COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA SICILIA sezione 12 sentenza n. 2446 depositata il 11 giugno 2018
Testo:
Con appello notificato a Riscossione Sicilia S.p.a. ed al Comune di Palermo il 17/ 10/20 16, M. F. ha chiesto la riforma della sentenza n.1477/08/16, dei 08/02/2016 14/03/2016, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo si è pronunciata sul ricorso avverso: l’intimazione di pagamento n.29620119069981387, notificata il 30/11/2011 per l’importo complessivo di Euro 10.796,64, la cartella di pagamento n.29620070021100366, ivi richiamata, e la prodromica iscrizione a ruolo, effettuata dal Comune di Palermo in relazione alla Tarsu dovuta per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005.
Nell’originario ricorso il contribuente aveva eccepito: 1) L’illegittimità dell’intimazione ad adempiere perché non preceduta dalla notifica della cartella di pagamento e la violazione del procedimento di riscossione previsto dagli artt.25 e 50 del DPR n.602/ 1973; 2) La prescrizione quinquennale del diritto a riscuotere la Tarsu, ai sensi dell’art.2948 c.c., comma 1, n.4; 3) La prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative erogate, stante il decorso del termine di cinque anni previsto dall’art.20, comma 3, del D.Lgs. n.472/ 1997.
La Commissione Tributaria Provinciale ha dichiarato inammissibile il ricorso, osservando che:
– la cartella di pagamento sottostante all’impugnata intimazione di pagamento è stata correttamente notificata dall’agente della riscossione, a mezzo ufficiale giudiziario, a mani proprie della moglie del contribuente in data 20/07/2007, conformemente al disposto di cui all’art.139, commi 1 e 2, c.p.c.;
– risultando correttamente notificato l’atto prodromico, il ricorso è inammissibile, “poiché, non essendo state sollevate doglianze proprie dell’impugnata intimazione di pagamento, conformemente al disposto di cui all’art.19, comma 3, del D.Lgs. n.546/l992, risulta proposto fuori termine”.
Il ricorrente è stato condannato al pagamento di ? 800,00 in favore di ognuna delle controparti.
Con l’appello M. F. ha insistito nella richiesta di annullamento di tutti i provvedimenti impugnati, per i seguenti motivi:
1) Illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento effettuata a consegnatario diverso dal destinatario, ancorché in assenza della raccomandata informativa prevista dal comma 1, lett. b-bis) dell’art.60 del DPR 600/1973, in quanto richiamato dall’art.26, comma 6, del DPR 602/1973;
2) Illegittimità della sentenza nella parte in cui non si è pronunciata sulla prescrizione quinquennale del diritto a riscuotere la Tarsu ai sensi del comma 1, n.4, dell’art.2948 c.c., soprattutto alla luce di quanto statuito dalla sentenza della Cassazione n.4283 del 23/02/2010,
3) Illegittimità della sentenza nella parte in cui non si e pronunciata sulla prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative irrogate in quanto abbondantemente trascorso il termine di cinque anni previsto dall’art. 20, comma 3, del D.Lgs. n.472/ 1997.
Con controdeduzioni depositate il 23/11/2016, Riscossione Sicilia S.p.a. ha chiesto il rigetto dell’appello, con la condanna del contribuente al pagamento delle spese del giudizio, “considerato anche il ricorrere dei presupposti per dichiararne la lite temeraria ex art.96 c.p.c.”.
Con controdeduzioni depositate il 12/12/2017, il Comune di Palermo ha chiesto il rigetto dell’appello, con il favore delle spese del giudizio.
L’appello è infondato.
Il primo motivo dell’appello è inammissibile.
La Commissione Tributaria Regionale osserva, anzitutto, che:
– nell’originario ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale il contribuente ha assunto che la cartella di pagamento contraddistinta con il numero 29620119069981387, richiamata, quale atto prodromico, nell’impugnata intimazione di pagamento, non gli è mai stata notificata;
– nelle controdeduzioni prodotte nel corso del giudizio di primo grado dall’agente della riscossione è stata richiamata la relazione di notifica di tale cartella di pagamento, che è stata poi depositata in data 16/02/20 12, contestualmente alle stesse controdeduzioni.
L’art.24 del D.Lgs. n.546/ 1992 stabilisce: al comma 2, che l’integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti, è ammessa entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito, ed al comma 4, che l’integrazione dei motivi si effettua mediante atto avente i requisiti di cui all’art. 18, nel rispetto dell’art.20, commi 1 e 2, dell’art.22, commi 1, 2, 3 e 5, e dell’art.23, comma 3.
Alla luce di tali disposizioni M. F., per eccepire l’irregolarità o la nullità della notifica della cartella di pagamento in contestazione, quale risultante dalla documentazione prodotta in giudizio da Riscossione Sicilia Spa , avrebbe dovuto integrare i motivi dell’originario ricorso mediante atto notificato alla controparte entro 60 giorni dal 16/02/2012.
Tale adempimento non è stato assolto dal contribuente, il quale si è limitato a depositare peraltro soltanto il 27/01/2016 – una mera memoria illustrativa, che non risulta notificata all’agente della riscossione.
