Commissione Tributaria Regionale per l’Abruzzo, sezione n. 1, sentenza n. 264 depositata il 27 aprile 2022
autorità di cosa giudicata – escluse dalla stima catastale e quindi dalla tassazione locale catastale “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo – esistente una potestà degli enti locali nell’ambito del mare territoriale, fino ad una distanza di 12 miglia marine
Testo:
A fondamento del ricorso E. deduce: 1) contraddittorietà e perplessità della motivazione, violazione dell’art. 5, comma 3, del regolamento TASI; 2) non imponibilità delle piattaforme petrolifere alla luce della normativa sopravvenuta di cui all’art. 37 del D.L. 26 ottobre 2019, n.124, che introduce, a partire dal 2020, il nuovo tributo “Impi” per le piattaforme “off-shore”; 3) carenza di potere impositivo del Comune sulla piattaforma; 4) carenza di presupposto impositivo oggettivo, trattandosi di un bene non accatastabile e non direttamente produttivo di reddito; 5) esenzione delle piattaforme dall’imposta IMU, trattandosi di impianti tecnici (“macchinari, congegni attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”) accatastabili solo in categoria E/3 (art. 1, comma 21, legge 28 dicembre 2015, n.208); 6) non tassabilità delle piattaforme alla luce della disciplina degli impianti rigassificatori di cui all’art. 1, comma 728, legge 205/2017; 7) insussistenza del presupposto per l’applicazione dell’imposta TASI, stante l’inidoneità dell’impianto a fruire dei relativi servizi comunali; 8) effetto preclusivo del giudicato formatosi sulle sentenze emesse dalla CTP di Teramo in data 10.3.2010 e 5.8.2010; 9) inapplicabilità delle sanzioni, stante l’incertezza del quadro normativo.
Il Comune di T. non si è costituito nel giudizio di primo grado.
Con sentenza 177/2020 la CTP di Teramo ha accolto parzialmente il ricorso limitatamente alla non debenza delle sanzioni irrogate con l’atto impugnato, che è stato confermato per il resto.
Con l’appello in epigrafe l’E. chiede la riforma della sentenza della CTP, e, per l’effetto, l’annullamento dell’avviso di accertamento IMU – TASI o, in subordine, l’annullamento parziale dello stesso. In ulteriore subordine, chiede, ritenute rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale proposte con l’appello, che si proponga un incidente di costituzionalità.
Ed in particolare, l’appellante, riproponendo i motivi formulati in primo grado lamenta:
I) contraddizione e perplessità della motivazione dell’atto di accertamento impugnato.
II) l’assenza dei presupposti impositivi IMU e TASI;
III) la non identificabilità della fattispecie imponibile astratta prefigurata dalla norma;
IV) la carenza di potere impositivo in capo al Comune sul mare;
V) l’impossibilità di stabilire una base imponibile, non trattandosi di immobili iscrivibili in catasto;
VI) l’applicabilità della norma sui rigassificatori (art. 1, comma 728, legge 27 dicembre 2017, n.205), che tassa ai fini IMU solo la porzione del manufatto destinata ad usi abitativi e civili;
VII) l’insussistenza dei presupposti impositivi della TASI, tenuto conto che le piattaforme, per le loro caratteristiche e per la loro ubicazione, non verserebbero in condizione di potere fruire dei servizi pubblici (illuminazione, smaltimento rifiuti, verde pubblico);
VIII) formazione del giudicato sulla questione. Si è costituito per resistere all’appello il Comune di T., il quale chiede la conferma della sentenza di primo grado. L’appello è stato discusso all’udienza da remoto del 3 febbraio 2022.
1.- Con il primo motivo E. lamenta la contraddizione e perplessità della motivazione dell’atto di accertamento impugnato.
Il motivo è infondato.
Come condivisibilmente evidenziato dal giudice di primo grado l’avviso impugnato indica, sia pur in modo sintetico, i presupposti di fatto e di diritto posti a base della pretesa tributaria, consentendo al soggetto imposto di conoscere dettagliatamente gli elementi essenziali della pretesa tributaria e di svolgere efficacemente la propria difesa.
