Commissione Tributaria Regionale per la Toscana sezione 4 sentenza n. 1214 depositata il 21 giugno 2018
Testo:
………., svolgente l’attività professionale di amministratore di condomini, fu raggiunto da avviso di accertamento ai fini Irpef e Iva per i redditi dell’anno 2009. A suo carico furono effettuate le seguenti rettifiche:
l) maggiori compensi da attività professionale per euro 47.442,33, derivanti da versamenti registrati sui suoi conti correnti bancari e non giustificati;
2) costi dichiarati dedotti per euro 1954 in violazione dell’articolo 109 Tuir e in assenza di prova del pagamento;
3) redditi diversi non dichiarati per euro 86.830,00 pari all’ammontare delle somme percepite dalla società ….. S.a.S. e non giustificate.
La commissione tributaria di primo grado di Prato con sentenza del 9 ottobre 2015, respingeva le doglianze di rilievo procedimentale avanzate dal ricorrente e in particolare l’eccezione preliminare relativa alla nullità dell’avviso di accertamento per mancata redazione di processo verbale di constatazione, osservando che la medesima non dovesse applicarsi alle attività cosiddette a tavolino ma solo, in base all’articolo 12 comma 7 della legge numero 212 del 2000, “agli accessi ispezioni verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali industriali e agricole artistico professionali”. Citando all’uopo giurisprudenza della Corte di Cassazione;
Scendendo all’analisi delle singole voci di accertamento, la Commissione:
l) con riferimento alla ripresa a tassazione del punto numero l) respingeva la censura relativa al difetto di motivazione dell’avviso in relazione alla omessa individuazione delle movimentazioni finanziarie oggetto del contraddittorio. I maggiori compensi contestati venivano difatti così scorporati:
1-1) versamento di contanti per euro 22.124,83;
1-2) versamento di assegni per complessivi euro 13.524,24;
1-3) versamento di un assegno dell6 gennaio 2009 per euro 4151,98;
1-4) versamento di assegno del23 agosto 2009 per euro 4563,33.
1-5) bonifico da parte di tale ……… per euro 3072,95.
Osservava che l’ufficio in sede di contraddittorio aveva consegnato l’elenco delle movimentazioni, di cui aveva chiesto contezza al contribuente, ricevendo un dettaglio dei movimenti in avere con le correlate giustificazioni, il che aveva consentito adeguata difesa.
Scendendo all’analisi delle singole voci con riferimento ai versamenti di cui ai punti 1-1-) e 1-2) riteneva che l’affermazione del contribuente trattarsi di rimborsi per anticipi effettuati a favore di alcuni condomini, fosse sguarnita di prova poiché la documentazione era parziale ed informale, ed era inverosimile la prassi di procedere ad anticipazione di tal fatta.
Per quanto riguarda l’assegno di cui al punto 1-3) per compensi riscossi nell’anno 2009 e non imputati al reddito di quell’anno poiché relativi a una fattura emessa nell’anno 2008, discrasia derivante effettivamente dalla erronea applicazione del principio di competenza anziché di cassa, osservava che era però infondata la pretesa del ricorrente di procedere a compensazione con le imposte assolte per la stessa causale nell’anno 2008, in quanto la compensazione non è normativamente prevista in tali casi e il contribuente avrebbe dovuto chiedere il rimborso;
Per quanto riguarda l’assegno di cui al punto 1-4) la commissione riteneva che il recupero fosse infondato e quindi accoglieva il ricorso, osservando che la attraverso la produzione delle fatture era stato provato quanto dedotto dal ricorrente, e cioè che l’assegno era stata dato in restituzione dal condominio per aver egli pagato con propri assegni numero 11 fatture, per il medesimo ammontare, a favore di fornitori del condominio ………..
Infine quanto al rilievo di cui al punto 1-5) osservava invece che già dalle affermazioni del contribuente emergeva che si trattava di somme anticipate per rapporti di lavoro e successivamente restituite, così quindi imputabili a ricavi non dichiarati.
