Commissione Tributaria Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sentenza n. 216 depositata il 18 maggio 2020
Se gli elementi indiziari, unitariamente considerati, raggiungono la consistenza di presunzioni semplici idonee, in relazione ai requisiti di precisione, rilevanza e convergenza, a soddisfare il meccanismo logico di inferenza del fatto ignorato, nessun ulteriore elemento probatorio è richiesto ai fini del raggiungimento della prova – Sussiste – La prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto ad altri fonti di prova e costituisce una prova completa – Sussiste
Massima:
Se l’Amministrazione ritiene che le fatture siano relative ad operazioni inesistenti spetta all’Ufficio dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere. Tale prova può ritenersi raggiunta qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, che possono anche assumere la consistenza di presunzioni semplici, considerato che la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto ad altri fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Suprema Corte di Cassazione 6 giugno 2012, n. 9108; 5 luglio 2018, n. 17619; 19 ottobre 2007, n. 21953; 11 giugno 2008, n. 15395; 30 ottobre 2013, n. 24426; 18 dicembre 2014, n. 26854). Ovviamente tale prova non potrà consistere nella esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Di conseguenza, se gli elementi indiziari, unitariamente considerati, hanno raggiunto la consistenza di presunzioni semplici idonee, in relazione ai requisiti di precisione, rilevanza e convergenza, a soddisfare il meccanismo logico di inferenza del fatto ignorato, nessun ulteriore elemento probatorio è richiesto ai fini del raggiungimento della prova.
Testo:
La Commissione Tributaria Provinciale di Chieti, con sentenza nr. 464/1/2018 del 19 settembre 2018 e depositata il 13.12. 2018, accoglieva il ricorso presentato dalla società C. srl, in persona del legale rappresentante, avverso l’avviso di accertamento n° TA xxx/2013 IRES ed altro, sanzioni ed interessi per l’anno di imposta 2013 (riconoscendo la ricorrente, tuttavia, la somma dovuta di euro 944,00 per il maggior reddito di impresa). La difesa erariale ha proposto appello sostenendo l’erronea interpretazione dei fatti di causa, dovendo essere confutate le argomentazioni a sostegno della parte motiva della decisione relativa a fatture e onere probatorio. La CTP, secondo l’appellante, si è limitata ad accogliere pedissequamente le tesi del ricorrente, la cui difesa è generica e non sorretta da adeguata documentazione probatoria; di contro l’assunto impositivo dell’Ufficio è dettagliatamente motivato, fondato su dati oggettivi, e sorretto da una adeguata base probatoria. Nessuna giustificazione concreta/prova è stata fornita dalla parte, idonea a confutare le tesi dell’Ufficio, richiamando la giurisprudenza di legittimità in tema di operazioni inesistenti e di onere probatorio, rilevando come il giudice di prime cure aveva omesso la valutazione degli elementi offerti dall’amministrazione finanziaria stessa. Ha chiesto, pertanto, la riforma dell’impugnata sentenza con vittoria delle spese di lite. Si è costituita in giudizio l’appellata chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese. All’udienza del 4.11.2019 la causa è stata decisa come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La vicenda processuale posta al vaglio di questa commissione, trae origine da un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di – omissis – nei confronti della compagine sociale C. Srl (esercente attività dì Servizi di pompe funebri e attività connesse), per l’anno d’imposta 2013. Risulta, alla stregua dell’attività compiuta dagli organi accertatori, che la società di capitali C. SRL svolge la sua attività negli stessi locali coincidenti con la sede della società N. dei F.LLI C. S.N.C., avente il medesimo oggetto sociale e, di fatto, gestita dai medesimi soci della N. dei F.LLI C. S.N.C., C. G. e C. A.. La società C. S.r.l. si è costituita in data 03/04/2013 avente come amministratore unico C. C., padre dei soci amministratori della N. S.N.C.. Dall’avviso di accertamento risulta che entrambe le società svolgono la medesima attività di pompe funebri e attività connesse e negli stessi locali aziendali; dopo la costituzione della SRL, gli automezzi per effettuare servizi funebri e le ambulanze per il trasporto 1-1 malati, di proprietà della SNC, sono stati ceduti alla SRL; dal 03/04/2013, la SNC di fatto si è occupata di attività connesse alle pompe funebri ossia: stampa e affissione di manifesti necrologici, rifacimento di loculi o cappelle, vendita di articoli funebri ecc., attività collegate ai servizi funebri svolti dalla SRL. Peraltro le due società non hanno lavoratori dipendenti ma si avvalgono della collaborazione di lavoratori autonomi che esercitano la loro attività in modo non abituale, prima per la SNC e successivamente per la SRL; I soci C.G. e C.A., amministratori della N. SNC, risultavano tra i lavoratori autonomi non abituali della C. Srl e attualmente sono dipendenti della C. Srl ed i rapporti commerciali con la C. Srl non sono tenuti con l’amministratore unico sig. C.C., ma in rappresentanza della società dai sig. C.G. e C.A. Dalle informazioni acquisite dalla GdF è emerso, poi, che C. Giuseppe definisce accordi commerciali per la società C. Srl, stabilisce il compenso per le prestazioni funebri, percepisce compensi dai clienti ed effettua i pagamenti ai fornitori: sicchè è evidente che C.G. e C.A., amministratori di N. SNC, di fatto, si occupano di tutti i fatti gestionali della C. Srl per cui quest’ultima fattura i servizi funebri più importanti e remunerativi svolti dai fratelli C.
