Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia sezione 24 sentenza n. 4188 depositata il 24 ottobre 2019
TARI – pertinenze
Pertinenze e regime di applicabilità della parte variabile della TARI
Ai fini della pertinenza è essenziale la destinazione durevole impressa dal proprietario della cosa al servizio di quella principale. Alla luce di tale norma contenuta nell’art. 817 del codice civile la CTR lombarda ha respinto l’appello del contribuente già soccombente in primo grado. Quest’ultimo aveva lamentato che l’imposta gli fosse stata liquidata con duplicazione della parte variabile della TARI sebbene, a suo avviso, la stessa fosse stata già applicata al bene principale. A sostegno della propria tesi lo stesso citava la circolare MEF, n. 1/DF, 20-11-2017, in base alla quale la quota variabile della TARI non deve essere applicata alla pertinenza se già applicata alla cosa principale. Nel caso di specie i giudici hanno, in definitiva, ritenuto non meritevole di accoglimento l’appello poiché nell’atto di appello non esistono riferimenti alla destinazione durevole del box al servizio dell’abitazione principale.
2. Il comune di costituitosi, resistette al ricorso, contestando che nella normativa vigente all’epoca fosse considerato il nesso di pertinenzialità del box coperto rispetto all’abitazione, e deducendo che il regolamento del Comune di non impugnato nelle sedi e con i modi opportuni dalla ricorrente, non riconosceva, fino al 2018, il vincolo di pertinenza in questione, e che la modifica adottata poi, in aderenza all’interpretazione offerta dal Ministero economia e Finanza con la circolare n. l /DF/ 20.11.2017, non è applicabile retroattivamente. Quanto alla superficie, di aver applicato l’art. 8 del Regolamento TARI del Comune di e che il criterio dell’80% della superficie catastale costituisce, nella previsione dell’art. l co. 646 della legge 27 febbraio 2013 n. 147, solo il minimo tassabile, in difetto di accertamenti diretti. La con tribuente, comunque era tenuta a dichiarare la superficie imponibile se superiore, e il comune può sempre accertarla.
3. La Commissione Tributaria Provinciale di ha respinto il ricorso. Ha osservato, quanto all’applicazione della quota variabile, che il Comune ha applicato il suo regolamento n. 17 del 23 giugno 2014, nel testo vigente ratione temporis. La nozione di pertinenzialità non era mai stata definita dal legislatore tributario. La circolare ministeriale invocata dalla contribuente non aveva valore di fonte del dirit to per il giudice e la modifica del regolamento comunale – coerente con quella circolare era intervenuta nel 2018, con effetto innovativo, non estensibile agli anni precedenti. Quanto alla superficie imponibile, il calcolo del Comune era legittimo, mentre il criterio dell’80% sarà applicabile solo dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione di apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate attestante l’avvenuta completa attuazione delle disposizioni di cui al comma 647 art.11 cit.; provvedimento a oggi non ancora emesso.
4. Contro questa sentenza la contribuente ha proposto appello. Il Comune resiste con contro-deduzioni.
5. Le questioni sollevate dall’appellante nel presente grado di appello sono sostanzialmente due. La prima concerne l’illegittima applicazione, nella tassazione del box di sua proprietà, della quota variabile della TARI, che era già stata applicata nella tassazione della sua casa di abitazione, della quale lo stesso box sarebbe una pertinenza. La seconda questione concerne la determinazione della superficie calpestabile da utilizzare nella liquidazione della TARI.
6. Sul primo punto non si rinvengono puntuali precedenti in termini nella giurisprudenza di legittimità (la sent. 26 luglio 2017 n. 18500 riguarda l’applicazione dell’art. 62 comma 1 D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che esclude dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti, e pone a carico del contribuente non solo la stabile destinazione dell’area a un determinato uso, ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti). E’ invece pertinente la citazione della Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. N. 1/DF Prot. N. 41836/2017 che si occupa specificamente del problema dell'(in)applicabilità della quota variabile alla TARI sulle pertinenze dell’abitazione. Vero è che le circolari ministeriali non sono fonti del diritto obiettivo, e non vincolano il giudice, ma ciò non toglie che esse possano contribuire, se adeguatamente argomentate, alla corretta interpretazione delle norme da applicare.
7. La Commissione è dell’avviso che il ragionamento, con il quale in quella circolare si dimostra la di sparità di trattamento alla quale si potrebbe pervenire applicando la quota variabile della TARI sia sull’abitazione (cosa principale) e sia sulla pertinenza costituita dal box, sia persuasivo, se in sé considerato. Il limite di quel ragionamento è di dare per scontata la nozione di pertinenzialità tra le cose, nozione che, invece, non lo è. Si deve, infatti, convenire con il primo giudice e con il comune appellato che il legislatore tributario non ha mai dato una definizione di pertinenza.