In conclusione accoglieva il ricorso solo con riferimento al punto 1-4)
2) costi deducibili per euro 1954,00. Si trattava di quattro fatture. Per due il ricorrente ne aveva riconosciuto l’indeducibilità, per altri due emesse dallo studio associato ………….., rilevava che il contribuente aveva fornito la prova del pagamento e che non poteva considerarsi tardiva la produzione documentale così come eccepito dall’ufficio ai sensi dell’articolo 32 del D.p.r. numero 600 del 1973 perché l’invito alla produzione documentale era generico non specifico riguardo a tali fatture, individuate esattamente solo con l’avviso di accertamento;
3) redditi diversi non dichiarati per euro 86.830,00. La commissione di primo grado ha ritenuto fondato il ricorso con riferimento alla somma di euro 85.822,99 poiché ha ritenuto che il ricorrente abbia fornito la prova che le somme versate dalla società ……… S.a.s. si riferissero a redditi da partecipazione per gli anni precedenti, percepiti quali utili nella sua qualità di socio. Difatti non emergeva alcuna prestazione di attività a favore della società suscettibile di determinare un simile corrispettivo, e non risultava negli anni precedenti essere intervenuta la distribuzione degli utili dichiarati.
Conseguentemente il reddito accertato veniva ridotto delle somme:
Per l) euro 4561,33; 2) euro 1872,00; 3) euro 85.822,99.
Procedeva quindi a compensazione delle spese.
Avverso la sentenza hanno proposto appello principale il contribuente ed appello incidentale l’agenzia delle entrate.
Appello principale del contribuente:
Ribadisce l’appellante la nullità dell’accertamento per mancanza di contraddittorio pre processuale in violazione di principio generale dell’ordinamento tributario. Il contraddittorio istruttorio non avrebbe alcun rilievo poiché non sarebbe diretto alla tutela del contribuente ma alla raccolta delle prove prodromica alla formulazione della pretesa.
Con riferimento ai singoli punti della pretesa osserva:
l) con riferimento al recupero di cui al punto numero l) lamenta il difetto di motivazione con riferimento all’importo di euro 35.654,00, relativo alle prime due voci. Afferma che non vi era chiarezza sulle singole voci della ripresa poiché i presunti chiarimenti derivante dal raffronto fra i due prospetti scambiati fra le parti in sede istruttoria, avrebbero costretto il contribuente a una vera e propria operazione induttiva senza che i fatti costitutivi della pretesa fossero determinati in modo chiaro e diretto. Era peraltro mancante nell’accertamento anche l’espresso rinvio a tali atti.
Quanto poi al merito del rilievo sempre relativo alle prime due voci Sub 1 confermava che si trattava di versamenti da imputarsi a restituzioni di prestiti o anticipi a favore de1 condomini e allo scopo depositava una serie di documenti la cui produzione sarebbe consentita in fase d’appello ex 58 D.p.r. n. 546/92. Larga parte dell’appello consiste pertanto nella elencazione per ciascuna operazione di versamento nel conto corrente, dei documenti giustificativi dei correlati anticipi o esborsi.
Per quanto riguarda poi l’assegno di cui al punto 1-3) per euro 4151,98 il contribuente lamenta il mancato riconoscimento della compensazione ritenendo inconferente il richiamo all’articolo l09 TUIR menzionato dalla sentenza di primo grado, osservando che vi sarebbe giurisprudenza di legittimità a favore dell’applicazione dell’istituto.
Quanto poi al punto 1-5) relativa al bonifico ricevuto da ……… osservava trattarsi di motivazione apparente perché non era detto contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione che in tutti i casi in cui intercorre un rapporto di lavoro fra due soggetti, quello debba assumere natura reddituale. Nel caso di specie si era trattato di restituzione di anticipazioni concessi dal ricorrente ai condomini ………. e ………. per spese degli anni 2007 e 2008. Anche a tal proposito depositava una serie di documenti, dimostrativi delle somme dovute dei due condomini al condominio che assommavano pressappoco alla cifra di cui al bonifico.
Chiedeva pertanto il totale annullamento dell’avviso di accertamento, con riforma della sentenza nelle parti in cui era rimasto soccombente.
Appello incidentale dell’agenzia delle entrate.
