Commissione Tributaria Regionale per la Campania sezione 6 ordinanza n. 95 depositata il 10 novembre 2017
Testo:
Considerato pregiudizialmente:
che il subentro (dal 1° luglio 2017) della Agenzia delle entrate riscossioni nella funzione e nei compiti di Equitalia Servizi di Riscossione spa, e relativa soppressione di questa, non ha alcun effetto interruttivo sul presente processo, sia perché la legge prevede il subentro dell’Agenzia ope iuris in tutti i rapporti anche processuali, sia perché trattasi di fenomeno di successione di munus , diverso dalla successione tra enti giuridici: «fenomeno con non implica successione universale, ma diversamente dal «passaggio di attribuzioni fra amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche che dei rapporti amministrativi pendenti ma senza una vera soluzione di continuità e, quindi, senza maturazione dei presupposti dell’evento interruttivo» da ult., riguardo l’analogo fenomeno INPDAP-INPS, Corte dei conti prima sezione centrale di appello 15 giugno 2017 n. 202 (da prima, Consiglio di Stato sez. VI, n. 3369 del 3 luglio 2014 e precedenti ivi richiamati);
che nulla rileva che allo stato l’ente subentrante sia rappresentato da difensore di libero foro, atteso che la questione non attiene allo jus postulandi ; né è rilevante che non si sia costituita direttamente l’Agenzia, perché il processo continua a prescindere;
Rilevato che effettivamente il Giudice di prime cure ha raggiunto la decisione considerando le cartelle come notificate da messi e che in fatto, come risulta dalla documentazione depositata fin dal primo grado da Equitalia Sud Spa, la notificazione per tutte le cartelle è avvenuta a mezzo posta raccomandata A.R. diretta, cioè senza l’intermediazione di ufficiale notificatore;
Considerato:
che rispetto alla detta situazione di fatto emergente dagli atti, stando alla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione (costituente diritto vivente, cfr. di seguito) deve ritenersi ai sensi dell’art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 (per il tributo locale) e dell’art. 14 comma 1 prima periodo prima parte legge n. 890/1982 (per i tributi erariali) esistente valida e regolare la notifica di ciascuna delle cartelle perché avvenuta direttamente a mezzo posta, dovendosi applicare le disposizioni in materia di regolamento postale per gli atti a firma (nella specie, rationem temporis , decreto ministeriale 1° ottobre 2008, art. 27, che non pone alcun ordine e che consente la consegna anche direttamente al portiere senza alcuna ricerca del destinatario) e non quelle della notificazione a mezzo posta nella forma di cui alla legge n. 890/1982, e dunque non necessaria né la specificazione della attività di ricerca del destinatario e della attestazione espressa di sua effettiva constatata precaria assenza nonché della attestazione espressa della precaria assenza delle altre persone secondo ordine abilitate a riceverla prima del portiere dello stabile, né, soprattutto, l’invio di raccomandata di comunicazione di avvenuta notificazione, così come disposto dall’art. 7 ult. comma legge n. 890/1982, nel caso di consegna a persona diversa dal destinatario;
che tale infatti è il consolidato indirizzo delle suprema Corte di cassazione ( ex multiis , ordinanza n. 4196/2014) che proprio sui punto specifica: «Ai fini che qui importano occorre rammentare che l’art. 60 decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, che riguarda direttamente le imposte sui redditi ma è specificamente richiamato anche ai fini dell’imposta di registro, per quel che qui specificamente rileva art. 52 decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986 prevede che la notificazione è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti codice di procedura civile, e che i compiti dell’ufficiale giudiziario sono svolti «dai messi comunali o dai messi autorizzati dall’ufficio». Orbene, si è affermato da Cassazione n. 9111/2012 che la legge n. 890/82 regola esclusivamente la noti fica (ex art. 149 c.p.c.) eseguita dall’ufficiale giudiziario, non altre forme di notifica, in particolare non quelle previste dalle singole leggi di imposta nonché dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 16, comma 3 («le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento»). Si