8. In tale situazione, il ricorso alla definizione di pertinenza offerta dall’art. 817 del c.c. diventa obbligata, in omaggio alla speciale collocazione che nella tradizione ha il codice civile, come legge generale, in contrapposizione con la legislazione speciale che disciplina le singole materie. Ora, nella norma dell’art. 817 c.c., ai fini della pertinenza è essenziale la destinazione durevole impressa dal proprietario della cosa al servizio quella principale. Nell’atto di appello, tuttavia, non si fa mai riferimento alla destinazione durevole del box al servizio dell’abita zione, o specificamente al veicolo o ai veicoli della proprietaria. Al contrario, l’appellante critica espressamente il riferimento all’art. 817 c.c., la sciando intendere che la destinazione durevole al servizio dell’abitazione non vi sarebbe. Secondo l’appellante, infatti, non alla norma del codice civile occorrerebbe far riferimento, norma inconferente che “non autorizza la conclusione da esso dedotta e applicata”, ma al principio generale della normativa fiscale costituito dal divieto della doppia imposizione. Sennonché, la doppia imposizione (vale a dire, l’ingiustificata duplicazione della parte variabile della TARI sul box) sarebbe ravvisabile solo sul presupposto del rapporto pertinenziale (che unificherebbe le due proprietà), e non può esserne la dimostrazione, sicché si risolve in una pura petizione di principio.
9. Né poi si vede a quale altra nozione di pertinenza si possa far riferimento. Vero è che ai sensi dell’articolo 9 della Legge 24 marzo 1989, n. 122, i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti; e tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel sot tosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (Cons. di Stato, Sez. 6, sent. 26 aprile 2005 n. 1874). Ma è sufficiente ricordare che nella fattispecie in esame i due immobili si trovano a indirizzi diversi del Comune (l’abitazione in e il box in via ), e ben distanti tra loro, sicché si è fuori da quella nozione di pertinenza.
10. Neppure gioverebbe, nel presente giudizio, l’eventuale applicazione della nuova regola introdotta nel regolamento Tari del Comune nel 2018, per cui “Per quanto riguarda i box e le autorimesse, si considera pertinenza dell’abitazione un’unica unità im mobiliare situata in prossimità dell’abitazione”. Qua lora pure, in aderenza alle tesi in diritto sostenute dall’appellante, si volesse disapplicare il regolamento del Comune di vigente all’epoca, e tener conto della modifica apportata nel 2018, si dovrebbe costatare che manca nell’appello qualsiasi riferimento alla prossimità del box all’abitazione. Di fatto, i due indirizzi distano quasi due chilometri, e una distanza che a piedi si copre in poco meno di mezz’ora non può considerarsi prossima.
11. In conclusione, sul primo punto l’appello è infondato.
12. Quanto alla superficie da utilizzare per la base imponibile, la norma applicabile è quella contenuta nell’art. 8 del regolamento TARI del Comune il cui contenuto ricalca del resto largamente l’allegato C del d.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, a sua volta richiamato dalla norma impositiva. E’ sufficiente al riguardo ricordare che la superficie rilevante ai fini della TARI è determinata a norma dell’art. l comma 646 della l. n. 147 del 2013 per il quale “Per l’applicazione della TARI si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti. Relativamente all’attività di accertamento, il comune, per le unità immobiliari iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano1 può considerare come superficie assoggettabile alla TARI quella pari all’SO per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n.138”.
13. L’art. 8 del regolamento del Comune stabilisce dunque, al primo comma, che: “Ai fini dell’applicazione del tributo si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini Tarsu – Tares. Nel secondo comma è disposto quanto segue: “La superficie calpestabile dei locali è determinata considerando la superficie dell’unità immobiliare al netto dei muri interni, dei pilastri e dei muri perimetrali. Nella determinazione della predetta superficie non si tiene conto dei locali con altezza inferiore a 1,5 mt., delle rientranze o sporgenze realizzate per motivi estetici, salvo che non siano fruibili, dei locali tecnici quali cabine elettriche, vani ascensori, locali contatori ecc. Le scale interne sono considerate solo per la proiezione orizzontale. La superficie dei locali tassabili è desunta dalla planimetria catastale o da altra analoga 9 (ad esempio planimetria sottoscritta da un tecnico abilitato iscritto all’albo professionale), ovvero da misurazione diretta”.
14. Dalla disciplina contenuta nella disposizione citata si ricava che il criterio dell’80% della superficie catastale è di natura residuale, e indica il minimo imponibile in mancanza di accertamenti diretti, più puntuali. Nella fattispecie il Comune ha proceduto a un accertamento basato sulla superficie catastale al netto dei muri perimetrali, con riduzione per approssimazione. Il calcolo è legittimo e si sottrae alla censura della contribuente, basata sull’estrapolazione di una regola meramente suppletiva.
15. In conclusione l’appello è respinto. La novità di alcune questioni dibattute giustifica la compensazione delle spese del grado di appello tra le parti.
P.q.m.
La commissione rigetta l’appello e compensa le spese del grado tra le parti.
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