2.- L’appellante deduce la carenza del potere impositivo del Comune su beni siti in mare, dovendosi arrestare sui beni siti nel suo “territorio”. Pur prendendo atto di un diverso orientamento della Corte di Cassazione al riguardo, l’E. lo contesta affermando l’impossibilità o comunque l’inopportunità di istituire un “mare comunale” (il quale comporterebbe gravi problemi in primis ai Comuni, che dovrebbero farsi carico di tutti i compiti oggi svolti dalle Capitanerie di Porto, quali organi funzionali di plurimi Ministeri, e delle relative responsabilità) al fine di permettere l’applicazione di un’imposta a carattere reale sui beni che vi insistono.
La doglianza, seppur suggestiva, non è condivisa dal Collegio.
Il Collegio ritiene di non doversi discostare dall’interpretazione della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2016, n. 3618) alla quale il giudice di primo si è correttamente uniformato, che ha ritenuto esistente anche una potestà degli enti locali nell’ambito del mare territoriale, fino ad una distanza di 12 miglia marine, paragonabile a quella esercitata sul proprio territorio, con estensione della sovranità dello Stato e, per esso, dei relativi Comuni, sul mare territoriale, pur con i limiti derivanti dalle convenzioni internazionali. La Suprema Corte afferma la sussistenza di tale potere impositivo sulla considerazione che, ancorché il mare non sia ricompreso tra i beni del demanio marittimo – che concernono solo il lido, la spiaggia e le terre emerse- “i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili a quelli del demanio marittimo (cfr art. 29 c.n.)” e “le strutture stabilmente infisse nel fondo del mare territoriale sono, quindi, soggette al potere impositivo dell’ente territoriale di riferimento, rientrando nella definizione di fabbricati, e sono soggette ad ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dalla L. n. 368 del 2000”.
Né si condivide la critica dell’appellante all’orientamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 13794/2005), laddove, sempre con riguardo all’imponibilità ai fini ICI delle piattaforme petrolifere, ha dedotto l’esistenza di poteri dei Comuni sul mare. Secondo l’appellante tale approdo interpretativo dei giudici di legittimità sarebbe privo di supporto normativo, in mancanza di norme che sanciscono un potere comunale sul mare. Né sussisterebbe, a dire di parte ricorrente, un vuoto di potere (il c.d. “porto franco”), perché apposite leggi statali attribuiscono i poteri necessari ad appositi enti ed organi (Capitanerie di Porto, Ministeri).
Al riguardo, osserva il Collegio, l’argomentazione di parte ricorrente assume una premessa argomentativa fallace: che il potere impositivo (sul mare territoriale) possa essere esercitato solo dallo Stato.
Ed invero, come ben argomentato dalla Corte di Cassazione, il fatto che siano stati espressamente conferiti allo Stato determinati poteri autoritativi aventi ad oggetto attività che si svolgono sul mare territoriale non può significare che si sia voluto impedire ad altre autorità amministrative, quali i Comuni, di esercitare il loro potere sul medesimo bene.
E’, infatti, “incontrovertibile che nella stessa circoscrizione territoriale statuale agisce anche il Comune, quale ente pubblico autonomo e autarchico, e che tutto il territorio della Repubblica è diviso in Comuni, per cui non possono sussistere parti di territorio dello Stato italiano, e aggregati di persone viventi sullo Stato italiano, che non appartengano ad un Comune. Ulteriore conferma la troviamo nelle autorizzazioni che debbono essere rilasciate dalla Capitaneria di porto, nelle quali si precisa che le concessioni comunali relative alle strutture che insistono sui lidi demaniali vengono individuate nel Comune di appartenenza, e quindi l’ambito del territorio comunale, per i poteri di sua competenza, deve essere necessariamente esteso anche al mare territoriale che lambisce detto territorio” (Cass. civ. Sez. V, 27-06-2005, n. 13794).
Giova, peraltro, osservare che l’IMU è un tributo istituito dallo Stato con propria legge, che attribuisce al Comune la potestà di disciplinare, con regolamento, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 446/1997, gli aspetti applicativi dell’imposta, senza poter incidere però sugli elementi essenziali del tributo (fattispecie impositiva, soggetti passivi, aliquota massima).