è quindi ricordato che (sentenza 28 luglio 2010 n. 17598) «a decorrere … dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della … legge n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cassazione n. 15284 del 2008)»: «ciò significa che, così come è stabilito per la notifica degli atti processuali dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, le modalità di notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale ordinario ( cfr. , in materia di contenzioso tributario, Cassazione nn. 17723 del 2006 e 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cassazione n. 2690 del 2002)» cfr. Cassazione n. 272/2014, conf. Cassazione 1207/2014 . Ne consegue che, quando l’ufficio finanziario si sia avvalso della facoltà di notificazione a mezzo posta, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 (Cassazione n. 17598/2010 in tema di validità della notifica con raccomandata non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dalla legge n. 890 del 1990, art. 8). Non appaiono dunque pertinenti le censure relative alla mancata osservanza dell’ordine dei soggetti ai quali effettuare la notifica o l’assenza del mancato inoltro della raccomandata al destinatario in caso di consegna al portiere Cassazione n. 19771/2013 . Del resto, la diversità di disciplina fra notifiche a mezzo posta e a mezzo di ufficiale giudiziario è in linea con quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale, avendo il legislatore disciplinato la notificazione a mezzo posta e quella eseguita con il tramite dell’ufficiale giudiziario in modo diverso «nel ragionevole esercizio della discrezionalità che gli appartiene» (sentenza n. 17 del 2011), trattandosi di situazioni differenti tra loro ( ex multiis , Corte costituzionale nn. 43/2010, n. 131/2007; Corte costituzionale n. 130/2011).»;
che tale indirizzo è stato confermato da ult. da Cassazione n. 14501 del 2016: «in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 890 del 1982, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 codice di procedura civile.
Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione»;
che dunque applicando il detto indirizzo nomofilattico dal combinato disposto tra l’art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 e art. 14 comma 1 prima parte legge n. 890/1982 deriva che non è applicabile al caso in esame notifica diretta da parte dell’ente concessionario l’art. 7 legge n. 890/1982, con la conseguenza che non è necessaria l’attestazione dell’agente postale della precaria assenza del destinatario e in via successiva degli altri soggetti, che è sufficiente la consegna al portiere e, specie per quanto qui rileva con maggiore evidenza consegna al portiere, cioè a persona diversa dal destinatario , non necessaria la raccomandata CAN;
che invece, come è noto, se la notificazione a mezzo posta avviene per ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale, trovano applicazione integralmente le modalità di notificazione di cui alla legge n. 890/1982 ed in particolare l’art. 7 che stabilisce l’ordine e i presupposti delle persone cui consegnarne il plico e che l’agente postale ha l’onere di ricercare, sicché come da granitici dicta della Corte di cassazione (Cassazione 12 aprile 2011 n. 8284) «deve intendersi nulla la notifica effettuata a mezzo posta con la sola consegna al portiere dello stabile, senza attestazione dell’avvenuta ricerca delle altre persone abilitate, attestazione che può avvenire anche con la crocettatura delle apposite caselle nel relativo modulo. In tal senso il costante orientamento di questa Corte (vedi tra le altre, Cassazione Sezioni unite 2005 n. 11332). Ne’ può desumersi il compimento di tale attività dal solo fatto che la consegna sia stata effettuata al portiere, come deduce la difesa dell’avvocatura, non risultando alcunché dalla notifica», nonché, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario, la necessaria integrazione della fattispecie legale con la spedizione di raccomandata di comunicazione di avvenuta notificazione;
Ritenuto:
che applicando quanto innanzi, nel caso [notificazione delle cartelle presupposte recanti ruoli (atto impositivo) avvenuta direttamente tramite il servizio postale], dovrebbe considerarsi la esistente valida e regolare notificazione per tutte le cartelle presupposte l’atto impugnato e dunque accogliersi l’appello;