Si costituiva l’agenzia delle entrate resistendo all’appello principale e avanzando appello incidentale per le parti di soccombenza.
Controdeduzioni all’appello principale: in primo luogo evidenziava l’intervenuta definitività per mancanza di contestazione dell’avviso di accertamento nella misura di euro 6195,00 (laddove l’appellante aveva prestato acquiescenza al rilievo sui costi deducibili per euro 118,00 e aveva pagina 57 dell’appello ammesso che rimanevano privi di giustificazione versamenti per euro 5070,98 e infine non aveva contestato di relazione al punto numero 3 dell’accertamento la differenza di euro 1007,01 ritenuta non giustificata dalla commissione di primo grado rispetto al rilievo complessivo).
Quanto poi alla presunta eccezione relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio, si richiamava alla recente sentenza Cassazione sezioni unite numero 24823 del 9 dicembre 2015 secondo la quale “la previsione della legge numero 212 del2000 articolo 12 comma 7, non è fonte di generalizzato obbligo di contraddittorio entro procedimentale a carico dell’amministrazione fiscale”.
Nel caso di specie l’assenza di una verifica in senso tecnico escludeva l’operatività del principio del contraddittorio preventivo sotto forma di obbligo di redazione del processo verbale di constatazione.
Quanto poi al fatto che il contraddittorio preventivo possa essere considerato necessario con riferimento al tributo armonizzato dell’Iva, osservava che sempre in base alla medesima sentenza delle Sezioni unite, la sanzione per mancato rispetto del contraddittorio è in ogni caso subordinata all’assolvimento, da parte del contribuente «Dell’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”( cassazione numero 11453 del 2014, 25054 del 2013, sezioni unite 20935 del 2009).
Per quanto riguardava poi il punto l) dell’avviso di accertamento, osservava che già in sede di contraddittorio del 30 luglio 2014 l’ufficio aveva consegnato l’elenco delle movimentazioni da giustificare , ricevendo un prospetto di risposta da parte del contribuente. Il rapporto tra tali giustificazioni e la motivazione del recupero fiscale consentiva la sicura individuazione dei movimenti bancari. D’altra parte già nel ricorso di primo grado la controparte aveva esattamente individuato le componenti in questione identificandole in gruppi di movimentazioni finanziarie.
Infondata anche l’eccezione per la quale ai sensi dell’articolo 42 del D.p.r. numero 600 del 73 di sarebbe dovuto essere l’allegazione del provvedimento richiamato: la disposizione è subordinata difatti alla circostanza che non si tratti di atto conosciuto o conoscibile dalla parte del contribuente.
Nel merito quanto al rilievo numero l) eccepita l’inammissibilità della introduzione di nuove prove in appello ex art. 58 primo comma del decreto legislativo n. 546/92, in mancanza di dimostrazione di impossibilità precedente. La parte nel depositare i documenti aveva eluso la disposizione dell’articolo 58.
Anche se fosse voluta riconosciuta la natura di documento alle produzioni dell’appellante queste sarebbero state egualmente inutilizzabili ai sensi dell’articolo 32 del D.p.r. numero 600 del 1973 in quanto non esibite in risposta agli inviti rivolti dall’ufficio in sede amministrative contenziosa. Ma anche scendendo nel merito, l’ufficio rilevava che i documenti non avrebbero assolto la prova che si trattasse di restituzione di precedenti suoi anticipi, offermandosi nell’analisi di ciascun operazione e ponendo specifici rilievi critici riassumibili come segue.
Osservava l’agenzia delle entrate che quanto ai versamenti in contanti i documenti non ne proverebbero la provenienza, mentre non vi sarebbe prova della riconducibilità degli assegni rispetto ai conti correnti del ricorrente. Le ricevute prodotte difatti risultano spesso relative a pagamento di quote condominiali e non già a restituzione di prestiti; sovente i documenti giustificativi collocano i presunti anticipi in epoca ben lontana rispetto alle restituzioni. In definitiva dai documenti non ne emergerebbe in alcun modo l’esistenza del debito in capo al condominio, beneficiario del presunto prestito, né la correlazione con le entrate nel conto.