E ciò in coerenza con la Costituzione (artt. 119, comma 2, e 117 della Costituzione) che, nell’interpretazione data dalla Corte costituzionale (sentenza 37 del 2004) non considera come tributi propri degli enti locali quei tributi che, come l’IMU, sono istituiti dallo Stato propria legge.
Non convince, dunque, la tesi dell’assenza del potere impositivo comunale, posto che l’IMU è un “tributo proprio derivato” ovvero un tributo istituito dallo Stato, ma gestito dai Comuni, ai quali è peraltro attribuito il gettito (in tutto o in parte, a seconda della categoria catastale).
Quanto al potere impositivo sul mare territoriale è appena il caso di considerare che qualsivoglia provvedimento amministrativo, per l’indicazione dell’ubicazione di un bene, deve sempre darsi carico di indicare il Comune in cui detto bene si trova, non potendo esistere beni immobili non facenti parte di un ente locale.
Né possono esistere zone non assoggettate al potere impositivo, pena la violazione dei principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, tenuto conto che l’evoluzione della tecnica, consente la costruzione di isole artificiali, ristoranti, abitazioni e piattaforme sul mare.
Deve quindi confermarsi l’interpretazione del primo giudice, secondo il quale “se, ai sensi dell’art. 29 del Codice della Navigazione, i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili (in quanto pertinenze) a quelli del demanio marittimo, su di essi deve necessariamente riconoscersi l’esercizio del potere di un’autorità amministrativa (locale)”.
3.- Sotto altro profilo, l’appellante afferma che l’IMU e la TASI non possano essere pretese al di fuori del territorio comunale, anche per il principio di correlazione posto dall’art. 2, comma 2, lett. p) l. n. 42/2009 (recante la “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione”), in base al quale deve esservi una “tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa”.
Osserva, al riguardo, il Collegio che l’imposizione comunale sulle piattaforme petrolifere, contrariamente a quanto affermato, risponde al principio del beneficio. Secondo tale principio nell’imposizione tributaria, lo Stato, nel determinare la parte di sacrificio che il contribuente è chiamato a sopportare, per il finanziamento delle spese pubbliche, deve tener conto dei vantaggi che ogni individuo, per la propria particolare posizione, può ricavare dall’attività pubblica. Orbene, sia l’IMU sia la TASI sono tributi che rispondono al principio del beneficio, non potendo negarsi che il soggetto titolare della piattaforma petrolifera (e con esso tutti i soggetti che su di essa lavorano) beneficia, una volta sceso a terra, dei servizi pubblici offerti dal Comune prospiciente.
4.- Con altro motivo ENI sostiene che con l’introduzione ad opera dell’ art. 38 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124 – a partire dall’anno 2020 – dell’ imposta immobiliare sulle piattaforme marine, sarebbe confermata l’ esclusione dell’assoggettabilità ad IMU e TASI delle piattaforme petrolifere.
Il motivo, non ha pregio.
L’art. 38 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157, introduce, a decorrere dall’anno 2020, l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) definite come “strutture emerse destinate alla coltivazione di idrocarburi e site entro i limiti del mare territoriale come individuato dall’articolo 2 del Codice della Navigazione”.
L’imposta è stata istituita “in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti” e la base imponibile è determinata in misura pari al valore calcolato ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, richiamato dall’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
La legge statale stabilisce l’aliquota dell’imposta al 10,6 per mille e riserva allo Stato il gettito della quota di imposta calcolata applicando l’aliquota pari al 7,6 per mille; mentre il gettito derivante dal restante 3 per mille, è attribuito ai comuni individuati con apposito decreto interministeriale.
Sul nuovo tributo è espressamente esclusa la manovrabilità dell’imposta da parte dei comuni per la quota loro spettante.
Come illustrato, il nuovo tributo è stato istituito “in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria” sulle piattaforme petrolifere, il che conferma che, per le annualità antecedenti al 2020, tali manufatti erano soggetti alla disciplina ordinaria dei tributi locali IMU e TASI.
La legge statale sopravvenuta, dunque, lungi dall’affermare l’esenzione dall’IMU, si limita a dettare una disciplina speciale dell’imposizione immobiliare locale sulle piattaforme petrolifere, devolvendo parte del gettito allo Stato ed escludendo la manovrabilità del tributo locale da parte del Comune.