che tuttavia la Sezione dubita della legittimità costituzionale delle dette disposizioni, che, privilegiando (art. 14 comma 1 prima parte legge n. 890/82) e comunque consentendo la scelta dell’ente impositore o degli uffici finanziari o concessionari di riscossione (art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 e sempre art. 14 comma 2 legge n. 890/1982), prevedono una forma di notificazione degli atti impositivi senza le garanzie nella fase di consegna del plico previste dalla legge n. 890/1982 per le notificazioni a mezzo posta effettuate dall’Ufficiale giudiziario, dal messo comunale o speciale, sicché la proponenda questione di illegittimità è pienamente rilevante nel caso in esame;
che non si può obiettare che, nel caso, la parte contribuente non si sia costituita in secondo grado, e quindi non abbia riproposto la questione della nullità della notificazione, atteso che, essendo stata accertata la nullità in primo grado, compete al Concessionario appellante dimostrare in questo grado la esistenza prima, e dunque la integrazione dello schema legale minimo, e, poi, la validità delle notificazioni;
che infatti la declaratoria di illegittimità costituzionale delle dette disposizioni, nella parte in cui non prevedono che anche nel caso di notificazione diretta da parte dell’Ufficio finanziario o dell’ente impositore o concessionario per la riscossione trovano applicazione le disposizioni di cui alla legge n. 890/1982 ed in particolare l’art. 7 detta legge, implicherebbe una diversa valutazione dell’appello, essendo pacifico che non vi è stata la spedizione della raccomandata cd. CAN, che costituisce elemento integratore della stessa fattispecie legale di esistenza ai sensi dell’art. 7 ult. comma legge n. 890/1982nel testo attuale, già vigente al momento della notificazione delle cartelle (l’avvenuta consegna al portiere risulta attestato come anche accertato dal Giudice di primo grado, ammesso in appello dallo stesso ente concessionario appellante e comunque risultante dagli atti per tutte le cartelle a decorrere dalla prima in data 23 febbraio 2012, e tutte le altre successive a tale data);
che pertanto l’esito della controversia all’esame dipende dalla applicazione delle disposizioni innanzi dette sospette di illegittimità costituzionale;
Considerato:
che la Sezione dubita della legittimità costituzionale delle dette disposizioni per violazione degli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione nonché in relazione all’art. 11 della Costituzione e 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali:
non va certo ricordato (ma occorre farlo per evitare la inammissibilità della questione) alla Corte costituzionale che la notificazione di un atto unilaterale (giudiziario o sostanziale non importa) è richiesta dall’ordinamento ogni qual volta sia necessario avere certezza giuridica di conoscenza, ossia della probabile conoscenza, da parte del destinatario, non ritenendosi sufficiente la mera conoscibilità. Per questo, la notificazione è procedimentalizzata, di regola con l’intervento di un pubblico ufficiale (ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale) specificatamente abilitato, e con specificazione dettagliata delle attività da compiere in sede di consegna, al compimento solo delle quali può legalmente presumersi l’avvenuta conoscenza. Vi è cioè una distinzione sistematica della rilevanza della conoscenza degli atti unilaterali: per la generalità degli atti unilaterali è sufficiente la conoscibilità, derivata in via presuntiva semplice relativa dall’oggettivo dato che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario (art. 1334 e 1335 del codice civile); per alcune tipologie di altri atti, invece, l’ordinamento richiede una probabilità di conoscenza maggiore, che si qualifica di certezza giuridica, ancorandola pertanto a dati fattuali ulteriori relativi alla fase di consegna, ossia in primis la consegna diretta e quindi, in mancanza, ad una serie di attività, a secondo i casi (precaria assenza, irreperibilità ecc.), essenziali. Solo il compimento di queste attività essenziali rende possibile una presunzione legale assoluta iuris et