1-3) per quanto riguarda la fattura di euro 4151,98 si osserva che la giurisprudenza è costante nell’affermare l’inderogabilità del principio di competenza sancito dall’articolo 109 del testo unico sulle imposte del reddito lasciando al contribuente che si fosse sbagliato solo la possibilità di chiedere il rimborso; restando esclusa la compensazione.
Quanto al punto 1-5) relativo al bonifico ricevuto da …………., si richiamano testualmente le dichiarazioni rese dalla parte nel processo verbale: era stata la stessa parte a qualificare i rapporti quale rapporti di lavoro, che come tale aveva generato compensi per prestazioni professionali, visto che era stato eseguito sul conto corrente personale. Ad ogni modo a fronte di tale restituzione di somme non era stata emessa alcuna fattura attiva nei confronti del condomino. D’altra parte la restituzione del presunto prestito a favore del ……. non trova alcun sostegno probatorio non essendo stata spiegata la ragione la natura e l’esistenza del prestito.
L’agenzia delle entrate proponeva altresì appello incidentale per le parti in cui era rimasta soccombente:
punto 1-4: assegno da euro 4563,33. Osserva l’agenzia delle entrate che la motivazione della sentenza di primo grado sul punto deve ritenersi erronea. Il fatto che la controparte abbia prodotto le fatture di fornitori emessi nei confronti del condominio ………., prova l’esistenza di un credito da parte del ricorrente derivante dal pagamento di queste fatture. In altri termini è l’esistenza dell’anticipazione a non essere dimostrata. Non vi sono nel conto corrente del contribuente delle uscite per somme pari e cronologicamente compatibili, rispetto a quelle delle fatture. Si chiede pertanto la modifica della sentenza.
Quanto al punto numero 2) per le ultime due fatture osserva che la prova del pagamento effettuata in udienza sarebbe inammissibile sempre in virtù dell’applicazione del principio dell’articolo 32 D.p.r. 600 del 73: non era vero che le richieste di documenti erano generiche, non avendo il contribuente offerto risposta in sede istruttoria ne derivava la inutilizzabilità dei documenti depositati nel corso del giudizio di primo grado.
3) quanto ai cosiddetti redditi diversi non dichiarati, l’ufficio nell’appello incidentale riduce la propria pretesa da euro 85.822,00 a ? 50.916,40 osservando: nessun documento contabile era stato mai prodotto al fine di ricostruire il rapporto fra i redditi della società e gli utili distribuiti ai soci. Non vi era alcuna prova che negli anni precedenti non vi fosse stata distribuzione degli utili; il fatto che la società tenesse la contabilità di tipo semplificato non esonerava il contribuente dal fornire una prova oggettiva e verificabile della natura delle somme, magari a mezzo di una contabilità interna. Ad ogni modo e solo con riferimento al periodo di imposta antecedente, si poteva presumere che tali entrate avessero rappresentato la distribuzione degli utili conseguiti presso la società ……… S.a.s. e in tali limiti agenzia delle entrate riduceva la propria pretesa.
Con ulteriore memoria l’appellante contro deduceva a sua volta approfondendo gli argomenti già sviluppati nell’atto d’appello e contrastando le contrarie affermazione dell’agenzia delle entrate.
Motivi della decisione
Sentite le parti, questa commissione ritiene che la sentenza di primo grado non sia meritevole di riforma se non con riferimento alla recupera tassazione del versamento di cui all’assegno per Euro 4563,00 di cui al punto 1-3), in accoglimento dell’appello incidentale dell’agenzia delle entrate e che tutte le altre domande avanzate con l’appello principale ed incidentale vadano respinte.