4.1.- E’ peraltro infondato il richiamo dell’appellante, in via sistematica ed interpretativa, alla norma sui rigassificatori art. 1, comma 728, l. n. 205/2017. Invero, tale norma detta una disciplina speciale di imposizione locale per i soli rigassificatori (rectius della porzione abitativa dei rigassificatori), non è analogicamente estensibile alle piattaforme petrolifere site in mare né giustifica l’esenzione tributaria di queste ultime.
5.- Con ulteriore motivo, l’appellante afferma che le piattaforme, in quanto beni non iscrivibili in catasto né riconducibili alla nozione di edifici, sarebbero esenti dalle imposte locali. E ciò anche perché tali impianti, essendo univocamente ed inscindibilmente asserviti alle esigenze funzionali dello specifico processo produttivo di estrazione degli idrocarburi, sarebbero onnicomprensivamente annoverabili tra i “macchinari, congegni ed impianti”, che il disposto dell’art. 1, comma 21 della legge di stabilità 2016 esclude dal novero dei beni suscettibili di stima catastale e, consequenzialmente, di assoggettamento ad IMU. Tale imposta, secondo la prospettazione dell’E., ai sensi dell’art. 13, comma 2, del D. L. n. 201 del 2011, ha per presupposto il possesso di immobili, definiti ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504″ (“a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano”).
Il motivo non ha pregio.
I giudici di primo grado, al riguardo, hanno fatto corretta applicazione dei seguenti principi sanciti dalla Corte di Cassazione:
Alla luce di tale orientamento, dunque, le piattaforme situate nel mare territoriale presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale e particolare, che, come tali, sono annoverabili quali impianti rientranti in una delle categorie catastali dei gruppi D ed E, la cui base imponibile, in mancanza di rendita catastale, è costituita dal valore di bilancio. Ai suddetti principi, che operano una interpretazione sistematica del quadro normativo in tema di imposizione locale sugli immobili, questo giudice non ha ragione per discostarsi, tenuto conto le fattispecie di esenzione dei fabbricati dalle imposte locali devono essere stabilite con legge.
6. Con altro motivo, l’appellante afferma che si sarebbe formato il giudicato esterno per effetto delle sentenze della CTP di Teramo, in relazione ad accertamenti ICI sostanzialmente identici a quello odierno, laddove hanno escluso il potere impositivo del Comune di T. sulla piattaforma E. (sentenze n. 108/01/10 e n. 315/01/10 sugli avvisi per ICI 2003 e 2004).
Al riguardo, è appena il caso di rilevare, che nel processo tributario, affinché possa invocarsi l’ autorità di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che l’oggetto del secondo giudizio sia costituito dal medesimo rapporto tributario (e quindi dalla medesima annualità) definito irrevocabilmente nel primo, ovvero che in quest’ultimo sia stato definitivamente compiuto un accertamento radicalmente incompatibile con quello operante nel giudizio successivo (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 11/06/2013, n. 14719; Cass. civ. Sez. V, 21/11/2001, n. 14714). Tali principi sono stati correttamente applicati dalla CTP, che ha, al riguardo, affermato, con statuizione che merita di essere confermata, che: il giudicato di cui alle sentenze richiamate da E. “si è formato con riguardo ad un diverso tributo (ICI) e con riferimento ad annualità assai risalenti (2003-2004) ed anteriori ai chiarimenti interpretativi poi forniti dalla Suprema Corte (v. Cass. Civ. sez. trib., n. 3618/2016)”.
7.- Infine, con motivo proposto in via subordinata, non esaminato dal giudice di primo grado, E. deduce l’illegittimità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 1, comma 21, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. legge di stabilità 2016), laddove non esclude dalla base imponibile “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti” della piattaforma petrolifera.
Il motivo è fondato.
Le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale e particolare che ne determina la riconducibilità ad una delle categorie catastali dei gruppi D ed E per le quali, a partire dal 2016, sono stati dettati nuovi criteri per la determinazione della rendita di cui al citato comma 21 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 (Risoluzione n. 3/DF del 1° giugno 2016).