de iure di avvenuta conoscenza. Ed infatti, la certezza della conoscenza derivante dalla notifica può essere oggetto di reclamo da parte del destinatario solo ed esclusivamente o con querela di falso diretta a dimostrare la falsità di quanto risultante dalla relata e atti conseguenti ovvero denunciando la inesistenza o nullità per omesso o invalido compimento delle attività previste dal procedimento notificatorio (il che significa ritenere inidonea la notifica alla conoscenza legale «certa» per l’assenza o nullità di un elemento costitutivo della fattispecie legale di formazione), ma non potrà mai essere ammesso a denunziare il semplice dato della non diretta consegna o della non conoscenza. Del resto, mentre nel caso di notificazione sia per le disposizioni del codice di procedura civile che per la legge n. 890/82 il dato che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario costituisce un presupposto ma non integra la fattispecie legale, essendo appunto necessario una attività specifica alla consegna diretta o a persona abilitata a cui segue, in caso di notifica a mezzo posta con consegna a persona diversa dal destinatario, la spedizione della CAN (e per gli atti tributari in generale 14 spedizione della CAN anche per consegna a mani da parte di messo a persona diversa del destinatario, cfr. art. 60 comma 1 lettera b -bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/73), nella comunicazione degli atti unilaterali invece è quello il mero dato di presunzione semplice, cioè la prova che l’atto sia pervenuto all’indirizzo del destinatario in qualsiasi forma. In definitiva la distinzione non è solo formale ma decisamente sostanziale: la notificazione è un procedimento diretto ad assicurare la certezza giuridica della (effettiva) conoscenza; la comunicazione assicura invece la mera conoscibilità dell’atto, essendo ancorata ad un dato di fatto che non implica la conoscenza (l’art. 1335 del codice civile è tecnicamente preciso: discorre di «notizia» dell’atto, non conoscenza), ma la conoscibilità (tanto che la prova liberatoria riguarda la impossibilità assoluta e senza sua colpa di averne notizia).
Da questo sistema appare evidente che l’art. 14 comma 1 primo periodo prima parte legge n. 890/1982 come vigente a seguito della legge n. 146 del 1998 (art. 20), e l’art. 1 comma 161/2006 prevedendo una forma di notificazione a mezzo posta raccomandata normale, senza le garanzie di consegna previste dall’art. 7 legge n. 890/1982 per rendere la certezza giuridica della conoscenza in effetti considerano sufficiente la presunzione semplice e non assoluta per la comunicazione dell’atto impositivo. In effetti non richiedono più la notificazione, intesa come forma legale di avvenuta certa giuridica conoscenza, ma la mera avvenuta conoscibilità presunta semplicemente ( cfr. la di seguito riportata motivazione della suprema Corte di cassazione n. 1980/2015 e Cassazione n. 10245/2017). Invero, non richiedono più la notificazione intesa come procedimento che porta alla conoscenza legale certa, ma di fatto la mera comunicazione, elevando a forma di notificazione sul piano solo nominalistico, presunzioni semplici di conoscibilità che non corrispondono alla prima che è presunzione legale iuris et de iure di conoscenza. Ora, la scelta sul se sia necessaria o meno la notificazione di un atto è certamente nella discrezionalità del legislatore [è a questo che in sostanza si è riferita la Corte costituzionale nell’inciso «nel ragionevole esercizio della discrezionalità che gli appartiene» contenuto nella sentenza n. 17/2011 riportato dalla Corte di cassazione nella innanzi citata ordinanza n. 14196/2014], che tuttavia deve pur sempre essere esercitata ragionevolmente.
Quindi il primo motivo di censura di legittimità costituzionale delle disposizioni denunziate consiste proprio nella irragionevolezza manifesta della degradazione di fatto della notificazione dell’atto impositivo o riscossivo, se eseguito a mezzo posta diretta, alla mera comunicazione: ossia in una sostanziale elusione dell’obbligo di notifica, cioè di portare a conoscenza mediante un procedimento che garantisca la giuridica certezza di conoscenza, degradato alla mera conoscibilità così annullando, mediante elusione, l’obbligo di notificazione.