Esaminando le questioni dedotte, con precedenza riservata a quelle dell’appello principale, si deve osservare quanto segue:
? L’argomento circa la presunta nullità per violazione dell’articolo 12 comma 7 statuto contribuenti, è infondato. A tale riguardo come giustamente dedotto dalla parte convenuta, è intervenuta sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite del 9 dicembre 2015 numero 24823, la quale ha chiarito che la realizzazione del contraddittorio endoprocedimentale non è un obbligo generalizzato per l’amministrazione finanziaria, al di fuori dei casi di accertamenti conseguenti ad accessi ispezione verifiche fiscali effettuate nei luoghi ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente. Ne consegue che nel caso di specie, di accertamento compiuto a seguito di indagini finanziarie, debba essere esclusa l’operatività della sanzione di nullità. Il contraddittorio preventivo è viceversa operativo con riferimento ai tributi armonizzati quale l’Iva, tuttavia la Corte di cassazione ha più volte chiarito che dalla inosservanza non ne consegue sanzione di nullità a meno che non emerga che i documenti prodotti avrebbero potuto condurre a un risultato diverso da quello contenuto nell’atto impugnato. Tenendo conto del fatto che l’appellante solo nell’attuale sede d’appello ha prodotto i presunti documenti giustificativi che si opporrebbe l’accertamento, il criterio di cui sopra è inapplicabile nel caso di specie.
Quanto alla presunta nullità derivante dall’omessa motivazione per scarsa analiticità delle indicazioni degli elementi di ripresa fiscale con riferimento al punto numero l, occorre sottolineare che nel corso del contraddittorio avviato in fase istruttoria, erano state sufficientemente chiarite attraverso l’indicazione da parte dell’amministrazione quali fossero le voci contabili dubbie rispetto alle quali il contribuente è stato in grado di dedurre e opporre elementi contrari, di talché le motivazioni dell’atto di accertamento incentrate proprio sui recuperi fiscali di quelle voci oggetto di contraddittorio, erano certamente chiare e già conosciute al contribuente. Del resto l’articolo 42 del d. p.r. numero 600 del 1973 pone l’obbligo di allegazione dell’atto richiamato nella motivazione, solo laddove si tratti di atto non conosciuto né conoscibile, mentre nel caso di specie il riferimento era a documenti perfettamente noti al contribuente.
– valutazione di merito:
– venendo poi alle doglianze di merito relative alle ripresa tassazione per le voci elencate al punto numero l) l’appellante, nel ribadire che si trattava di restituzioni di anticipi che egli nella sua qualità di amministratore aveva fatto ai vari condomini, ha sottoposto all’attenzione del giudice d’appello per la prima volta, una nutrita serie di documenti che sarebbe atta a dimostrare tale assunto.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’agenzia delle entrate, nell’ambito del processo tributario è consentita in fase d’appello ex articolo 58 comma 2 del decreto legislativo numero 546 del 1992 procedere a nuove produzioni documentali, naturalmente nei limiti di quanto dedotto in giudizio e con l’osservanza dei termini di cui all’articolo 32 che nel caso di specie risulta rispettata.
Tuttavia ad avviso di questa commissione nel caso di specie deve trovare operatività l’articolo 32 del D.p.r. numero 600/73, in quanto si tratta di documenti contabili che non sono stati mai esibiti neppure a specifica richiesta della amministrazione finanziaria. L’amministrazione ha dimostrato, attraverso il deposito della missiva trasmessa in fase pre contenziosa al contribuente, che era stata avanzata la richiesta di produzione documentale degli atti contabili relativi alle voci ritenute dubbie corredata dal preciso l’avviso che ai sensi dell’articolo 32 del D.p.r. numero 600 dell973, gli atti e documenti non prodotti in fase pre contenziosa non sarebbero stati opponibili nelle fasi del giudizio all’ amministrazione finanziaria.
A tale riguardo quindi la facoltà di produzione documentale sempre ammissibile ex articolo 58 citato D.p.r. numero 546, subisce un temperamento per effetto dell’applicazione dell’articolo 32, che rende sostanzialmente inutilizzabili i documenti presentati. A tale riguardo vedasi sentenza della corte di cassazione numero 5734 del 23 marzo 2016 secondo la quale la preclusione al deposito di nuovi documenti non forniti in sede pre contenziosa rende inapplicabile l’articolo 58 comma due in materia di produzioni documentali in appello nonché Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 19-02-2018, n. 4001.
