COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA Liguria sezione 1 sentenza n. 840 depositata il 26 giugno 2018
In fatto e diritto
La società “B. P. & C. S.r.l.” tramite il “CLS S.r.l.”, ora in liquidazione, ha proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica ed accertamento n. 5171 RU , emesso dall’Agenzia delle Dogane di La Spezia. Con l’atto impositivo di cui sopra l’Ufficio procedeva al recupero di Euro 163.426,25 per il mancato versamento del dazio antidumping, atteso che gli accessori per tubi commercializzati dalla ditta “N. H. P. F. LTD” e acquistati dalla società ricorrente fossero di provenienza cinese e non taiwanese, cosi come emerso a seguito di accertamenti effettuati dall’organo investigativo comunitario (OLAF).
La società CLS S.r.l. impugnava l’avviso de quo lamentando il difetto di legittimazione passiva ed eccependo l’intervenuta prescrizione dell’azione di accertamento.
L’Ufficio, nel ribadire la correttezza del proprio operato, si costituiva in giudizio.
La Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, con sentenza n. 279/07/14, accoglieva il ricorso esperito dalla società dichiarando l’intervenuta prescrizione.
Avverso detta sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Dogane, chiedendone l’annullamento.
Ritiene questa Commissione che la sentenza di primo grado vada riformata in quanto le considerazioni espresse nell’atto d’appello appaiono corrette e da condividersi.
L’art. 221 del Codice Doganale Comunitario prevede testualmente che: la comunicazione al debitore (dell’importo dei dazi dovuti) non può essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale.
Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato ricorso a norma dell’articolo 243 e per la durata del relativo procedimento. Qualora l’obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che era nel momento in cui è stato commesso perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore può essere effettuata, alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine di cui al paragrafo 3″.
La normativa introduce una regola generale di prescrizione in base alla quale la comunicazione dell’importo dei dazi non può più essere effettuata dopo la scadenza del termine triennale che decorrere dalla data in cui sorge l’obbligazione doganale, e stabilisce, inoltre, che detto termine di prescrizione venga sospeso in caso di presentazione di un ricorso e per la durata del relativo procedimento.
La disciplina in materia prevede, inoltre, una proroga della decorrenza del termine di tre anni per la notifica al debitore dell’importo dei maggiori diritti doganali quando la mancata contabilizzazione dei dazi dovuti al momento della presentazione della dichiarazione doganale sia risultato di “un atto perseguibile penalmente”
A titolo di eccezione rispetto alla regola summenzionata, tuttavia, l’articolo 221, n. 4, del codice doganale comunitario dispone che, “alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, le autorità doganali possano procedere a tale comunicazione dopo la scadenza del termine di cui sopra, qualora dette autorità non abbiano potuto determinare l’importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di un atto “perseguibile penalmente”. In ambito comunitario il differimento del termine di prescrizione dipende dalla presenza di una più generica azione giudiziaria repressiva che, secondo consolidata giurisprudenza, non si concretizza necessariamente nell’avvio di un’azione penale, in quanto la qualificazione di un fatto come reato da parte delle autorità doganali viene effettuata ai soli fini amministrativi non richiedendo , quindi, la presentazione di una formale notizia di reato.
Alla luce di tale orientamento il termine di decorrenza della prescrizione in questione inizierà a decorrere dalla data in cui il decreto o la sentenza pronunciati nel procedimento penale diverranno irrevocabili.
Ne consegue che nel caso di specie la pretesa tributaria non può ritenersi prescritta nel momento in cui è stato emesso il provvedimento impugnato in quanto il mancato pagamento dei dazi dovuti è frutto di un’attività penalmente perseguibile.
Per quanto concerne il lamentato difetto di legittimazione passiva, questa Commissione ritiene che debitore e dichiarante, nel caso di rappresentazione indiretta, siano parimenti debitori, così come previsto chiaramente dall’art. 201 C.D.C..
Con riguardo all’eccezione di decadenza, invece, non si ritiene applicabile al caso dì specie la disciplina prevista dall’art. 220 C.D.C., in quanto attinente ai soli rapporti intercorrenti tra lo Stato e la Comunità Europea.
Sull’asserita insussistenza dei presupposti della revisione, questa Commissione ritiene che gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi OLAF abbiano piena valenza probatoria e possano dunque legittimamente essere posti a fondamento di atti impositivi. Nel caso di specie, a seguito di una complessa attività d’indagine avviata nella primavera del 2008 dall’Ufficio Europeo Antifrode sulle importazioni di accessori per tubi, veniva pubblicato il relativo avviso sulla G.U. serie C
Seguiva poi una ulteriore indagine comunitaria che portava al Reg. CE 803/2009, che istituiva un dazio antidumping relativo alle importazioni dei prodotti in questione con conseguente abrogazione della precedente esenzione.
Infine per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti per la contabilizzazione previsti dall’art. 220 C.D.C. è pacifico come la buona fede dell’importatore non possa esimere lo stesso dalle proprie responsabilità per l’adempimento dell’obbligazione doganale, riferendosi la normativa sopracitata al solo errore dell’autorità doganale dipendente da un comportamento attivo della stessa autorità.
L’appello dell’Agenzia delle Dogane è fondato e pertanto meritevole di accoglimento.
Vista la complessità della materia si ritiene equo compensare le spese.
La Commissione accoglie l’appello confermando in toto l’atto impositivo.
Spese compensate.
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