L’atto di accertamento tributario e il ruolo sono innanzitutto atti sostanziali idonei ad incidere sulla sfera patrimoniale del soggetto destinatario (tutelata costituzionalmente ex art. 23 della Costituzione) in modo diretto. Poiché sono assistiti dall’istituto della idoneità a divenire inoppugnabili per mancata impugnazione in un termine decorrente appunto dalla «notificazione» (art. 21 decreto legislativo n. 546/1992), sono tendenzialmente definitivi. Sono inoltre anche atti a valenza processuale, poiché, per la struttura impugnatoria del processo tributario (cosi costruito in riferimento all’attitudine a divenire definitivi degli atti impositivi), essi si pongono come provocatio ad opponendum , che, senza alterare le posizioni sostanziali delle parti nel processo, ne implica la necessità di introduzione giudiziale in capo al soggetto destinatario.
Ne deriva che non può ragionevolmente escludersi la necessità di notificazione, cioè della applicazione di un procedimento che porti con adeguata garanzia alla certezza giuridica della conoscenza, proprio per la massiva e diretta incidenza e le conseguenze sfavorevoli nonché preclusive del ricorso al giudice, che derivano dalla conoscenza dell’atto, la quale pertanto deve essere legalmente certa. Del resto la necessità di notificazione di detti atti è prevista da tutte le singole leggi di imposta, a pena di decadenza, e per i ruoli, in generale, dall’art. 21 comma 1 secondo periodo decreto legislativo n. 546/1992.
Dunque, alla Sezione appaiono illegittime costituzionalmente per violazione dell’art. 24 della Costituzione a maggior ragione in combinato disposto con l’art. 3 della Costituzione prevedente il principio di razionalità o meglio ragionevolezza che deve guidare il Legislatore nella proprie scelte le disposizioni censurate, in quanto irragionevolmente lesive del diritto della difesa, che nel rango costituzionale dei diritti è considerato inviolabile e da assicurare in termini di effettività e non di mera astrattezza teorica. Esse infatti consentono agli uffici finanziari e agli enti locali e agli enti di riscossione nell’esercizio del potere impositivo o riscossivo di non notificare l’atto notificazione cui sono tenuti per legge stessa con forme che garantiscano la legale certa conoscenza del destinatario, ma diversamente di procedere con forme che realizzano la mera conoscibilità, e dunque autorizzano gli uffici a non procedere a notificazione, intesa come procedimento assistito da formalità tali da garantire la certezza giuridica della conoscenza del destinatario, proprio di atti incidenti direttamente sulla sfera patrimoniale personale, contenendo di regola anche irrogazione di sanzioni, del destinatario. Dunque, il primo quesito sostanziale che si pone alla Corte costituzionale è se sia illegittima costituzionalmente, ovvero se sia legittima costituzionalmente perché non irragionevole, la scelta del Legislatore di escludere dalla notificazione, con forme proprie che realizzino la presunzione di certezza giuridica di conoscenza, gli atti impositivi tributari e i ruoli.
Del resto la manifesta irrazionalità si appalesa anche dalla circostanza che per le notificazioni dirette di tutti gli altri atti eseguite dalla pubblica amministrazione è prevista l’applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982 e quindi delle garanzie riguardo alle modalità di consegna fissate dall’art. 7 e dall’art. 8 legge n. 890/1982 ( cfr. art. 12 stessa legge n. 890/1982), e che per atti sostanzialmente incidenti sul patrimonio o sulla persona a notifica diretta trovano sempre applicazione le disposizioni di cui alla legge n. 890/1982, come nel caso delle notificazioni delle violazioni al CdS o gli atti accessori a queste ( cfr. art. 201 comma 3 CdS) . In sostanza, solo per gli atti impositivi tributari, peraltro contestualmente ordinariamente anche sanzionatori (anche i ruoli nel caso di liquidazione automatica ad es. ex art. 36 -bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 e 54 -bis decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972), viene derogato dalle disposizioni sospette la regola della notificazione secondo le modalità di cui alla legge n. 890/1982, in modo non ragionevole, si sospetta, rispetto alla natura di atto notificando della pubblica amministrazione all’un tempo sia accertativo che sanzionatorio, per la sua funzione di provocatio ad opponendum a valenza processuale e per la sua natura incidente gravemente sulla sfera patrimoniale e personale del destinatario.