L’art. 1, comma 21, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, prevede che:
Il legislatore del 2015 nella prima parte della disposizione normativa descrive le caratteristiche di bene immobile o parte integrante di esso (suolo, costruzioni ed altri elementi ad essi strutturalmente connessi), che ne accresce l’utilità ed il valore, per poi escludere nell’ultima parte da tale bene tutte quelle componenti che sono funzionali al processo produttivo (macchinari, congegni, attrezzature, impianti) meglio noti con la denominazione di “imbullonati”.
La scelta legislativa è quindi quella di sottrarre dal carico impositivo del tributo locale il valore delle componenti impiantistiche secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive (siderurgia, manifattura, energia) indipendentemente dalla la natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto, che fosse o meno infisso al suolo (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 11/02/2021, n. 3421; Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 06/10/2020, n. 21460).
Diventa quindi irrilevante la consistenza fisica della costruzione, “ciò che interessa è il rapporto di strumentalità rispetto al processo produttivo. Tale conclusione è conforme alla ratio sottesa alla disciplina introdotta dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che sancisce l’irrilevanza catastale di tutta la componente impiantistica che, in quanto tale, risulta inidonea ad apportare al fabbricato a cui accede – al di fuori dello specifico processo produttivo ivi svolto – un’effettiva (residua) utilità produttiva/reddituale” (Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 30-09-2020, n. 20726).
Sono pertanto escluse dalla stima catastale e quindi dalla tassazione locale catastale “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo“, le quali, come chiarito di recente dalla Suprema Corte, sono “quelle componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche funzioni nell’ambito di un determinato processo produttivo e che non conferiscono all’immobile una utilità comunque apprezzabile, anche in caso di modifica del ciclo produttivo svolto al suo interno (Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 05-10-2020, n. 21287, che, pronunciandosi con riferimento ad un impianto di produzione di energia eolica ha sancito che non sono più oggetto di stima catastale gli aerogeneratori, gli inverter e i pannelli foto voltaici, ad eccezione, come detto, di quelli integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni).
I su indicati nuovi criteri di determinazione della rendita catastale degli immobili in questione incidono sul calcolo della base imponibile non solo dell’IMU ma anche del tributo per i servizi indivisibili (TASI) in virtù dell’art. 1, comma 675, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il quale stabilisce che per quest’ultimo tributo la base imponibile è quella dell’IMU.
In merito, come evidenziato dal Dipartimento finanze con risoluzione 1 giugno 2016, n. 24723, per effetto del rinvio operato dal comma 3 dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all’art. 5, comma 3, del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ai fini dell’IMU e della TASI, “Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell’articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 ” vale a dire secondo i valori contabili.
Applicando i su indicati principi al caso in esame, l’avviso di accertamento impugnato è illegittimo laddove non applica l’esenzione, ai sensi dell’art. 1, comma 21, della L. n. 208 del 2015, alle componenti tecniche impiantistiche menzionate nell’accertamento: pompe, motori, gru, alternatori, serbatoi e separatori del gas, ecc.. Tutti questi macchinari, dunque, non possono costituire oggetto di stima e vanno pertanto eliminati dal calcolo dalla base imponibile, nella quale, per esclusione, vanno incluse solo: la “piattaforma E. a 8 gambe”, le varie cabine elettriche, il “modulo alloggi piattaforma E.”.
8.- Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte deve infine respingersi, per manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale prospettata. L’interpretazione del quadro normativo, contrariamente a quanto adombrato da E., è infatti conforme con l’art. 23 Cost., tenuto conto che le piattaforme petrolifere, quali impianti rientranti in una delle categorie catastali dei gruppi D ed E, sono oggetto delle imposte locali IMU e TASI, secondo la disciplina normativa di riferimento, che disciplina gli elementi essenziali del rapporto tributario.
9.- Le spese del giudizio, in ragione della parziale reciproca soccombenza, sono integralmente compensate tra le parti.
-dichiara tassabili ai fini IMU e TASI la “piattaforma E. a 8 gambe”, le varie cabine elettriche, il “modulo alloggi piattaforma E.”, sulla base dei valori di stima indicati nell’avviso di accertamento impugnato;
-dichiara non tassabili gli altri macchinari e impianti indicati nell’avviso di accertamento.
Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio