Commissione Tributaria Regionale per la Campania, sezione 21, sentenza n. 150 depositata l’ 8 gennaio 2020
I fondi comuni di investimento non possono essere soggetti passivi IMU, in quanto privi di autonoma soggettività giuridica
FATTO E DIRITTO
1. Con istanza depositata presso la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la V. società di gestione del risparmio s.p.a. proponeva ricorso avverso l’avviso in rettifica IMU prot. n. 303828/471 del 19/04/2017, per l’anno 2013, concernente 249 unità immobiliari ubicate in Napoli alla Via A. n. 88 (identificate in catasto come SG0/6/14 subb da 2 a 8, da 11 a 61, da 64 a 85, 88, da 90 a 108, da 110 a 129, da 131a191, da 194 a 204, da 207 a 209, da 211 a 219, 222, 223, da 229 a 231, da 234 a 247, 249, da 251 a 274), in cui veniva richiesto il pagamento dell’importo complessivo di Euro 69.652, 17.
Lamentava che erroneamente il Comune di Napoli aveva contestato presunti carenti versamenti di imposta ed eccepiva l’illegittimità dell’atto per difetto di legittimazione passiva.
All’uopo precisava che la proprietà degli immobili in questione è da ricondursi al Fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso, denominato G.S., ossia ad un soggetto terzo avente una propria autonomia tributaria e rispetto al quale la V. ha esercitato esclusivamente un potere di gestione in nome e per conto del fondo stesso.
Gestione avuta, peraltro, sino al febbraio 2015, quando veniva disposta dal Tribunale di Milano la liquidazione del fondo ai sensi dell’art. 57 bis del TUF.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento dell’avviso, con vittoria delle spese.
Regolarmente instaurato il contraddittorio, il Comune di Napoli si costituiva in giudizio depositando controdeduzioni in cui chiedeva il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese.
Evidenziava che la Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 12187/2013 e n. 16605/201 O) ha statuito che i fondi comuni d’investimento sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio, la quale è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia.
Ciò in quanto, affinché un ente venga considerato come centro di imputazione di rapporti giuridici occorre rinvenire nel tessuto normativo elementi significativi in tal senso; ed al fine di negare la soggettività giuridica ai fondi va considerata l’assenza di una struttura organizzativa minima, di rilevanza anche esterna.
Aggiungeva che la mancanza di soggettività giuridica del Fondo G.S. risulta comprovata da: il mancato censimento del fondo all’anagrafe tributaria (al fondo non risulta attribuito alcun codice fiscale, né luogo di domiciliazione); il codice fiscale (01653630564) riferito al fondo ed indicato negli atti rettificativi del contratto di acquisto del 2007 (versati in atti) corrisponde a quello della società di gestione del risparmio.
La V. S.G.R. s.p.a. depositava memoria illustrativa e documentazione a sostegno del ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale adita, con la sentenza n. 10428/2018 del 21.9.2018, rigettava il ricorso e compensava le spese di lite. Ciò con la motivazione della sostanziale identità soggettiva tra società di gestione e fondo comune di investimento, e della incontestata circostanza che la ricorrente è la società di gestione del fondo di investimento cui è riferibile la titolarità degli immobili soggetti a tassazione.
2. Con il presente appello ritualmente notificato, la V. società di gestione del risparmio s.p.a. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Napoli la predetta sentenza.
La censurava nel senso che presupposto dell’IMU è il possesso di immobili quale potere sul bene che si manifesta in un attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà di un altro diritto reale; il che manca nel caso in esame, in quanto tra società di gestione e fondo di investimento sussiste ai sensi dell’art. 36, comma 3, del D.Lgs n. 58/1998 un rapporto di mandato in forza del quale la società di gestione semplicemente amministra i beni che costituiscono il patrimonio del fondo.
Insisteva, pertanto, che la società di gestione non può essere qualificata come soggetto passivo di imposta IMU per immobili di cui ha soltanto il potere di gestione, peraltro vincolato al perseguimento dell’interesse di soggetti distinti quali investitori partecipanti al fondo. Ed evidenziava che la Suprema Corte, nelle sentenze richiamate, aveva affermato che la società di gestione ha la mera titolarità formale dei beni del fondo di investimento, mentre sono i partecipanti al fondo i proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del fondo.
Chiariva che a conforto della sussistenza di una distinta soggettività tributaria del fondo di investimento rispetto alla società di gestione concorre l’attribuzione da parte dell’Agenzia delle Entrate al Fondo G.S. in liquidazione, a far data dal 2 gennaio 2019, del numero di indicativo di partita IVA e di codice fiscale.