Le dette disposizioni sembrano altresì in violazione diretta dell’art. 3 della Costituzione in quanto per stesse modalità di notificazione, cioè a mezzo posta, lo stesso atto, a seconda se viene o meno inoltrato con l’intermediazione dell’Ufficiale giudiziario o del messo, ai fini della consegna e dunque della esistenza, prima, e, poi, della validità subisce un diverso trattamento, irragionevolmente più garantista proprio nel caso in cui vi sia l’intermediazione dell’Ufficiale giudiziario (o del messo), cioè di un soggetto abilitato specificatamente, e invece non garantista nel caso in cui non vi sia la detta intermediazione, per la stessa modalità, sempre inoltro a mezzo posta e consegna. Infatti, per un sostanziale identico procedimento per la fase di consegna non sono previste, nel caso di raccomandata diretta, le medesime modalità di consegna previste dalla legge n. 890/1982. E tanto è ancora più irragionevole oggi a seguito della modifica dell’art. 4 decreto legislativo n. 261/1999 per effetto del decreto legislativo n. 58/2011 laddove gli atti raccomandati a filma sono stati liberalizzati, nel mentre rimangono sottoposti alla esclusiva del fornitore del servizio universale per espresse ragioni di ordine pubblico ( cfr. art. 4 decreto legislativo n. 261/1999 testo vigente) proprio le notificazioni e comunicazioni effettuate a mezzo posta ex legge n. 890/1982 e le notificazioni di cui alle violazioni al CdS.
Non è da evidenziare alla Corte costituzionale che si realizza così anche la lesione della norma super primaria stabilita dall’art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali applicabile direttamente ex art. 11 della Costituzione, non garantendo al soggetto passivo una conoscenza dell’atto sfavorevole con negazione della possibilità di adeguata e tempestiva difesa considerando le decadenze e preclusioni peraltro fissate in termini assai brevi (di regola 60 giorni), il tutto altresì rimettendo a sostanziale discrezione dell’Ufficio impositore, cioè dell’Autorità, la scelta se adottare o meno un procedimento più garantista, o meglio una vera notificazione che conduce alla legale certa conoscenza ovvero una comunicazione che al massimo conduce ad una mera astratta conoscibilità.
Non può la Sezione applicare la normativa discendente dalla interpretazione (non solo possibile ma che le sembra addirittura corretta ai sensi dell’art. 12 disp. prel. al del codice civile e conforme alla Costituzione) della disposizione dell’art. 14 legge n. 890/1982 (nonché dell’art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 intendendosi questa come rinvio alle modalità di notificazioni della prima), che riferisce sempre ferma la possibilità di inoltro diretto senza la intermediazione dell’ufficiale Giudiziario (che non è in discussione) l’ultima alinea del primo periodo dell’art. 14 comma 1 legge n. 890/1982 «secondo le modalità previste dalla presente legge» anche alla prima parte, sì da ritenere applicabili le modalità di consegna ordinarie previste dalla legge n. 90/1982 per le notificazioni a mezzo posta, poiché la Corte di cassazione ha escluso da tempo una tale possibilità, come risulta anche dalla recente sentenza della V sezione n. 1980/2015 che testualmente, con richiami a uniformi precedenti, specifica: «7. Col terzo, il quarto ed il quinto motivo, si deduce la violazione: a) degli articoli 14 della legge n. 890 del 1982 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, per esser stata ritenuta valida la notifica effettuata per posta direttamente da parte dell’ufficio; b) degli articoli 139 e segg. c.p.c. e 7 della legge n. 890 del 1982, in combinato disposto con gli articoli 156 e 160 c.p.c., per esser stata ritenuta nulla, invece che inesistente, la notifica dell’avviso, consegnato a genitore non convivente, e per esser stato ritenuto il vizio sanato per effetto della proposizione del ricorso; c) degli articoli 148 e 149 c.p.c., per esser stata ritenuto che la mancata redazione della relata di notifica costituiva una semplice irregolarità.
