Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia sez. 19 sentenza n. 1 depositata il 4 gennaio 2022

redditi fondiari – non riscossi –  accertamento

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 29.5.2019 la CTP di Brescia accoglieva il ricorso presentato da Cxxxx Mxxxx avverso l’avviso di accertamento di cui in epigrafe e condannava l’Ufficio resistente al pagamento delle spese di giudizio liquidate nella misura indicata in dispositivo.

Secondo i primi giudici l’indicazione di minori redditi da parte del contribuente doveva considerarsi giustificata dal fatto che quest’ultimo non aveva percepito. già dall’1.2.13, il canone della locazione oggetto di verifica, a nulla rilevando che all’esito della procedura di sfratto per morosità fosse stata fissata quale data di rilascio dell’immobile quella del 21.12.13.

Si riteneva pertanto ingiustificata la ripresa dell’Ufficio, sottolineandosi come l’azione di risoluzione del contratto ex art. 1456 cod. civ. tendesse ad una pronuncia di mero accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto a seguito dell’inadempimento di una delle parti, in conseguenza dell’esplicita dichiarazione dell’altra parte di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, differendo tale azione da quella ordinaria di risoluzione per inadempimento per colpa ex art. 1453 cod. civ., che ha natura costitutiva.

2.- Con rituale atto di appello detta decisione veniva impugnata dall’Ufficio interessato sul presupposto che la disapplicazione del disposto di cui all’art. 26 co. 1 del DPR 131/86 (che, come è noto, stabilisce che i redditi fondiari concorrono a formare imponibile anche se non materialmente percepiti) potesse fondarsi solo sull’effettivo venir meno del contratto; precisato che nel caso di specie ricorresse un caso di locazione commerciale ad uso non abitativo, l’Ufficio appellante sottolineava, in particolare, come la parte privata non avesse provato né l’avvenuta comunicazione di volersi avvalere della cd. clausola risolutiva espressa, né di avere effettuato il prescritto versamento della tassa per la cessazione del contratto di locazione; concludeva per la piena legittimità della ripresa a tassazione del canone percepito dall’interessato fino alla data del verbale di rilascio ottenuto a seguito di apposita procedura giurisdizionale, trattandosi dell’unica data certa cui ricollegare l’effettiva cessazione del rapporto di locazione.

3.- Non si costituiva il contribuente interessato, nonostante la rituale notifica dell’appello.

4.- All’odierna udienza si procedeva alla trattazione del ricorso secondo le vigenti disposizioni emergenziali e la causa veniva trattenuta in riserva di decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5.- All’esito, ritiene la Commissione che l’appello sia fondato e che meriti pertanto accoglimento.

A norma dell’art. 26 co. 1 TUIR, infatti, i redditi fondiari concorrono a formare il reddito imponibile “indipendentemente dalla percezione” da parte del soggetto a ciò legittimato.

A tale regola si fa in parte eccezione per i redditi da locazione ad uso abitativo (nel senso che per questi è previsto un credito di imposta per i canoni maturati e non percepiti come da accertamento intervenuto nell’ambito di un procedimento di convalida di sfratto per morosità), ma si tratta di un caso diverso da quello analizzato nella specie, dato che la locazione oggetto dell’azione accertativa è di natura commerciale.

E tuttavia va rammentato che secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 362/2000) la regola prevista per le locazioni commerciali va applicata in modo non irragionevole, nel senso che essa “dovrà considerarsi operativa solo fino a quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico”.

Per tale motivo l’Amministrazione finanziaria ha da tempo adottato una linea interpretativa nel senso che ritiene non imponibili i canoni maturati e non percepiti, anche di locazioni commerciali, laddove sia comunque fornita prova dell’effettiva risoluzione del contratto anche prima della risoluzione dichiarata giudizialmente.

Come giustamente sottolineato nell’atto di appello, nella specie tale prova non risulta tuttavia fornita, dato che non è stato dimostrato dall’interessato che egli abbia dato comunicazione all’affittuario della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa che pure era effettivamente inserita nel contratto medesimo, né risulta prodotto il versamento previsto per la comunicazione dell’avvenuta risoluzione che avrebbe dovuto essere effettuata all’Ufficio del Registro ex art. 17 del DPR 131/86.

In tale situazione appare del tutto legittimo che l’Ufficio, in sede di emissione dell’atto impugnato, abbia fatto riferimento alla data del verbale del rilascio ordinato in sede giudiziale, computando anche i canoni maturati fino a quella data, pur in assenza della loro effettiva percezione.

Ne consegue il già anticipato accoglimento dell’appello, cui consegue la riforma dell’impugnata sentenza ed il rigetto dell’originario ricorso, dovendosi riconoscere come immune da vizi l’atto accertativo che di esso ne era oggetto.

6.- Tenuto conto della rigidità della normativa applicata (che fa scattare l’obbligo contributivo anche a fronte di redditi di fatto non percepiti), si ritiene tuttavia che sussistano i presupposti per la compensazione delle spese relative ad entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

La Commissione in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta l’originario ricorso. Compensa fra le parti le spese di entrambi i gradi giudizio.