Richiamava giurisprudenza secondo cui, con la novella dell’art. 36 del TUF, va riconosciuta l’autonomia patrimoniale al fondo di investimento, nonché capacità di essere titolare di diritti sostanziali e processuali.
Con altro motivo di gravame, eccepiva la violazione dell’art. 57 del TUF in quanto era stato documentato che con sentenza 156/2015 il Tribunale di Milano aveva disposto la liquidazione del Fondo G.S., e che la Banca d’Italia aveva nominato il liquidatore del fondo.
Ragion per cui, alla data di notifica dell’atto impugnato, la V. non aveva più la gestione del fondo, con trasferimento al liquidatore nominato dalla Banca d’Italia di ogni potere gestionale; e che la richiesta di pagamento per l’IMU relativa ai periodi anteriori alla sentenza di liquidazione doveva essere formulata come domanda di insinuazione tardiva al passivo in forza del rinvio operato dall’art 57 del TUF alle disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa delle banche di cui al D.Lgs. n. 385/1993.
Concludeva per la riforma della sentenza, con annullamento dell’avviso, con vittoria delle spese.
Il Comune di Napoli si costituiva in giudizio depositando contro-deduzioni in cui chiedeva il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese.
Ribadiva le difese già sostenute in prime cure e che la sentenza impugnata era stata correttamente motivata, disattendendo la prospettazione dell’odierna appellante.
La V. società di gestione del risparmio s.p.a. chiariva che, a far data dal 13.5.2019, era intervenuto il mutamento della propria denominazione in S. società di gestione del risparmio s.p.a. e depositava documentazione.
All’esito della pubblica discussione, la Commissione ha deliberato come da dispositivo versato in atti.
3. L’appello è infondato e va rigettato.
Ritiene questa Commissione che non sia condivisibile il motivo di gravame in ordine al difetto di legittimazione passiva della società di gestione del risparmio.
Ciò in applicazione del principio, cui i Giudici di prime cure hanno correttamente dato continuità, in base al quale “i fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel T.u.f (d. lgs. n. 5811998, e successive modificazioni), sono privi di autonoma soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio” (in tal senso, oltre alle richiamate sentenze Cass. n. 16605/10 e n. 12187/2013, cfr. più recentemente Cass. n. 12062/2019).
In base alla consolidata giurisprudenza di legittimità, infatti, non sussistono elementi significativi che permettano di considerare i fondi quali autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, in quanto le norme del TUF affidano alla società di gestione del risparmio l’attività di istituzione, promozione e gestione del fondo; più semplicemente, la disciplina normativa prevede l’autonomia e la separatezza dei patrimoni del fondo rispetto a quello della società che lo gestisce, a garanzia degli investitori nel fondo stesso.
In tal senso, va considerato quanto previsto dall’art. 36, comma 5, del TUF, ossia che “ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società; delle obbligazioni contratte per conto del fondo, la Sgr risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di gestione del risparmio o nell’interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La società di gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, i beni di pertinenza dei fondi gestiti”.
Si aggiunga che, all’epoca dei fatti il Fondo G.S. non era censito all’anagrafe tributaria, non essendogli attribuito alcun codice fiscale, né luogo di domiciliazione; codice fiscale ottenuto soltanto a far data dal 2.1.2019.
Pertanto, deve affermarsi che il presupposto impositivo dell’IMU, ossia il possesso degli immobili a titolo di proprietà si è realizzato in capo alla società di gestione del risparmio, odierna appellante.
Nemmeno merita accoglimento la censura sollevata con riferimento alla liquidazione del Fondo G.S., con sentenza del Tribunale di Milano n. 156/2015, seguita dalla nomina del liquidatore del fondo con i poteri di cui all’art. 57.
Ebbene, la liquidazione è stata pronunciata in data 24.2.2015, mentre l’imposta in contestazione è riferita all’annualità 2013.
E nella stessa nota tecnica della Banca d’Italia del 10.12.2014 (all. n.11) invocata dall’appellante, alla pag. 3 si legge che la liquidità di ? 920.000,00 è destinata anche al pagamento delle “spese correnti”, tra cui l’IMU; mentre, come detto, nella specie l’imposta riguarda il periodo anteriore alla messa in liquidazione.
Ragion per cui, assorbita ogni ulteriore valutazione, l’appello va rigettato.
4. La complessità e la novità della questione esaminata costituiscono gravi motivi per disporre la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
La Commissione:
rigetta l’appello e compensa le spese del grado.
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