COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sentenza n. 1022 sez. XVI depositata il 6 marzo 2019
Scudo fiscale – Disconoscimento effetti per fittizietà del rimpatrio – Rimborso imposta straordinaria versata a seguito di definizione avvisi di accertamento – Dovuto
Sentenza
L’appellante ricorda cronologicamente i fatti dai quali è scaturito il ricorso in primo grado e successivamente l’appello che qui ci occupa e fa osservare:
che in data 27 febbraio 2002, in adesione alla procedura di emersione di attività detenute all’estero ex artt. 11 e ss., del D.L. 25 settembre 2001, n. 350 (convertito con modificazioni dalla L. 23 novembre 2001, n. 409, disciplinante il cd. “Scudo Fiscale”), la Sig.ra A.V.D. procedeva alla presentazione all’intermediario della dichiarazione in forma riservata prevista dall’art. 13, comma 1, del D.L. n. 350/2001;
che la Sig.ra A.V.D. provvedeva, quindi, all’operazione di rimpatrio dei capitali detenuti all’estero per un valore complessivo pari ad € 29.045.870,00 procedendo, per il tramite dell’intermediario, al pagamento dell’imposta straordinaria di cui all’art. 12, comma 1, del D.L. n. 350/2001 (di seguito anche “Imposta Straordinaria”), per un totale pari ad Euro 726.147,00, ossia pari al 2,5% delle attività rimpatriate come richiesto dalla normativa richiamata;
che la Sig.ra A.V.D. (di seguito la “de cuius”), è deceduta in data (omissis);
che, in data 10 dicembre 2010, la Direzione Provinciale I di Milano – Ufficio Controlli notificava all’odierno Appellante, in qualità di fratello ed erede della de cuius, l’avviso di accertamento n. (omissis), per i redditi esteri non dichiarati relativamente all’anno di imposta 2002;
che, in data 17 giugno 2011, l’Ufficio notificava, altresì, al Contribuente (i) sei distinti avvisi di accertamento relativi ai redditi esteri non dichiarati dalla de cuius per i successivi periodi d’imposta dal 2003 al 2008 (segnatamente, gli avvisi di accertamento: n. (omissis) per il 2003, n. (omissis) per il 2004, n. (omissis) per il 2005, n. (omissis) per il 2006, n. (omissis) per il 2007, n. (omissis) per il 2008);
che, in tutti i richiamati Avvisi di Accertamento (notificati per le annualità dal 2002 al 2008), l’Ufficio accertava, su base presuntiva, redditi in relazione alle attività finanziarie estere in parola;
che, in particolare, negli Avvisi di Accertamento, l’Ufficio dava atto del fatto che: «i documenti acquisiti dimostrano con tutta evidenza la fittizietà delle operazioni di scudo e di conseguenza l’inefficacia dell’operazione a sanare la posizione del contribuente le operazioni di scudo fiscale poste in essere dal contribuente hanno natura meramente fittizia e risultano comunque essere avvenute in palese violazione della normativa prevista in materia. In sostanza, attraverso questo meccanismo, il contribuente si è avvalso solo formalmente dello scudo fiscale, simulando il rimpatrio di disponibilità detenute all’estero nella forma di certificati azionari, ma ha mantenuto di fatto tali disponibilità all’estero»;
che l’Ufficio, quindi, disconoscendo i benefici connessi allo Scudo Fiscale, in relazione alle attività estere: per l’anno 2002 determinava redditi presuntivi pari a € 793.315,74, ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 167/1990, applicando il Tasso Ufficiale di sconto medio relativo all’anno di imposta fissato dalla Banca Centrale Europea; per gli anni dal 2003 al 2008 attribuiva alla de cuius redditi pari ad € 8.787.440,30;
che dagli accertamenti notificati risulta che l’Ufficio abbia provveduto a porre in essere la denuncia di reato ai sensi dell’art. 331 del c.p.p. presso la Procura della Repubblica di Milano, per il reato di infedele dichiarazione di cui all’art. 4, del D.Lgs. n. 74/2000;
che, in data 22 luglio 2011, gli Avvisi di Accertamento relativi alle annualità di imposta dal 2004 al 2008 venivano definiti dal Contribuente avvalendosi dell’istituto dell’acquiescenza, ex dell’art. 15, della L. n. 218/1997 (per semplicità nel proseguo comunemente definita “acquiescenza”). E ciò avveniva mediante il pagamento delle imposte e delle sanzioni per un ammontare complessivo pari ad Euro 1.384.330,34;
che, gli Avvisi di Accertamento relativi ai periodi di imposta 2002 e 2003 venivano, invece, impugnati dinanzi alle competenti Commissioni Tributarie Provinciali (di Milano e di Varese), contestando, in particolare, la tardività della loro notificazione in relazione ai termini di decadenza del potere impositivo dell’Ufficio ex art. 43, del DPR n. 600/1973. I relativi giudizi (con esiti in primo grado opposti) ora pendono innanzi alla Corte di Cassazione in attesa che venga fissata l’udienza di trattazione;
