COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Abruzzo sez. 7 sentenza n. 294 depositata il 26 marzo 2018
Con la sentenza n. 424 del 7-4/7-6-2016, la C.T.P. di Pescara accoglieva il ricorso avanzato da Q. avverso l’avviso di accertamento n. TAxxx del 2013 (relativo al recupero dell’I.V.A. non versata per il periodo d’imposta 2007), affermando che quanto alla professione di chiropratico praticata dall’allora ricorrente “… non è conforme al diritto comunitario discriminare soggetti in possesso di titoli diversi che effettuano prestazioni paramediche di qualità equivalente e che i ‘attività di chiropratico risulta equivalente all ‘attività di fisioterapia. Risulta evidente … che le prestazioni mediche devono essere considerate di uno stesso tipo qualora presentino un livello di qualità equivalente per i beneficiari, diversamente il beneficiario del servizio di cura sarebbe penalizzato dall ‘applicazione con l’ IVA ”.
L’ATTO D’APPELLO Con l’appello n. xxx del 19-12-2016, l’Agenzia delle Entrate di Pescara chiedeva la riforma della sentenza di primo grado.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo Giudice evidenzia che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’esenzione per le prestazioni sanitarie previste in materia di I.V.A. andava riconosciuta al contribuente che, in possesso di laurea in chiropratica costituente titolo per l’attività professionale, esercitava attività di cura della persona. Infatti, secondo la legislazione interna il chiropratico era un professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute. Precisa, ancora, che la legislazione interna andava interpretata conformemente a quella comunitaria che imponeva il rispetto del principio di neutralità fiscale. L’appello è fondato, sulla base delle considerazioni di seguito esposte. Occorre premettere che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, vigente all’epoca dei fatti, prevedeva che “fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: . ..c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati”. Vale la pena di ricordare che tale disposizione è stata sostituita dall’art. 132, p.l lett. c), della Dir. CEE 112/2006 – Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato”.
Passando ora all’esame della normativa interna che ha dato attuazione al ricordato art. 13 della cd. sesta direttiva CEE, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 18 ha stabilito, per quel che qui interessa, che “Sono esenti dall’imposta: … le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro delle Finanze”.
Ora, se da un lato il ricordato art. 99 T.U.L.S. non fa menzione alcuna della professione del chiropratico, per altro verso l’art. 1 del Decreto 17 maggio 2002, emanato dal Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha disposto che, oltre alle prestazioni fornite dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie indicate all’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, sono esenti dall’I.V.A. anche le prestazioni rese “da: a) gli esercenti le professioni di biologo e psicologo; b) gli esercenti la professione sanitaria di odontoiatra di cui alla L. 24 luglio 1985, n. 409; e) gli operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel D.M. 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili”. Nessuno specifico riferimento il D.M. 29 marzo 2001, art. 3, ha poi riservato alla figura del chiropratico. Soltanto la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 355, ha previsto che “è istituito presso il Ministero della Salute, senza oneri per la finanza pubblica, un registro dei dottori in chiropratica. L’iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente. Il chiropratico può essere inserito o convenzionato nelle o con le strutture del Servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme previsti dall’ordinamento. Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, dal Ministro della Salute”.
