Commissione Tributaria Regionale per la Liguria sezione n. 2 sentenza n. 314 depositata il 19 marzo 2018
Compensazioni fiscali nel fallimento
La compensazione nel fallimento è ammissibile anche quando il credito vantato dall’imprenditore divenga liquido ed esigibile dopo l’apertura della procedura concorsuale purchè l’obbligazione sia sorta prima della dichiarazione di fallimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I fatti sono documentalmente provati e non contestati (quindi pacifici) tra le parti.
Il fallimento F. ha richiesto (in data 06/02/2008) il rimborso di un credito Iva della Società fallita, (relativo al 2007) e lo ha poi ceduto alla I. (in data03/02/2009). L’Ufficio ha rimborsato parzialmente l’importo trattenendo la complessiva somma di € 5.329,26 in compensazione di pregressi crediti che l’Agenzia vantava nei confronti della fallita F. per debiti riferiti a periodi d’imposta anteriori alla dichiarazione di fallimento e per titoli diversi da Iva (secondo quanto allegato).
La questione posta è ben riassunta nella memoria I. e consiste nell’accertare se ed in quale misura crediti erariali (per imposte diverse dall’IVA, secondo quanto allegato) sorti nei confronti di un imprenditore successivamente fallito (F.) possano o meno essere compensati con un credito Iva naturato in tempo anteriore alla dichiarazione del fallimento, poi chiesto in rimborso dal curatore fallimentare per incrementare lo stato passivo ed infine dallo stesso ceduto a un soggetto terzo (I.).
La stessa questione oggettivamente opinabile e risolta dalla giurisprudenza di merito con sentenze discordanti è stata infine decisa dalla Cassazione con tre sentenze, in giudizi nei quali era parte la stessa I. qui appellata, che, in materia identica a quella qui controversa, cassando con rinvio le sentenze della CTR della Liguria, hanno definitivamente stabilito “l’erroneità della decisione impugnata, che ha escluso la compensabilità tra i crediti esclusivamente per il fatto che il credito IVA vantato in origine dalla fallita D.S.A. s.r.l., poi ceduto alla I. s.p.a., fosse divenuto liquido ed esigibile solo dopo l’apertura del fallimento, non tenendo conto del fatto che tale credito era sorto in epoca precedente alla dichiarazione di fallimento”, motivando che “ai fini di stabilire se sussista, o meno, il requisito della reciprocità richiesto dalla disposizione contenuta nella L. Fall., art. 56 – secondo il quale la compensazione può operare solo tra gli stessi soggetti, che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito – occorre avere riguardo, onde accertare la titolarità dei rispettivi crediti, esclusivamente al fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte. Ne discende che la compensazione nel fallimento, a norma della L. Fall., art. 56, è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento”. (Cass. n. 27885-27886-27887/2013).
L’indirizzo della Cassazione è stato poi recepito dalla successiva giurisprudenza di merito (cfr. CTR Liguria n. 216/03/2015), anch’essa ricorsa in Cassazione, che con una quarta sentenza ha confermato la linea interpretativa delle tre precedenti ribadendo il principio condiviso e fatto proprio da questo collegio per cui “al fine di accertare la sussistenza del requisito della reciprocità occorre aver riguardo, onde accertare la titolarità dei rispettivi crediti, esclusivamente al fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte, da ciò discendendo che la compensazione nel fallimento è ammissibile ove ricorra l’anteriorità del fatto genetico dell’obbligazione alla dichiarazione di fallimento, anche quando il controcredito divenga liquido ed esigibile dopo l’apertura della procedura concorsuale (Cass. 24721/2016).
Sotto questo profilo l’appello dell’Ufficio è fondato.
I., partendo dal fatto presupposto che i debiti del contribuente (F.), poi fallito, erano costituiti da imposte non Iva, successivamente compensate dall’Uffici con crediti Iva, propone istanza di “pregiudiziale rinvio degli atti alla Corte di Giustizia Europea, ai sensi dell’art. 267 del trattato UE, per accertamento di compatibilità dell’art. 56 del RD 267/ 1942 nella parte in cui consente all’A.F, la facoltà di compensare propri crediti nei confronti del fallito diversi dall’Iva con crediti Iva del fallito riportati dalla procedura con i principi di neutralità e di effettività dell’Iva di cui alla Direttiva 112/2006 CEE”.
Questo giudice, non pronunciandosi nella presente controversia in ultima istanza, ritiene di non accogliere
la richiesta di rinvio pregiudiziale (facoltativo in questo grado) né per l’interpretazione della norma europea né per esame di validità, tenuto conto che la questione è già stata implicitamente disattesa dalla Cassazione nei precedenti giudizi e, comunque, potrà dalla stessa essere nuovamente riesaminata quale giudice di ultima istanza.
Le spese del giudizio di primo grado sono compensate stante la novità della questione all’epoca trattata e quelle dell’appello seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, diminuite fino al 50% ai sensi dell’art. 4, comma l, del regolamento per la liquidazione dei compensi per la professione forense, in considerazione delle caratteristiche dell’attività prestata, della natura dell’affare e delle questioni giuridiche trattate e ridotta della fase decisionale (valore dichiarato della controversia €5.329,00).
Accoglie l’appello e, in totale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di I. s.p.a., dichiarando legittimo il provvedimento impugnato (comunicazione 20/12/2012 prot. n. 236250 dell’Agenzia delle Entrate di Genova).
Condanna il Contribuente appellato al pagamento delle spese del grado che liquida in € 1.200,00 oltre accessori di legge.