che il Contribuente, preso atto dell’inoperatività nei propri confronti degli effetti premiali stabiliti dalla normativa di cui al richiamato D.L. n. 350/2001 a favore di coloro che aderivano al rimpatrio delle attività estere (Scudo Fiscale), il 16 gennaio 2013, presentava ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, istanza di rimborso per l’Imposta Straordinaria assolta nel corso del 2002;
che, in data 2 agosto 2013, constatata la formazione del silenzio rifiuto in merito alla suddetta istanza, il Contribuente depositava il ricorso, oggetto del presente giudizio, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, contestando, in particolare: la legittimità della richiesta di rimborso dell’Imposta Straordinaria per mancata operatività dell’art. 14, del D.L. n. 350/2001, in relazione agli effetti premiali derivanti dall’adesione alla procedura di rimpatrio di capitali di cui al medesimo decreto; la legittimità della richiesta di rimborso dell’Imposta Straordinaria per mancata operatività dell’art. 14, comma 2, del D.L. n. 350/2001, anche in relazione al diritto alla riservatezza dei dati e delle notizie comunicate agli intermediari relative all’oggetto dell’emersione; la legittimità della spettanza del rimborso delle somme versate a titolo di Imposta Straordinaria per indebito arricchimento dell’Erario;
che il 13 dicembre 2013 l’Ufficio si costituiva in giudizio contestando quanto ex adverso dedotto;
che il 9 ottobre 2015 il Contribuente depositava memorie illustrative per replicare a quanto eccepito dall’Ufficio;
che con la sentenza n. 499/36/16, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha respinto il ricorso proposto dal Contribuente con la seguente motivazione: “La ratio sullo scudo è duplice, assicurare all’erario sollecite e rilevanti entrate, far emergere le attività detenute all’estero, con una dichiarazione “volontaria” con riflessi agevolativi dietro il versamento di un imposta straordinaria. Al rimborso in esame, è estraneo ogni richiamo all’errore… Gli avvisi di accertamento emessi a seguito delle citate indagini penali sono successivi alla formazione della volontà di presentare la dichiarazione (D.L. 350/2001), onde l’istanza di rimborso assume il significato di ripensamento o pentimento derivante dal processo penale e avvisi di accertamento. La dichiarazione … diversamente dalle ordinarie dichiarazioni fiscali che hanno natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, come tale modificabile, costituisce un fatto volontario, frutto di scelta e di autodeterminazione del ricorrente, i cui effetti non sono però rimessi alla volontà del singolo, ma previsti dalla legge, la quale una volta effettuata, i nuovi fatti contestati non legittimano la revoca della dichiarazione ed il conseguente rimborso delle somme versate, perché tale meccanismo non è previsto dalla legge. Visto l’art. 15 del D.Lgs. 546/1992 condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 3.000,00″.
Il contribuente dopo aver ricostruito i fatti chiede la riforma della sentenza impugnata per i seguenti motivi.
Illegittimità della sentenza per violazione ed erronea applicazione dell’art. 14 del D.L. 350/2001, in quanto la presente controversia verte sul riconoscimento del diritto al rimborso delle somme versate dal Contribuente a titolo di Imposta Straordinaria, in conseguenza della dichiarazione di adesione, presentata il 27 febbraio 2002, allo Scudo fiscale.
In sede di ricorso, l’odierno Appellante ha motivato la legittimità della richiesta di rimborso, dal momento che l’Ufficio, attraverso la notifica degli Avvisi di Accertamento e degli Atti di Contestazione, richiamati anche nella parte in fatto del presente atto, ha disconosciuto “in via definitiva gli effetti premiali connessi allo Scudo Fiscale, posto in essere nel 2002” facendo decadere con effetti ex tunc la procedura di adesione allo Scudo Fiscale realizzata dalla de cuius del Contribuente.
Poiché dunque nella fattispecie il pagamento dell’Imposta Straordinaria, avvenuto per € 663.887,00, non ha determinato, gli effetti previsti dalla normativa sullo Scudo Fiscale, a parere del Contribuente sussiste un obbligo in capo all’Erario alla restituzione della somma versata a titolo di imposta straordinaria.
Insufficiente motivazione ed illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 2033 c.c. e, conseguentemente, degli artt. 67 del DPR 600/1973 e 163 del DPR 917/1986 nonché dell’art. 53 della Costituzione.
Nel ricorso introduttivo del giudizio l’Appellante ha eccepito altresì l’illegittimità del diniego di rimborso opposto dall’Ufficio anche per indebito arricchimento dell’Erario. Nella fattispecie in esame, infatti, è evidente che l’Amministrazione finanziaria continui a detenere ingiustificatamente delle somme che sono state versate dalla de cuius del contribuente in ragione di benefici che non sono stati mai fruiti, a causa del disconoscimento della validità dello scudo effettuato dall’Ufficio, e che evidentemente oggi non hanno più ragione di essere trattenute.
