogni aspetto della sua esazione (an, quid, quomodo, quando).
A ben guardare invero la radicalizzazione di un siffatto approccio interpretativa renderebbe vano lo stesso controllo di legittimità della Corte Cost. perché consentirebbe a priori la possibilità di esigere il contributo unificato ed i tributi in genere nel più dispotico dei modi, senza alcuna possibilità di vagliare a riguardo la complessiva scelta del legislatore ordinario – in particolare nei cennati an, quid, quomodo, quando – in termini di conformità al sovraordinato schema di princìpi e norme che vi conferiscono istituzionale giustifica.
Nondimeno va subito precisato che ciò non implica nel contempo adesione totale agli argomenti di asserita illegittimità costituzionale ricusati nella detta pronuncia della Consulta n. 78/16, restando ampiamente condivisibile la valutazione colà espressa circa il mancato contrasto con l’art. 53 Cost., atteso che gli importi del contributo unificato sono calcolati in base al valore della lite, mentre la capacità contributiva non attiene alle spese per i servizi di giustizia, rappresentando piuttosto l’attitudine soggettiva ad eseguire la prestazione imposta, con riguardo al presupposto economico cui è correlata l’obbligazione tributaria e quindi rispetto all’esistenza di causa giustificativa del prelievo sulla base di indici rivelatori (v. anche Corte Cost. n. 155/01 e n. 3737/15).
Meno agevole invece appare il discorso circa il tema della contrarietà della normativa di che trattasi rispetto agli artt. 3 e 24 Cost., essendo innegabile il dato del condizionamento del diritto di accesso alla giustizia, reso indubbiamente più disagevole e, per così dire, appesantito dalla necessità di corrispondere tanti contributi unificati per quanti atti impositivi siano da contestarsi in giudizio e non già un solo contributo sulla somma dei corrispettivi valori (ipotesi di violazione dell’art. 24 Cost.), secondo la logica del cumulo regolata dall’art. 10 c.p.c. che dovrebbe essere applicabile ad ogni altro rito dell’ordinamento, ivi incluso quello della giustizia amministrativa (ipotesi di violazione dell’art. 3 Cost.).
Nondimeno la Corte Cost. affronta anche tali aspetti nella sentenza n. 78/16, onde, ad onta di riserve critiche a riguardo, non è stata ritenuta inficiata di incostituzionalità la disposizione complessiva dell’art. 14 co. 3 bis del dpr n. 115/02 che rimanda all’art. 12 co. 5 d.lgs. 546/02, così come modificato dall’art. l, co. 558, della legge n. 147/13, disposizione complessiva che l’appellante pretenderebbe invece di interpretare nei sensi esposti in narrativa, pur nella chiarezza delle correlate espressioni precettive donde il contributo unificato va versato col detto criterio atomistico e non cumulativo.
Le spese del grado si compensano ex art. 92 c.p.c., ravvisandosi straordinari ed eccezionali motivi in ordine alla vicenda tributaria di causa, segnatamente per la particolare complessità della questione decisa.
P.Q.M.
La commissione così provvede: rigetta l’appello e compensa le spese del grado.
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