8. I motivi, da valutare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati, anche se va parzialmente corretta la motivazione.
9. L’art. 20, della legge n. 146 del 1998, modificando art. 14 della legge n. 890 del 1982, ha, tra l’altro, previsto che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente «può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari», fermo rimanendo, «ove ciò risulti impossibile», che la notifica può esser effettuata a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima legge n. 890 del 1982, o mediante il ricorso alle modalità di notifica previste dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, o dalle singole leggi d’imposta.
10. Questa Corte ha, pertanto, affermato (Cassazione n. 15284 del 2008; n. 17598 del 2010; n. 1207 del 2014) che, a decorrere dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata legge n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale, di tal chè, proprio come stabilito per la notifica degli atti processuali dall’art. 16, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, l’ufficio è abilitato a notificare l’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di notificazione semplificata. alla quale non si applicano le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale «ordinario» ( cfr. , in materia di contenzioso tributario, Cassazione n. 17723 del 2006; n. 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cassazione n. 2690 del 2002).
10. Poichè la disciplina postale non detta specifiche previsioni al riguardo, consegue che: 1) non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico; 2) l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cassazione n. 9111 del 2012). Non può, comunque, non rilevarsi che l’assunto della ricorrente che nega per gli atti impositivi l’applicabilità del principio di sanatoria, di cui all’art 156 c.p.c., relativo agli atti processuali è smentito dalla giurisprudenza di questa Corte a partire da Cassazione SU n. 19854 del 2004.».
La suprema Corte di cassazione ha infine ribadito la propria detta ermeneutica di recente con sentenza n. 10245 del 26 aprile 2017 della V Sezione tributaria: «Questa Corte ha affermato che «in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 890 del 1982, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 codice di procedura civile. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione» (da ultimo, Cassazione n. 14501 del 2016). Nella specie, non è in contestazione che il prodromico avviso di accertamento sia stato consegnato all’indirizzo di Giorgio Cataudella e che la persona che ha ricevuto l’atto sia stata reperita presso l’indirizzo di spedizione, di modo che l’atto si presume consegnato al destinatario, indipendentemente dalla effettiva identità della ricevente e dalle dichiarazioni dalla stessa rese all’agente postale.».
Dunque si versa in una situazione di diritto vivente cui il giudice di merito deve adeguarsi oppure, ove ne sospetti la illegittimità costituzionale, sollevare la relativa questione.
