Commissione Tributaria Regionale per la Toscana sez. 1 sentenza n. 67 depositata il 19 gennaio 2022
In tema di IMU, il proprietario dell’immobile occupato abusivamente non è attualmente ed effettivamente titolare di alcun indice di capacità economica. Di conseguenza l’applicazione dell’imposta risulta in contrasto con l’art. 53 della Costituzione
Con ricorso ritualmente notificato al Comune di Livorno P. I. S.G.R. spa impugnava il diniego di rimborso dell’I.M.U. versata per gli anni 2015, 2016 e 2017 in relazione ad unico complesso immobiliare sito in Livorno.
Si tratta di vasto edificio catastalmente suddiviso in otto immobili che da molti anni è stato occupato illegittimamente da soggetti che si trovano in una situazione di emergenza abitativa e che non è mai stato liberato dalla forza pubblica nonostante la società abbia presentato una denuncia penale per ragioni sociali.
Dopo aver pagato l’I.M.U. per non incorrere in sanzioni la società ha presentato un’istanza di rimborso dal momento che non aveva più in nessuna forma il godimento dell’immobile, ma la richiesta era stata respinta dal Comune sostenendo che l’illegale occupazione da parte di terzi dell’immobile non avrebbe fatto venir meno in capo alla società proprietaria la qualifica di soggetto passivo dell’IMU.
La Commissione Provinciale di Livorno accoglieva il ricorso ritenendo che la situazione di materiale spossessamento del bene escludeva, allo stato dei fatti, il possesso tanto in senso materiale quanto in senso giuridico del termine. Né poteva ritenersi prevalente come richiesto dal Comune lo ius possidendi come era stato affermato in altri casi dalla giurisprudenza che però diversamente dalla situazione in esame non erano caratterizzati da un’occupazione penalmente rilevante.
Appellava il Comune di Livorno ribadendo con corredo giurisprudenziale che l’aspetto giuridico rilevante era costituito dallo ius possidendi inteso come titolarità, da parte del soggetto passivo dell’imposta, delle situazioni giuridiche soggettive sul fabbricato presupposto per l’applicazione dell’imposta.
Si costituiva in giudizio la società che contestava le deduzioni avversarie ritenendo che l’utilizzo in senso atecnico del termine possesso nelle leggi tributarie non potesse essere applicato anche all’I.M.U. dove il possesso inteso in senso civilistico è rilevante trattandosi di beni immobili e non di redditi.
L’appello del Comune non merita accoglimento.
Ai sensi del comma 2 dell’art. 8 del D.Lgs. 23/2011, il presupposto dell’imposta è rappresentato dal possesso di beni immobili diversi dall’abitazione principale.
Per definire il concetto di possesso ai fini dell’applicazione I.M.U. individuandone gli elementi costitutivi, si fa riferimento alle indicazioni della dottrina e della giurisprudenza registrate in passato con riguardo alla disciplina in materia ICI in quanto, non emergono differenze sostanziali dall’esame dei testi normative.
La giurisprudenza tributaria è divisa circa la rilevanza del mero ius possidendi od al contrario la necessità anche di uno ius possessionis.
Ad esempio la Cassazione ha ritenuto che l’assegnatario, anche provvisorio, di alloggio di cooperativa edilizia, ancorché non sia stato ancora stipulato l’atto notarile di trasferimento della proprietà in suo favore, sia soggetto all’imposta (Cass. 18294/2004); analogo principio è stato affermato nel caso del conduttore di un immobile concesso in leasing dopo la risoluzione di tale contratto quando rimane nel possesso dell’immobile (Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo 590/2015 e Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia 218/2016).
In altri casi, invece, è stato affermato che la norma tributaria si riferisce esclusivamente allo ius possidendi con limitazione dei possibili soggetti passivi dell’imposta.
In mancanza di un orientamento univoco della giurisprudenza è necessario richiamarsi alla nozione di possesso di cui all’art. 1140 c.c. che può essere utilizzata in questo caso anche in campo tributario dal momento che si tratta del rapporto materiale con una cosa e non di un senso figurato come quando per l’imposta sul reddito si suole parlare di possesso dei redditi.
È noto come il possesso si fondi su un corpus ossia il potere di fatto sulla cosa e di un animus cioè l’intenzione del soggetto di tenere la cosa quale proprietario o quale titolare di altro diritto reale.
Per verificare se nel caso di spossessamento per occupazione abusive di immobili viene meno anche l’animus oltre il corpus, è necessario stabilire quale valore attribuire alle dichiarazioni degli organi di polizia che attestano l’impossibilità di sgomberare l’immobile e quindi, da parte dei proprietari, di entrare nel possesso della sua proprietà.
Se gli organi di polizia si astengono dal difendere il diritto di proprietà di colui cui il Comune richiede il pagamento dell’I.M.U. questi è privo di tutela senza possesso poiché in mancanza di possibilità di attivare i diritti possessori il diritto di proprietà è svuotato proprio dello ius possidendi.
È necessario, pertanto, adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata in base alla quale, in una situazione di fatto come quella descritta nella presente vicenda, il proprietario dell’immobile occupato abusivamente non è attualmente ed effettivamente titolare di alcun indice di capacità economica per cui l’applicazione dell’imposta con simili presupposti sarebbe in contrasto con l’art. 53 Cost. poiché, per ragioni non dipendenti dalla volontà del soggetto passive dell’imposta, mancherebbe in concreto quella capacità contributiva richiesta dalla norma costituzionale.
Il titolare di un immobile occupato non trae nessun utile dal suo diritto di proprietà né quello di un godimento diretto del bene, né di un godimento mediato attraverso il conseguimento di un corrispettivo per il suo utilizzo ed è anzi costretto a subire un deterioramento del bene con conseguente diminuzione patrimoniale.
In virtù del contrasto giurisprudenziale esistente in materia appare equa la compensazione delle spese di giudizio.
La Commissione Tributaria regionale di Firenze definitivamente decidendo:
conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
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