Commissione Tributaria Regionale per l’Abruzzo Sez. 7 sentenza n. 1081 depositata il 15 novembre 2018
Massima
In materia tributaria, la riassunzione del giudizio, a seguito di pronuncia di rinvio della Suprema Corte, deve essere eseguita entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza (art. 63 D.Lgs. n. 546 del 1992). Il termine di un anno, originariamente previsto dalla citata disposizione, è stato, infatti, ridotto a sei mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma l, lett. b). Spiegano i giudici abruzzesi che tale termine, in forza dell’art. 12, comma l, dello stesso D.Lgs., è applicabile, in attuazione del principio “tempus regit actum”, alle sentenze pubblicate dal l^ gennaio 2016, a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio.
Testo:
Con sentenza n. 6738 del 15/03/2017 la Corte di cassazione, decidendo sul ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, lo accoglieva e, quindi, cassava la sentenza di questa Commissione tributaria regionale n. 165/10/12, depositata il 5/03/2012, disponendo il rinvio a questa CTR, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Con ricorso presentato all’Agenzia delle entrate di Pescara in data 26/02/2018 la A. s.r.l. riassumeva il giudizio dinanzi questa Commissione chiedendo il rigetto dell’appello proposto dall’amministrazione finanziaria e l’accoglimento di quello incidentale da essa società proposto avverso la sentenza della CTP di Pescara n. 113/03/2009 che aveva parzialmente accolto l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini IV A, IRAP ed IRPEG relativamente all’anno d’imposta 2008, emesso dall’Ufficio finanziario sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione della G.d.F. del xx/xx/2006.
Nel costituirsi nel giudizio riassunto, l’Agenzia delle entrate eccepiva in via preliminare la tardività della riassunzione, effettuata dalla società contribuente oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza della Suprema Corte. L’eccezione è fondata. In materia tributaria, la riassunzione del giudizio a seguito di pronuncia di rinvio della Suprema Corte è disciplinato dall’art. 63 d.lgs. n. 546 del 1992, che testualmente dispone: «Quando la Corte di cassazione rinvia la causa alla commissione tributaria provinciale o regionale la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il termine perentorio di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili». Il termine di un anno, originariamente previsto dalla citata disposizione, è stato ridotto a quello di sei mesi dal d.lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma l, lett. bb); termine questo immediatamente applicabile con decorrenza dal l° gennaio 2016, in forza dell’art. 12, comma l, dello stesso d.lgs., a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio, in attuazione, peraltro, del principio “tempus regit actum”.
Orbene, nel caso di specie è pacifico il superamento di tale termine atteso che la riassunzione è stata fatta con ricorso proposto in data 26/02/2018, rispetto alla sentenza di rinvio della Corte di cassazione pubblicata in data 15/03/2017. Pertanto, la tardiva riassunzione della causa comporta l’estinzione dell’intero processo, ex art. 63, comma 2, d.lgs. n. 46 del1992 (cfr. Cass. 21143 del2015 e n. 16689 del 2013).
Le spese processuali, in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale, vanno compensate per un terzo, ponendosi la residua frazione di due terzi, come liquidata in dispositivo con congrua riduzione, in considerazione della non particolare complessità delle questioni poste dalle parti, a carico della società contribuente, rimasta soccombente.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, Sezione distaccata di Pescara, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 310/2018 R.G.A., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede: – dichiara l’estinzione del processo.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, di due terzi delle spese processuali, che liquida per compensi in Euro 3.600,00 per il primo grado, Euro 3.000,00 per il secondo grado, Euro 2.000,00 per il giudizio di legittimità ed Euro 2.500,00 per il presente giudizio, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, ritenendosi compensata tra le parti la residua frazione.
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