La C. Srl è solo una prosecuzione dell’attività svolta dalla N. Snc ed è assoggettata ad aliquota Ires del 27,50%, meno gravosa dell’Irpef progressiva a scaglioni applicabile ai soci della s.n.c.. Nell’ambito dei controlli effettuati dalla GdF (e puntualmente riportati nel Pvc e nella motivazione dell’avviso impugnato) è stato accertato l’utilizzo di fatture per operazioni in tutto e in parte inesistenti da parte della citata società. In particolare l’amministrazione finanziaria ha rilevato che: a) la ditta individuale “D.”, esercente attività di servizi di pulizia, per l’anno d’imposta 2013, ha emesso fatture nei confronti di “C. S.r.l.” omissis sede della società N. dei F.LLI C. S.N.C., anziché omissis, che parimenti oltre ad essere la sede della C. S.r.l. rappresenta la sede di svolgimento dell’attività di N. SNC. Nei partitari esibiti dalle società non sono stati indicati gli importi riscossi e le modalità di pagamento; nelle copie dei partitari esibiti dal sig. D. ed intestati ai “clienti” N. SNC e C. Srl non sono stati indicati gli importi e le modalità di riscossione delle fatture emesse nei confronti delle citate società; nel registro Iva vendite la ditta D. ha registrato le fatture emesse nei confronti delle due società verificate con un numero di ordine diverso da quello riportato sul documento; nessuna fattura esibita indica l’avvenuto pagamento e le sue modalità. Il D. ha dichiarato di aver eseguito vari lavori, personalmente e/o con l’aiuto di ragazzi, non assunti alle sue dipendenze, che trovava al momento, ai quali dava un compenso di euro. 100,00 in contanti al giorno. A volte nello stesso periodo in cui D. fatturava servizi resi alle predette società di onoranze funebri per importi ingenti, pur non avendo personale dipendente e fatturava prestazioni rese anche ad altri soggetti. Nell’anno 2013 la ditta D. ha emesso fatture per prestazioni di servizi che avrebbe reso nello stesso periodo sia alla C. Srl che alla N. Snc. Dalla banca dati dell’Anagrafe Tributaria è stato accertato che la ditta D., per gli anni 2012 e 2013, ha dichiarato un volume di affari nettamente inferiore alle prestazioni di servizio fatturate alle due società e che la stessa ditta non versa alcuna imposta dovuta. Pertanto, le fatture indicate nell’allegato n. 5 del citato p.v.c. si riferiscono ad operazioni in parte inesistenti: l’amministrazione ha riconosciuto quale costo effettivamente sostenuto per il servizio di pulizie euro 500,00, più Iva, per ogni fattura emessa, ritenendo la maggior somma riportata in fattura come relativa ad operazione oggettivamente inesistente. Con riferimento alle operazioni intercorse con la “A.S.D. T.”, per l’anno d’imposta 2013, ha emesso la fattura n. xx del 13/12/2013 per un imponibile di euro 20.000,00 + Iva aliquota 22% per euro 4.400,00, nei confronti di “C. S.r.l.” L’amministrazione finanziaria ha accertato che nelle copie dei partitari esibiti ed intestati al “cliente” C. Srl, negli anni 2013 e 2014, non sono stati indicati gli importi e le modalità di riscossione delle fatture; gli incassi relativi alle prestazioni pubblicitarie fornite alla C. Srl non trovano rispondenza nelle copie degli estratti conto esibiti ed intestati alla A.S.D. T.; l’associazione non ha esibito il contratto di sponsorizzazione con la C. srl, per l’anno 2013, ed è stato dichiarato che i compensi agli atleti venivano corrisposti in contanti. La 1.r. della ASD T. D.A. ha dichiarato che i rapporti commerciali (tipo di sponsorizzazione, importo da corrispondere e modalità di pagamento) con la C. Srl sono avvenuti sempre telefonicamente e mai di persona e che la società verificata, per gli anni 2013 e 2014, ha effettuato i pagamenti con l’emissione di n. 2 assegni per l’importo di euro 20.000,00 ciascuno e per gli altri pagamenti non ricordava; inoltre, gli assegni non venivano versati in alcun conto corrente ma cambiati allo sportello. Il che la dice lunga sulla genuinità e regolarità dei rapporti intercorsi tra le parti, giacchè le dichiarazioni appaiono generiche e senza alcuna specificazione e anche l’avvenuto pagamento delle prestazioni pubblicitarie, eventualmente ricevuto da ASD, non ha certezza alcuna in quanto gli assegni emessi da C. Srl non trovano tracciabilità in alcun conto corrente. A ciò aggiungasi che appare improbabile che la D.I. – che non aveva alcun rapporto con la Cassa di Risparmio di Chieti e che vi si recava per la prima volta- possa aver potuto effettuare tale operazione ricevendo in contanti la somma di euro 48.000,00., peraltro in evidente contrasto con la normativa antiriciclaggio. Per inciso, oltre alla genericità delle fatture e degli importi fatturati, le somme erano da ritenersi assolutamente sproporzionate rispetto al tipo di pubblicità eventualmente fornita (acquisto di magliette, borse…) e alla categoria di militanza della ASD. Anche le verifiche scandaglio del fatturato passivo aveva fatto emergere incongruenze rispetto, ad esempio, alle fatture relative alla manutenzione e riparazione di alcuni mezzi dei quali mancava anche l’indicazione della targa e del telaio del mezzo oggetto di riparazione: da qui il recupero dei costi indeducibili. Da qui l’avviso di accertamento che, per come redatto, giustifica