COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Sicilia sentenza n. 3299 sez. XIV depositata il 27 maggio 2019
Imu – Impresa in amministrazione giudiziaria – Procedura di verifica – Sussiste
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato la (omissis) s.r.l. in amministrazione giudiziaria giusta decreto di sequestro del Tribunale di Trapani – Sez. Misure di Prevenzione – in data 23/24 Novembre 2015 impugnava, innanzi alla C.T.P. di Trapani, l’avviso di accertamento con cui il comune di Petrosino aveva richiesto alla società il pagamento dell’imposta IMU per l’anno 2015 deducendo:
– in via preliminare l’illegittimità del procedimento di accertamento e la conseguente improcedibilità per violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 3 bis, D.Lgs. n. 159/2011 e succ. int. e mod. a norma del quale “Durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono, è sospeso il versamento di imposte, tasse e tributi dovuti con riferimento agli immobili oggetto di sequestro il cui presupposto impositivo consista nella titolarità del diritto di proprietà o nel possesso degli stessi” e per violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 57, 58 e 59 del D.Lgs. n. 159/2011 e succ. int. e mod., in quanto a seguito della misura di prevenzione i giudizi di accertamento di crediti non possono più essere proposti, trovando esclusiva applicazione la normativa prevista dal Codice Antimafia, con conseguente improponibilità delle azioni di accertamento dei crediti nonché l’esclusiva competenza funzionale del Giudice delegato per la Misura di Prevenzione, per l’accertamento e la verifica di tutti i crediti nascenti ante sequestro secondo l’iter fissato dagli artt. 52 e ss. del Codice antimafia;
– in via pregiudiziale la giuridica inesistenza o nullità insanabile dell’atto impugnato per illegittimità della notifica, in violazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/73, nonché in violazione artt. 137 e ss. cod. proc. civ. ed, in particolare, dell’art. 145 cod. proc. civ. stante la circostanza che nell’avviso di accertamento non risultava regolarmente apposta la firma del ricevente;
– in via principale la nullità dell’avviso impugnato per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. nonché per omessa motivazione e per mancata indicazione dell’aliquota applicata in violazione degli artt. 3 e 21 septies della L. 241/90, 7 comma 1 della L. 212/2000 e 42 commi 2 e 3 in combinato disposto, del D.P.R. 600/73 nonché la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e per mancato assolvimento dell’onere della prova;
– in via subordinata e nel merito l’errata quantificazione del tributo preteso dal comune di Petrosino a causa dell’arbitrario utilizzo dei dati risultanti dalle planimetrie urbanistiche, nonché la erronea applicazione della normativa in materia di IMU.
Si costituiva il Comune di Petrosino il quale chiedeva il rigetto del ricorso.
La C.T.P. adita con sentenza in data 23/11/2017 rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
I primi giudici assumevano che la norma richiamata (art. 51 Codice Antimafia) prevedeva unicamente una sospensione dei versamenti dei tributi e non anche una sospensione della potestà accertativa, che le eccezioni relative alla nullità della notifica erano prive di fondamento avendo l’atto raggiunto il suo scopo e che risultavano “non fondati” gli altri motivi di ricorso.
2. Contro detta sentenza ha proposto appello innanzi a questa C.T.R. la (omissis) s.r.l. in amministrazione giudiziaria deducendo: vizio di motivazione per omessa pronunzia; vizio di motivazione per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunziato; vizio di motivazione per violazione degli artt. 132 comma 2 cod. proc. civ., 36 D.Lgs. n. 546/1992 e 111 Cost., reiterando, con gli ulteriori motivi, tutti i profili di nullità, illegittimità, improponibilità dell’avviso impugnato sopra indicati già dedotti in primo grado.
Il Comune di Petrosino, costituitosi, ha chiesto il rigetto dell’appello ribadendo la legittimità dell’avviso di accertamento de quo.
Parte appellante ha depositato memoria illustrativa.
3. Osserva questa commissione che l’appello può trovare accoglimento per le ragioni appresso specificate.
Va premesso che l’imposta è in questione, ai sensi dell’art. 9 D.Lgs. n. 23/2011, dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero”.
