Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia, sezione 1, sentenza n. 645 depositata il 5 febbraio 2019
definizione agevolata – interesse ad agire
Testo:
Con atto di appello notificato il 9.5/15.6.2018 e depositato con raccomandata del 7.6.2014, C. G. A., rappresentato e difeso dall’avv. M. G., con studio in Alcamo, ha impugnato la sentenza n.1727/17 emessa il 12.10.2017 dalla Sez. IVA della Commissione Tributaria Provinciale di Trapani, depositata il 9.11.2014, non notificata, che ha rigettato il ricorso prodotto avverso la cartella di pagamento 2992015000466 774, emessa ex art.36 bis del D.P.R. 600/73 ed art. 54 bis del D.P.R. 633/72 per irpef anno 2011, e condannato il ricorrente al pagamento, In favore delle parti resistenti, delle spese di giudizio liquidate in complessive Euro 5.000,00, pari a Euro 2.500,00 per ciascuno dei due uffici, nella specie Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Trapani, e la Riscossione Sicilia spa, chiedendo, previa sospensione di riformare in ogni sua parte la sentenza impugnata, con vittoria dl spese di entrambi i gradi del giudizio.
Il 15.6.2018 si è costituita in giudizio la Riscossione Sicilia s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Pablo D’Andrea, con studio in Palermo, chiedendo II rigetto del ricorso con vittoria delle spese.
Il 7.9.2018 si è costituita in giudizio la Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale dl Palermo, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone, nel merito, il rigetto con vittoria delle spese.
All’udienza pubblica di trattazione del 10.1.2019, il Collegio, letti gli atti e sentito II relatore nonché le conclusioni delle parti, previa produzione di parte appellante della documentazione avente ad oggetto la definizione agevolata ex art.6, comma 3, del D.L. n.193/2016, convertito dalla L. 225/2016, ha posto la controversia in decisione.
Il Collegio, preliminarmentre, ritiene ammissibile sia la proposizione dell’atto di appello che la produzione in giudizio della documentazione avente ad oggetto la definizione agevolata ex art.6, comma 3, del D.L. n.193/2016 In quanto, quest’ultima, da ritenere come conciliazione cosiddetta abbreviata o aderita e, dunque, va distinta dalla conciliazione giudiziale regolata dall’art. 48, comma secondo, del D.Lvo 546/92, che può avere luogo solo davanti alla commissione mentre la prima viene raggiunta dalle parti solo al di fuori del processo.
Tale raggiunta definizione, alla quale le parti hanno aderito, è da considerarsi derogatrice della regola generale di cui all’art. 32 dello stesso D.L 546/92., In tema di deposito dl documenti, e si perfeziona solo con il versamento, entro il termine dl legge, dello importo delle rate successive.
Nella specie, per come provato da parte appellante a mezzo delle prodotte ricevute di pagamento, l’ultima rata, scadente il 30.7.2018 è stata corrisposta il 27.7.2018 e cioè successivamente alla proposizione e deposito all’atto di appello ( 9.5/15.6. 2018, quanto alla notifica, e 7.6.2014, quanto al deposito con invio a mezzo raccomandata).-
Sull’ammissibilità dell’atto di appello è opportuno rilevare che per effetto del decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2017 (D.L. n. 193/2016) è possibile definire in via agevolata i ruoli affidati agli agenti della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016, come nella specie, a seguito di presentazione di apposita domanda con la quale, ai fini della definizione, il debitore manifesta all’agente della riscossione, e non, dunque, all’ente impositore, la sua volontà di avvalersene, rendendo, entro il 31.3.2017, apposita dichiarazione, con le modalità ed in conformità alla modulistica già pubblicata sul sito di Equitalia.
In tale dichiarazione il debitore indica, altresì, il numero delle rate nel quale intende effettuare il pagamento nonché la pendenza di giudizi, aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, ed assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.
Dunque, il debitore che accetta lo sconto, al fine di regolare la propria posizione soggetti9′ giuridica passiva, prende anche lo impegno a non contestare quanto richiesto in sede giudiziale e precisamente il contribuente dovrà rinunciare al contenzioso in corso, di qualsiasi natura e in qualunque grado esso si trovi.
Questo è sicuramente uno degli aspetti più complessi della procedura poiché la norma si limita a fornire pochissimi chiarimenti al fine di evitare che il contribuente vada incontro a spiacevoli e gravi “imprevisti” processuali.
E’ opportuno rilevare, infatti, che l’estinzione del processo può avvenire in tre casi: per rinuncia (art. 44 D.Lgs. n. 546/92), per inattività delle parti (art. 45 D.Lgs. n. 546/92) e per cessazione della materia del contendere (articoli 46 D.Lgs. n. 546/92).
Ciò posto, partendo dall’assunto che l’abbandono del contenzioso non è una condizione di accesso alla sanatoria/rottamazione ma solo una conseguenza dell’adesione alla procedura di definizione agevolata, è importante chiarire che natura abbia nella specie e che conseguenze determini l’impegno preso a rinunciare al giudizio ex art. 6, comma 2, D.L. 193/2016.