pienamente la pretesa impositiva avanzata nei confronti della società appellata che, a fronte delle plurime contestazioni sopra richiamate, si è limitata ad affermare la regolarità dei pagamenti indicati nelle fatture. Va sul punto richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo la fattura, di regola, è Il documento idoneo a rappresentare un costo d’impresa, come si evince dall’art. 21 del d.P.R 26 ottobre 1972, n. 633, che ne disciplina il contenuto, e costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’I.V.A. e alla deducibilità dei costi, sicché, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’Ufficio, che adduce la falsità del documento, dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere (Cass. 12 dicembre 2005, n. 27341; Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25775; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428). Tale prova può ritenersi raggiunta qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, che possono anche assumere la consistenza di presunzioni semplici, considerato che la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto ad altri fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 19 ottobre 2007, n. 21953; Cass. 11 giugno 2008, n. 15395; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24426; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26854). Ovviamente tale prova non potrà consistere nella esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15228; Cass. 10 giugno 2011, n. 12802; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, ord. 15 maggio 2018, n. 11873; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26453; Cass., Sez. 5 – , Ordinanza n. 26453 del 19110/2018, Rv.650797; (Cass., Sez. VI, 5, n. 5374/2017, Cass., S I . VI, 5 n. 9108/2012). Di conseguenza, se gli elementi indiziari allegati dall’Amministrazione finanziaria, unitariamente considerati, hanno raggiunto la consistenza di presunzioni semplici idonee, in relazione ai requisiti di precisione, rilevanza e convergenza, a soddisfare il meccanismo logico di inferenza del fatto ignorato, nessun ulteriore elemento probatorio è richiesto ai fini del raggiungimento della prova. Tornando al caso in esame si può affermare che gli elementi offerti dall’amministrazione appellante sono sufficienti a dimostrare l’inesistenza delle operazioni commerciali intercorse tra la società contribuente e le citate ditte e che la prima non ha invece fornito alcun elemento di prova, diverso dalla mera regolarità delle operazioni contabili e dei pagamenti effettuati, idoneo a vincere quella presunzione. Peraltro, nel caso di specie, in cui è stata accertata la commistione inestricabile delle attività espletate dalla s.r.l e dalla s.n.c., sulla società contribuente gravava anche l’onere di dimostrare, in concreto, che le operazioni commerciali contestate fossero effettivamente riferite ad essa s.r.l. e non alla s.n.c. Una ulteriore considerazione va fatta con riferimento alle spese di sponsorizzazione con l’A.S.D. T.: le modalità di erogazione della somma con prelievo per cassa da parte del beneficiario, la giustificazione circa gli acquisti, la categoria di appartenenza, sono elementi tutti che rendono ancora più fondato l’accertamento. La Suprema Corte (sez. VI, con ordinanza n. 16113 del 19.06.2018) sulla falsariga dei propri analoghi precedenti (vedi sent. n. 5720/2016 e nn. 8981, 14232, 14235/2017) aveva confermato che la disciplina di cui all’articolo 90, comma 8, L. 289/2002 ha introdotto una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza di dette spese di sponsorizzazione a condizione che il beneficiario sia una associazione o società sportiva dilettantistica, che sia rispettato il limite complessivo di spesa di duecentomila euro, che la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor e che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale quale controprestazione. Anche successivamente la Corte (cfr. sez. V, con ordinanza n. 26590 del 22.10.2018) ha confermato il consolidato orientamento della giurisprudenza che “ha delimitato l’ambito delle detrazioni fiscali delle spese di sponsorizzazione, di cui all’articolo 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 statuendo che esse sono assistite da una presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria e non di rappresentanza” condizionatamente alla ricorrenza, congiunta, della natura di compagine sportiva dilettantistica dello sponsorizzato, del rispetto del limite quantitativo di spesa volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante, dell’effettivo svolgimento da parte dello sponsorizzato di una specifica attività promozionale. Nel caso che ci occupa, la società contribuente non ha fornito la benché minima prova che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale quale controprestazione. Per tali motivi l’appello deve essere accolto. Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, Sezione distaccata di Pescara, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede: accoglie l’appello e condanna l’appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 per ciascun grado di giudizio, oltre accessori di legge se dovuti.
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