Occorre e, quindi, premettere che trattandosi di IMU 2015 e posto che la società odierna appellante è stata assoggettata a sequestro di prevenzione successivamente alla maturazione credito (nella sua massima parte) nel novembre 2015 per la quota parte anteriore al provvedimento in questione viene in rilievo il disposto di cui all’art. 51.3-bis.1 del Codice Antimafia in forza del quale durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono, è sospeso il versamento delle imposte locali sui rifiuti e sugli immobili (ICI, IMU, TASI, etc.) dovute con riferimento agli immobili oggetto di sequestro il cui presupposto impositivo consista nella titolarità del diritto di proprietà o nel possesso degli stessi.
Tale disposizione riguarda le imposte maturate durante la vigenza della misura mentre per crediti sorti precedentemente riguardanti imposte evase dal proposto vanno richiamati gli artt. 57 e segg. del Codice Antimafia che attribuiscono al giudice delegato del procedimento di prevenzione (ma con la significativa eccezione del caso in cui il proposto sia stato anche dichiarato fallito) la competenza esclusiva per la verifica dei crediti vantati nei confronti del destinatario della misura di prevenzione.
L’antecedente storico della disposizione è costituito dalla esclusività del giudizio di verificazione del passivo nel procedimento fallimentare (art. 52 LF), principio cardine della concorsualità dell’esecuzione collettiva.
Infatti, l’esigenza della concorsualità propria della procedura fallimentare, per essere soddisfatta, comporta la necessità di incidere sia sul momento cognitivo (appunto, la verifica del passivo) sia sul momento esecutivo (e, cioè, la liquidazione dei beni del fallito, concentrata nelle mani del solo curatore).
Gli artt. 52 e 51 LF, che dettano rispettivamente le regole della verifica dei crediti e la sostanziale improcedibilità delle esecuzioni individuali, tendono a soddisfare la concorsualità e, quindi, anche la par condicio creditorum.
Nel procedimento di prevenzione la concentrazione delle domande è diretta ad assiemare un più efficiente canale di trasmissione delle informazioni (dalla Procura al Tribunale per la prevenzione), evitando la precostituzione di creditori di comodo e l’ammissione di crediti fittizi (è questo il motivo per cui l’art. 59, comma 1, del Codice prevede la “partecipazione facoltativa del pubblico ministero”) ma coesiste una esigenza di assiemare la par condicio come confermato dal disposto di cui all’art. 55 norma la quale prevede il divieto di iniziare ovvero proseguire azioni esecutive individuali nonché dal successivo art. 61 il quale disciplina i criteri per il pagamento dei crediti, dopo la liquidazione dei beni.
Tale essendo il sistema disciplinato dal Codice Antimafia non pare possa revocarsi in dubbio circa la necessità di attribuire la qualifica di “creditore” assoggettato alla procedura di verifica ex art. 571 seguenti d.lgs. 159/2011 anche all’ente comunale impositore non essendo stata prevista alcuna esclusione in tal senso e non essendovi ragione alcuna di trattare diversamente il credito tributario, generalmente considerato, rispetto agli altri crediti eventualmente sussistenti (fatta salva ovviamente la peculiare disciplina di soddisfazione per confusione prevista dalla legge per taluni dei crediti erariali) soluzione che appare del resto conforme al sistema improntato, come detto, “anche” alla tutela della par condicio creditorum.
In questa sede non può, quindi, che procedersi all’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato, rimanendo assorbiti gli altri motivi dedotti, atteso che il riconoscimento del credito in questione per la sua parte principale (gennaio/novembre 2015) dovrà essere effettuato innanzi al giudice della prevenzione secondo i criteri fissati dal codice antimafia, implicando ciò inevitabilmente la integrale caducazione dell’atto impugnato.
La natura e la peculiarità delle questioni trattate giustifica la integrale compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
in accoglimento del ricorso in appello annulla l’avviso impugnato.
Spese compensate.
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