Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, sezione 1, sentenza n. 24 depositata il 14 gennaio 2020

In tema di TARSU, ai fini dell’applicazione delle deroghe di cui al comma 2 dell’art. 62 del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507,  è il contribuente a dover dedurre e provare i relativi presupposti

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 18.12.2017 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso proposto dalla società P. p. M. s.r.l. avverso l’avviso di accertamento Tarsu. emesso dal Comune di Vimodrone, per l’anno 2000, relativo a box destinati alla vendita.

Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria provinciale che la detenzione dell’immobile era finalizzato alla vendita e la società aveva provato la non utilizzabilità dei box.

Il Comune di Vimodrone impugna la sentenza della Commissione Tributaria provinciale deducendo l’erroneità della sentenza per l’affermato difetto del presupposto impositivo.

La società intimata si è costituita con controdeduzioni.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato. In tema di TARSU, ai sensi dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, mentre le deroghe indicate al comma 2 della norma e le riduzioni delle tariffe non operano in via automatica in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo il contribuente dedurre e provare i relativi presupposti (Cass. n.18054 del 2016).

In tale materia, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione, costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 9731 del 2015).

L’impossibilità di produrre rifiuti deve dipendere da fattori oggettivi e permanenti e non dalla contingente e soggettiva modalità di utilizzazione dei locali.

Si è, infatti, precisato, da parte della S.C. che: « La situazione che legittima l’esonero si verifica allorquando l’impossibilità di produrre rifiuti dipende dalla natura stessa dell’area o del locale, ovvero dalla loro condizione di materiale ed oggettiva inutilizzabilità ovvero dal fatto che l’area ed il locale siano stabilmente, e cioè in modo permanentemente e non modificabile, insuscettibili di essere destinati a funzioni direttamente o indirettamente produttive di rifiuti» (Cass. n. 19720 del 2010, Cass. n. 22124 del 2017).

Con specifico riferimento alla tassabilità dei box auto, si è affermato che : «La disciplina della TARSU contenuta nel d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione, non contrasta con il principio comunitario “chi inquina paga”, sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell’immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un’ampia prova contraria, ma contiene previsioni (v. art. 65 e 66) che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni» (Cass. n. 2202 del 201 l, Cass. 11351del2012).

Nella fattispecie l’area del sottosuolo, adibita a box, non è esente da tassazione, posto che l’esimente costituita dall’inidoneità alla produzione di rifiuti deve dipendere da fattori oggettivi e permanenti e non dalla contingente e soggettiva modalità di utilizzazione dei rifiuti.

Deve trattarsi di impossibilità di produrre rifiuti dipendente dalla natura stessa dei locali o dalle condizioni di materiale e oggettiva inutilizzabilità ovvero dal fatto che l’area o il locale siano stabilmente, cioè in modo permanente e non modificabile, insuscettibili di essere destinati alla produzione di rifiuti.

Non sono, quindi, ravvisabili ragioni che possano escludere la possibilità di produrre rifiuti, laddove, nella specie, la destinazione alla vendita dei box non è una causa di esenzione dal pagamento del tributo, in quanto le aree a ciò utilizzate sono aree, esattamente individuabili ed esclusivamente a disposizione dell’utilizzatore, e quindi frequentate o frequentabili da persone e, come tali, produttive di rifiuti in via presuntiva (Cass. n. 22124 del 2017; Cass. n. 14770 del 2000;Cass. n. 5047 del 2015). Va, conseguentemente, accolto l’appello e in riforma dell’impugnata sentenza rigettato l’originario ricorso della società.

Le spese del doppio grado di giudizio vanno poste a carico della società rimasta soccombente.

PQM

Accoglie l’appello e in riforma della impugnata sentenza rigetta l’originario ricorso della società che condanna al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquida, quanto al primo grado in euro 500,00 e per il secondo grado in euro 600,00, oltre, su entrambi gli importi, spese di CU, spese forfettarie e accessori di legge.