Resiste l’Agenzia delle Entrate che chiede il rigetto dell’appello.
All’esito della trattazione la Commissione ritenuto fondato l’appello lo accoglie per i seguenti motivi.
I giudici di prime cure hanno respinto il ricorso proposto dal Contribuente sostenendo che la dichiarazione presentata ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 del DL 350/2001 non costituirebbe un atto ritrattabile e non sarebbe quindi possibile chiedere la restituzione di quanto versato all’Erario sulla base di un atto volontario come l’adesione al cosiddetto “scudo fiscale”.
Con il DL 350/2001 sono state approvate disposizioni volte a consentire l’emersione e conseguente regolarizzazione delle attività detenute all’estero da taluni soggetti residenti in Italia versando un’imposta straordinaria che produceva effetti estintivi delle violazioni di natura tributaria e previdenziale relativamente agli importi dichiarati, rendeva non punibili i relativi delitti e reati oltre ad estinguere le sanzioni amministrative.
In altri termini, la richiamata disciplina consentiva ai contribuenti che decidevano di avvalersi dell’istituto premiale, a fronte del pagamento dell’Imposta Straordinaria nella misura indicata, di porsi al riparo dall’azione accertativa.
Può dirsi che lo Scudo fiscale rientra infatti nella categoria dei “condoni in senso improprio” che, a differenza dei condoni propriamente detti, non perseguono le finalità tipiche dell’indulgenza fiscale, ma hanno effetti sostitutivi dei normali parametri di determinazione del debito d’imposta. Si tratta di un condono di tipo premiale nel quale il premio consiste nella preclusione dell’azione di accertamento tributario e contributivo (cd. Scudo) e nell’applicazione di un parametro più favorevole di determinazione del tributo.
Ciò detto si deve dare ragione all’appellante quando sostiene che la decisione dei giudici di prima istanza è frutto di un erroneo inquadramento della fattispecie. Nel caso in esame, infatti non rileva il tema della ritrattabilità o meno della dichiarazione di adesione allo Scudo fiscale bensì quello, diverso, del mancato perfezionamento o, meglio ancora, dell’inesistenza sul piano giuridico della procedura di adesione allo Scudo fiscale presentata dalla de cuius del Contribuente.
Solo nel caso di piena efficacia dell’adesione allo scudo fiscale poteva rilevare il tema – sollevato dai giudici aditi – della ritrattabilità o meno della stessa.
La procedura di adesione allo Scudo fiscale non ha prodotto gli effetti previsti dalla legge nonostante il pagamento dell’imposta straordinaria nella misura prevista dalla legge tanto che l’Ufficio ha disconosciuto l’intera procedura promuovendo un’azione accertatrice nei confronti del Contribuente che ha comportato l’emissione di diversi avvisi di accertamento in cui la stessa Agenzia delle Entrate ha apertamente dichiarato che l’operazione di Scudo fiscale fatta dal Contribuente è risultata “inefficace” e che quindi si è proceduto a disconoscerne gli effetti provvedendo al recupero integrale delle maggiori imposte, sanzioni ed interessi asseritamente dovuti senza considerare quindi l’effetto “novativo” dell’istituto condonale.
Ne consegue che nella fattispecie non può parlarsi di “ritrattazione” della dichiarazione di Scudo bensì di “inefficacia” della stessa e quindi l’inidoneità della stessa a produrre gli effetti giuridici che le sarebbero stati propri”.
Ha pertanto ragione il contribuente ed è fondato il suo appello in quanto l’Ufficio, disconoscendo la validità dello Scudo, attraverso la notificazione degli Avvisi di Accertamento e degli Atti di contestazione, ha impedito alla Sig.ra A.V.D., ed al suo erede, di godere degli effetti premiali previsti dallo Scudo Fiscale sia con riferimento all’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria; sia con riferimento alla contestazione del reato di dichiarazione infedele; sia con riferimento al diritto di riservatezza vantato a seguito del perfezionamento dello Scudo Fiscale, con ciò rendendo legittimarla richiesta di rimborso dell’Imposta Straordinaria pagata nel corso del 2002 e pari ad € 726.147,00.
L’inefficacia dello scudo determina la inesistenza di un titolo valido in capo all’Erario affinché questi possa trattenere le somme incassate che diventerebbero così un ingiustificato arricchimento dello Stato a danno del contribuente con l’inevitabile doppia imposizione che si è venuta a creare e la violazione del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione e la conseguenza che anche sotto questo profilo l’appello è fondato.
Pertanto in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza gravata si ritiene dovuto il rimborso delle somme pari ad € 726.147,00 e relativi interessi, indebitamente versate a titolo di Imposta Straordinaria per l’adesione allo Scudo fiscale che non si è perfezionato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione accoglie l’appello e condanna il soccombente alla rifusione delle spese di lite liquidate in Euro 5.000,00 oltre oneri di legge.
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