Ad ogni modo si tratta di documenti neppure adeguati alla dimostrazione della pregressa insorgenza di crediti derivante dalla inusuale prassi di consistenti anticipazioni, essendosi limitato il contribuente a porre in correlazione dati contabili, raggruppando l’indicazione di strumenti di pagamento anche lontani nel tempo, senza adeguate e oggettive evidenze dell’esistenza, delle ragioni, e della natura del credito presuntivamente vantato.
– Ci si deve viceversa discostare dalla soluzione offerta in primo grado, e conseguentemente va accolto l’appello incidentale dell’agenzia delle entrate, circa la positiva dimostrazione da parte del contribuente che l’importo recato dall’assegno di cui al punto 1-3) debba essere sottratto a tassazione:
come effettivamente osservato dalla amministrazione finanziaria in sede di controdeduzioni, il fatto che il contribuente abbia depositato le fatture che sarebbero state emesse a favore del condominio, non è atto a dimostrare che queste fossero state pagate con somme da lui anticipate, delle quali l’assegno in questione sarebbe stato consegnato in restituzione. In altri termini, così come per gli altri casi, ancora una volta ciò che manca è la prova del credito da parte dell’imputato per pregressi suoi pagamenti o anticipazioni a favore dei condomini.
Per quanto riguarda il bonifico di cui al punto 1-5, è stato lo stesso contribuente a qualificare la relazione con il …….. come una relazione di lavoro, la presunta equivocità di questa espressione che non si identificherebbe secondo l’appellante con un rapporto produttivo di reddito, non è sufficiente a fornire un significato diverso e più pregnante circa l’alternativa natura dei rapporti che legavano il ……… al condomino …….., di talché in assenza di ogni altra alternativa dimostrazione, già dalla stessa dichiarazione dell’imputato emerge la correttezza dell’interpretazione offerta in primo grado.
? 2) Quanto alla compensazione relativa al pagamento delle fatture di cui al punto 2) si deve osservare che più volte è stata ribadita l’ inderogabilità del principio di competenza di cui all’art. l09 TUIR, con conseguente necessità di pagamento e relativo rimborso, mentre la compensazione prevista da art. 28 ter D.p.r. n. 602 del 1973 afferisce a casi di compensazione eseguite nell’ambito di un rimborso di imposta quindi al momento della liquidazione del rimborso.
3) Per quanto riguarda le riprese a tassazione del punto n. 3 si deve ritenere perfettamente fondata la soluzione adottata in primo grado: gli assegni versati sono certamente provenienti dalla società ……. S.a.S. di cui il signor ……. era socio, non risultando altri rapporti fra i soggetti, ed è dunque del tutto plausibile che si sia trattato del versamento in conto corrente di somme derivanti dai redditi di partecipazione dichiarati dal contribuente negli anni precedenti e non effettivamente distribuiti. La medesima presunzione del resto sostiene l’argomentazione dell’agenzia delle entrate che però intenderebbe limitarne, senza ragione, la operatività all’ultimo anno fiscale. Una volta riconosciuta la validità del principio, è del tutto ingiustificata una simile limitazione ove si consideri che la società era ammessa alla contabilità semplificata, di talché non sarebbe esigibile la prova che non si fosse proceduto per gli anni precedenti alla distribuzione degli utili, non potendosi ritenere la sussistenza di un obbligo di tenuta di scritture contabili ulteriori rispetto a quelle previste per legge a carico del contribuente.
In definitiva rispetto alle decisioni assunte in primo grado, questa Commissione si limita ad accogliere I’ appello incidentale solo in relazione al recupero a tassazione della somma recata dall’assegno di cui al punto 1-3 della motivazione, per l’importo di euro 4151,98, con reiezione di ogni altra domanda introdotta tanto con l’appello principale che incidentale.
Stante la reciproca soccombenza vi sono giusti motivi di compensazione delle spese.
La Commissione tributaria regionale, accoglie l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate unicamente con riferimento alla ripresa a tassazione della fattura per euro 4151,00 del16/1/2009, di cui al punto 1-3; conferma nel resto la sentenza di primo grado respingendo le ulteriori domande introdotte tanto con l’appello principale che con l’appello incidentale.
Dichiara compensate tra le parti le spese processuali.
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