Ne deriva l’inesistenza di un motivo, ritualmente proposto nel corso del giudizio di primo grado, afferente alla irregolarità o alla nullità della notifica della cartella di pagamento prodromica all’impugnata intimazione di pagamento.
Pertanto, il primo motivo dell’appello deve essere dichiarato inammissibile, per violazione dell’art.57, comma 2, del D.Lgs. n.546/ 1992, poiché afferisce ad un’eccezione non contenuta nell’originario ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale e, pertanto, “nuova”.
La Commissione Tributaria Regionale ritiene opportuno evidenziare che siffatta doglianza sarebbe stata comunque infondata nel merito.
Le modalità di notifica di una cartella di pagamento sono specificamente dettate dall’art.26 del DPR n.602/73, il quale stabilisce: al comma 3, che, quando la notificazione avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario; al comma 4 che, nei casi previsti daIl’art. 140 c.p.c., la notificazione si effettua con le modalità stabilite dall’art.60 del DPR n.600/ 1973; al comma 6, che, “per quanto non è regolato dal presente articolo, si applicano le disposizioni dell’art.60” del DPR n.600/ 1973.
E’ evidente, pertanto, che, quanto alla notifica di una cartella di pagamento, l’art.60 del DPR n.600/1973 invocato dall’appellante ed in base al quale, se il consegnatario non è il destinatario dell’atto impositivo, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta ed il messo da notizia dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata si applica soltanto: nei casi in cui, non essendo possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art.139 c.p.c., l’ufficiale giudiziario deposita la copia dell’atto nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, secondo le modalità stabilite dall’art.140 c.p.c.; ovvero negli altri casi non espressamente contemplati dall’art.26 del DPR n.602/1973.
Qualora, invece, la notificazione di una cartella di pagamento avvenga secondo le modalità stabilite dall’art. 139 c.p.c. e cioè ricercando il destinatario nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio e consegnando copia dell’atto, se lo stesso destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, a una persona di famiglia o addetta alla casa, ovvero all’ufficio si applica l’art.26, comma 3, del DPI? n.602/ 1973, il quale non prevede nè la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario, né, tanto meno, l’invio al destinatario della c.d. raccomandata informativa.
La notificazione dell’atto mediante consegna al familiare del destinatario è assistita, pertanto, da presunzione di ricezione, se avvenuta presso l’abitazione dello stesso destinatario (Cass. n. 18989/2015).
Nel caso in esame, dalla relazione di notifica prodotta in giudizio dall’agente della riscossione, risulta che la cartella di pagamento n.29620070021 100366 è stata notificata a M. F. il 20/07/2007, mediante consegna alla moglie, S. N., in Palermo, Via Paulsen Federico n. 10, interno 8, scala 3, piano 03, cioè nello stesso indirizzo in cui il medesimo M. F. ha poi regolarmente ricevuto la notifica della successiva intimazione di pagamento.
Alla luce di tale attestazione, che fa piena prova, ai sensi dell’art. 2700 c c , nessun dubbio può sussistere sulla regolarità della notifica della cartella di pagamento, che, non essendo stata impugnata dal contribuente entro il termine perentorio di 60 giorni stabilito dall’art 21 del D Lgs n 546/1992, e divenuta definitiva, con conseguente incontestabilità dei crediti ivi riportati.
Il secondo ed il terzo motivo dell’appello – che, essendo strettamente connessi, debbono essere scrutinati congiuntamente – sono complessivamente infondati.
In particolare, le due doglianze: sono inammissibili, stante la mancata tempestiva impugnazione della cartella di pagamento e la conseguente irretrattabilità dei crediti ivi riportati, nella parte in cui viene eccepita la prescrizione asseritamente maturata prima della notifica della cartella di pagamento; sono, invece, infondati, stante il decorso di un termine inferiore a cinque anni tra la notifica della cartella di pagamento (20/07/2007) e la notifica dell’intimazione di pagamento (30/11/2011), nella parte in cui viene eccepita la prescrizione quinquennale dei tributi e delle sanzioni, asseritamente maturata dopo la notifica della cartella di pagamento.
Per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, a carico di M. F., in Euro 1.000,00, oltre accessori di legge, a favore di Riscossione Sicilia S.p.a., ed in Euro 1.000,00 a favore del Comune di Palermo.
Deve essere, invece, rigettata la domanda genericamente formulata da Riscossione Sicilia S.p.a. con riferimento all’art. 96 c.p.c.
Al riguardo occorre ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha elaborato alcuni criteri per il riconoscimento della temerarietà della lite, affermando che, oltre alla soccombenza totale e non parziale, la condanna per responsabilità aggravata postula che l’istante deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della controparte, nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave (Cass. n.4443/2015).
Tale onere non è stato adempiuto da Riscossione Sicilia S.p.a., che ha, peraltro, omesso anche di prospettare la temerarietà della lite con riferimento a tutti i motivi dell’appello (Cass. n. 14611/2015).
P.Q.M.
Rigetta l’appello di M. F. e conferma la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo n.l477/08/16.
Condanna M. F., al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio, liquidate in Euro 1.000,00, oltre accessori di legge, a favore di Riscossione Sicilia S.p.a., ed in ? 1.000,00 a favore del Comune di Palermo.
Rigetta la domanda proposta da Riscossione Sicilia S.p.a. ai sensi dell’art.96 c.p.c.
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