Inoltre con riferimento ai richiami alle regole delle notificazioni previste nel processo tributario da parte della Corte di cassazione per giustificare come non irragionevole la scelta del legislatore , si evidenzia che le modalità di introduzione del ricorso nel rito tributario, che ammette la possibilità di utilizzare il servizio postale, trova il suo fondamento nella relativa legge delega che sottolinea infatti l’uso più largo possibile del servizio, cioè sempre che tanto sia funzionale e non elimini le garanzie [ cfr. art. 1 comma 1 n. 4 legge n. 413/91: «4) disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni con la previsione dell’impiego più largo possibile del servizio postale»] in considerazione del dato che esclusivo iniziale agente in giudizio è il contribuente, il quale reagisce avverso un atto che ha funzione di provocatio ad opponendum (che processualmente costituisce in effetti il vero e proprio atto introduttivo sostanziale:
e perciò ne è richiesta la notificazione, art. 21 decreto legislativo n. 546/1992, a fini della decorrenza del termine di impugnazione: cioè mediante forme che ne assicurino la certezza legale di conoscenza) e il destinatario del ricorso è sempre una pubblica amministrazione o un concessionario della pubblica amministrazione, che sono tenuti ad una organizzazione propria e per i quali non vi è in assoluto rischio di non consegna direttamente alla organizzazione destinataria. In questo caso la sufficienza della comunicazione del ricorso a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento postale non appare irragionevole dati proprio la natura e struttura del destinatario, la natura formalmente introduttiva del giudizio del ricorso ma sostanzialmente atto già interno al processo avanzato con l’atto impositivo, e la norma diviene così semplicemente agevolante il soggetto del rapporto debole, cioè il contribuente percosso. Così allo stesso modo non pare irragionevole che le ulteriori comunicazione e notificazioni possano farsi a mezzo posta trattandosi di atti all’interno del processo. Nel caso in esame, è invece prevista una comunicazione «semplificata» (la stessa Corte di cassazione la definisce «notificazione semplificata» ed applica la disciplina degli atti unilaterali generali di presunzione di conoscibilità ex art. 1335 del codice civile) nei confronti del soggetto debole del rapporto, normalmente agevolante del soggetto forte del rapporto che agisce peraltro con poteri di autorità e non su un piano paritetico, con riferimento proprio all’atto sostanziale che provoca il processo, sicché appare irrazionale la previsione, rispetto ad atti la cui conoscenza è indispensabile sotto il profilo del diritto alla difesa e della lesione patrimoniale (e a volte con riflessi sulla persona e la sua dignità, come insegnano le vicende tristi di cronaca anche recente), di una forma semplificata di notificazione, che si risolve di fatto in una forma di non notificazione (posto che applicandosi il regolamento postale ordinario non è necessaria neppure la ricerca del destinatario) proprio in favore di uffici finanziari che hanno non solo la organizzazione ma mezzi più che adeguati per effettuare notifiche a mezzo posta nelle forme ex legge n. 890/1982 anche dirette in proprio.
Sotto questa angolazione, le disposizioni denunziate appaiono altresì lesive dell’art. 111 della Costituzione perché rendendo non certa la conoscenza legale al destinatario dell’atto sostanziale impugnabile determinano una lesione del contraddittorio, quale esplicazione della possibilità effettiva di agire e contrastare nel processo sostanzialmente aperto dall’ufficio finanziario con l’atto impositivo avente natura di provocatio ad opponendum , e dell’art. 97 della Costituzione, norma di garanzia del cittadino, consentendo irragionevolmente agli uffici di non organizzare i propri uffici e le proprie attività in modo da consentire la certa legale conoscenza degli atti sfavorevoli al cittadino stesso.
Dunque appare sussistente una non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale, che impone il rinvio alla Corte costituzionale perché giudichi sul se siano illegittime costituzionalmente alla stregua degli articoli 3, 24, 23, 97, 111 e 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e 11 della Costituzione le disposizioni di cui agli art. 14 legge n. 890/1982, vigente (come modificato dall’art. 20 legge n. 146 del 1998) e art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 nella parte in cui, ammettendo la notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli da parte degli Uffici finanziari erariali e locali nonché degli enti di riscossione a mezzo servizio postale di raccomandata con ricevuta di ritorno, escludono a tale forma di notifica la applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982.
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza, rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale, nei termini innanzi esposti, delle disposizioni di cui agli art. 14 legge n. 890/1982, vigente (come modificato dall’art. 20 legge n. 146 del 1998) e art. 1 comma 161 legge n. 296/2006 nella parte in cui, ammettendo la notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli da parte degli Uffici finanziari erariali e locali nonché degli enti dì riscossione a mezzo servizio postale di raccomandata con ricevuta di ritorno, escludono a tale forma di notifica la applicazione delle modalità di cui alla legge n. 890/1982.
Sospende il presente giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.