Il Collegio ritiene di condividere la circolare n. 2/E dell’Agenzia delle Entrate ove è stato precisato che il comma 2° dell’alt. 6 del D.L.193/2016 non corrisponde strettamente alla rinuncia al ricorso di cui all’art. 44 D.Lgs. n. 546/92, bensì alla cessazione della materia del contendere ex art. 46 D.Lgs. n. 546/92.
L’Amministrazione ha chiarito, infatti, contrariamente a quanto solo verbalmente esposto e chiesto in udienza dal proprio rappresentante, quanto segue: “Possono essere definiti anche i carichi in contenzioso. A questo proposito, il debitore con la presentazione della dichiarazione di adesione alla procedura si Impegna a rinunciare al giudizi relativi al carichi che intende definire. Tale impegno non corrisponde tuttavia alla rinuncia al ricorso di cui all’art. 44 del d.igs. n. 546 del 1992 (codice del processo tributarlo). Il giudizio si estingue per cessazione della materia del contendere soltanto qualora il carico definito efficacemente – con l’integrale pagamento di quanto dovuto per la definizione agevolata – riguardi l’intera pretesa oggetto di controversia.”
Il Collegio, pertanto, sulla base di tale parere, ritiene che: a) la rottamazione non precluda la prosecuzione del giudizio tributario per le somme non definite in maniera agevolata, in quanto le parti potrebbero avere l’interesse a proseguire la controversia per la frazione della pretesa che non è stata definita; b) al fini dell’estinzione del giudizio ciò che assume rilevanza sostanziale ed oggettiva è li perfezionamento della definizione agevolata mediante il tempestivo ed integrale versamento del complessivo Importo dovuto; c) e che l’Impegno assunto dal contribuente corrisponde alla estinzione del giudizio per cessata materia del contendere di cui all’art. 46 del D.Lvo n. 546 del 1992.
Occorre rimarcare che la previsione normativa, nel caso dl specie, fa riferimento solo ad un netto e chiaro impegno del debitore e non ad suo preciso onere e, dunque, ad una sua precisa situazione giuridica soggettiva passiva e che, In mancanza, non sl produrrebbe un effetto giuridico a lui favorevole; li che vuoi significare che tale impegno per la dichiarazione di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere può essere oggetto di eccezione da parte dell’ente esattore in quanto unico soggetto a conoscenza dell’integrale Importo dovuto e versato.
Invero, li comma 12 del citato art.6 prevede che a seguito del pagamento delle somme di cui al comma 1, l’agente della riscossione è automaticamente discaricato dell’Importo residuo ed, al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patr1monialli crediti corrispondenti alle quote discaricate, io stesso agente della riscossione trasmette, anche In via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31.12.2018, lo elenco dei debitori che hanno esercitato la facoltà di definizione e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.
Il Collegio rileva, ancora, che l’appellata sentenza, conclusasi col rigetto del ricorso e con una condanna alle spese per Euro 5.000, a fronte di un modesto valore determinato ex art.15 del D. Ivo 546/92, è stata emessa solo alla presenza, come da processo verbale del 12.10.2017, della sola Agenzia delle Entrate, soggetto completamente estraneo ope legis e, pertanto, a non conoscenza della definizione agevolata già in corso tra ricorrente ed ente esattore, sebbene rappresentati difesi in giudizio.-
A fronte di tale sentenza, il Collegio, dunque, ritiene ammissibile il proposto appello a salvaguardia della posizione soggettiva giuridica del ricorrente sia dal punto di vista sostanziale che procedurale poiché emessa nelle more della detta definizione agevolata e, dunque, quando era ancora in corso il pagamento rateale e considerato anche quanto ritenuto dalla Agenzia con la sopra richiamata Circ. n.2/E (il giudizio si estingue per cessazione della materia del contendere soltanto qualora il carico è definito con l’integrale pagamento).
Il Collegio, nel dichiarare la cessata la materia del contendere, ritiene anche di riformare in toto l’appellata sentenza poiché emessa anche in assenza delle parti, rectius del ricorrente e dell’ente esattore resistente, quali parti direttamente interessate alla definizione agevolata, cui, a parere del Collegio, era loro onere comunicare alla CTP di Trapani, stante la rituale comunicazione della pubblica udienza di trattazione, nonchè in assenza di prova documentale dell’avvenuta comunicazione preventiva n.0183455612001 del 12.7.2013 spedita con raccomandata n.61 1600073502 del 18.7.2013 e relativa formalità per la pretesa compiuta giacenza; il tutto aggravato dalle ripetute violazioni del principio del legittimo affidamento, buona fede e leale collaborazione che dovrebbero costantemente guidare i rapporti tra contribuente ed enti resistenti che frequentemente insistono nella propria pretesa comportando la instaurazione di inutili, defatiganti ed ingiustificati procedimenti.-
PER QUESTI MOTIVI
in riforma della sentenza appellata, dichiara cessata la materia del contendere e le spese del presente giudizio rimangono a carico di ciascuna parte che le ha anticipate.
Così deciso in Palermo all’udienza pubblica di trattazione del 10 gennaio 2019.
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