Ora, secondo l’Agenzia delle Entrate, la mancata emanazione del regolamento di attuazione indicato nel ricordato art. 2 comma 335 cit. impedirebbe l’esercizio in concreto della professione di chiropratico, alla stregua di un parere reso dal Ministero del Lavoro – cfr. risoluzione n. 197/E del 30 luglio 2009 dell’Agenzia delle Entrate – ragion per cui, prosegue l’Agenzia “… In assenza del regolamento di attuazione che individui il profilo professionale del dottore in chiropratica e l’ordinamento didattico per conseguire il relativo titolo di professionista sanitario di primo grado, le prestazioni fornite dai chiropratici secondo l’ordinamento italiano non possono essere comprese tra le prestazioni sanitarie e continuano pertanto a scontare l’Iva nella misura ordinaria del venti per cento”. Ora, la tesi esposta dall’Agenzia è corretta. Ed invero, con riferimento all’attività di chiropratica occorre premettere che con la circolare n. 25 del 3 agosto 1979, nonché con le risoluzioni nn. 365337 e 550555 rispettivamente del 22 ottobre 1979 e del 27 dicembre 1989, della Direzione Generale delle Tasse e sugli Affari si è ritenuto che, a prescindere dalla forma in cui sono organizzate le strutture che le rendono, le prestazioni di chiroterapia e fisiokinesiterapia “rientrano tra quelle che hanno diretto rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie e pertanto, sempreché le stesse siano rese da un medico, rientrano nel regime di esenzione dal tributo” (v. Ris. Mi Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. 3, 23.12.1997 n. 233).
La già ricordata Ris. 197/E del 30 luglio 2009 Ag. Entrate, successiva al ricordato L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 335, ha poi previsto che “… La disposizione, pur inquadrando il chiropratico tra i professionisti sanitari di grado primario, rinvia però ad un decreto attuativo del Ministero della Salute per l’individuazione delle competenze ditale figura professionale, che, ad oggi, non risulta ancora emanato.
Al riguardo, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in risposta ad un’istanza del Sindacato Italiano dei Medici di Medicina Manuale (SIMeMM), ha chiarito che la disposizione prevista dalla legge finanziaria per il 2008 “pur individuando il registro dei dottori in chiropratica, non ne disciplina le attribuzioni rinviando ad atti successivi la regolamentazione del relativo profilo professionale.
Detti atti risultano indispensabili ai fini della possibilità di esercitare concretamente detta professione. Inoltre, poiché allo stato attuale non sono attivi i corsi di laurea magistrale in chiropratica, non è possibile, al momento, individuare i titoli equipollenti”. In assenza del regolamento di attuazione che individui il profilo professionale del dottore in chiropratica e l’ordinamento didattico per conseguire il relativo titolo di professionista sanitario di primo grado, le prestazioni fornite dai chiropratici secondo l’ordinamento italiano non possono essere comprese tra le prestazioni sanitarie e continuano pertanto a scontare l’Iva nella misura ordinaria del venti per cento”. Orbene, deve ritenersi che la modifica normativa intervenuta nel 2007 non ha integrato gli elementi necessari per inserire la professione del chiropratico fra quelle sanitarie per le quali il legislatore ha inteso garantire il diritto all’esenzione I.V.A., se solo si considera che: a) nessuna disposizione è stata introdotta, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, secondo le linee indicate dalla legislazione sopra richiamata – D.P.R. n. 633 del 1972 e art. 13 sesta direttiva CEE come modificata dall’art. 132, p.1, lett. c) Dir. 112/2006/CEE, per qualificare la tipologia delle prestazioni sanitarie svolte dal chiropratico; b) la previsione normativa introdotta nell’anno 2007 non integra alcuno degli elementi previsti dal quadro normativo di riferimento, né disciplina i profili della anzidetta professione; e) il regolamento di attuazione previsto dall’art. 2, comma 335 cit. si rivela, pertanto, indispensabile per la determinazione dei criteri definitori della professione stessa, non potendosi ritenere che la mera norma di principio introdotta nel 2007 risponda ai requisiti che l’ordinamento interno, in piena sintonia con il quadro normativo eurounitario, ha determinato per fruire del beneficio fiscale anzidetto.
Sulla base delle superiori considerazioni (cfr. Cass. sez. VI (T) ordinanza n. 22814 del 28-10- 2014), la sentenza impugnata si è discostata dai principi anzidetti e merita, pertanto, di essere riformata. Le divergenze tra la giurisprudenza comunitaria e quella nazionale fanno ritenere equa la compensazione delle spese.
PQM
la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sezione VII, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza di I grado, dichiara la legittimità dell’impugnato avviso di accertamento; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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