COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sentenza n. 336 sez. II depositata il 29 aprile 2019
Costi black list – Prova contraria – Esercizio di attività commerciale effettiva – Risultanze sito web e dichiarazione dell’amministratore – Documentazione relativa ai costi
FATTO
Con atto depositato il 3 maggio 2011, l’Agenzia delle Entrate appellava la sentenza n. 28/3/10 del 10 novembre 2009 della CTP di Ancona, depositata il 25 febbraio 2010, con la quale era stato accolto il ricorso presentato dalla società N. S.r.l., con sede in Genga, in persona del legale rappresentante C.S., avverso l’avviso di accertamento n. (omissis), con il quale l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 110 c. 11 TUIR, aveva recuperato a tassazione, con riferimento all’anno di imposta 2004
– componenti negativi derivanti da operazioni commerciali intervenute con Paesi a fiscalità privilegiata, per complessivi euro 986.908,00, per i quali in particolare, esperito il controllo sulla documentazione prodotta, l’Ufficio non aveva ritenuto superato l’onere probatorio ex art. 110, comma 11, DPR 917/1986;
– maggiori ricavi non contabilizzati afferenti la vendita di prodotti derivati da allumina, carbonato di calcio, carbonato di magnesio e brucite, per euro 686.648;
– costi non inerenti per ricevute di ristoranti, per euro 2.317.
La sentenza della CTP aveva accolto il ricorso della società, con spese compensate, ritenendo che i rapporti con soggetti esteri fossero comprovati da adeguata documentazione e che la contestazione di maggiori ricavi derivasse da una metodologia inidonea a legittimare un accertamento analitico induttivo; l’importo relativo alle spese di ristorazione non risultava impugnato. In particolare:
– sulla non deducibilità dei costi di euro 986.908, relativi ad operazioni con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, il Collegio riteneva raggiunta la prova che l’impresa estera svolgesse prevalentemente un’attività commerciale sulla base della documentazione contenuta negli allegati n. 1 e n. 3 al ricorso di parte e, in ogni caso, lo svolgimento di effettiva attività commerciale sarebbe comprovato dalla documentazione relativa ai costi, mai contestati dall’Ufficio, relativi al trasporto con nave di notevoli quantità di beni oggetto di trasformazione (carbonato di calcio, di magnesio e brucite); riteneva, altresì, sussistente il requisito alternativo di concreta esecuzione della prestazione di trasporto e di effettivo interesse economico all’operazione, trovando ampio riscontro nella documentazione allegata al ricorso, con particolare riferimento alle bollette doganali e al documento di raffronto per valutazione costo complessivo sino a destinazione;
– sui ricavi non contabilizzati per euro 686.647,84, la CTP riteneva illegittima la ricostruzione operata dai verbalizzanti in quanto sarebbero stati utilizzati dati approssimativi e non certi (percentuali di calo di peso contrattuali ridotte alla metà), nonché una metodologia non analitica (ricostruzione unitaria di prodotti finiti in presenza di materie prime diverse e di prodotti finiti differenziati aventi prezzi di vendita notevolmente diversi), metodologia del tutto inidonea laddove confrontata con quella utilizzata dalla ditta incaricata dalla ricorrente, ove le percentuali di umidità erano state rilevate in concreto dai materiali utilizzati e giacenti in deposito e confortate anche dal consumo totale annuo di metano necessario per alimentare i bruciatori di combustione.
L’Agenzia delle Entrate nel proprio atto di appello lamentava:
1) Errata applicazione in sentenza dell’articolo 110, comma 11, del TUIR e infondatezza nel merito della pronuncia in ordine alla deducibilità dei costi pari ad £ 986.908 per operazioni con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, relativamente alla quale l’Ufficio accertatore ribadiva la indeducibilità dei costi relativi alle fatture emesse da “M.A. LTD” residente in (omissis), Stato avente regime fiscale privilegiato ex art. 1 del D.M. 23.01.2002. Nel caso di specie non sarebbe stato provato che il soggetto estero di cui sopra, che aveva emesso le fatture i cui costi erano stati recuperati a tassazione dall’Ufficio, svolgeva prevalentemente un’attività commerciale effettiva, considerato che l’allegato n. 1 al ricorso introduttivo consisteva semplicemente in un estratto del sito web (omissis) nel quale erano riportate alcune informazioni circa la società estera in ordine all’ubicazione dei propri uffici, ad alcuni numeri telefonici ed ad una succinta descrizione dell’attività dalla stessa svolta, documentazione non di certo equipollente alla produzione di un bilancio d’esercizio, copia dei contratti di assunzione dei dipendenti, ecc. Inoltre, non sarebbe stato dimostrato il requisito della prevalenza dell’attività commerciale, desumibile solo attraverso la produzione di un bilancio; rileverebbe anche l’insufficienza dell’allegato n. 3 al ricorso presentato dalla società N.S. S.r.l., consistente in un certificato di mera iscrizione formale al Companies Ordinance e in una dichiarazione della “M.A. LTD”, priva di ogni riscontro, e di cui si potrebbe dubitare della veridicità posto che vi sarebbe un interesse convergente tra la stessa e la società N.S. S.r.l..
Pertanto, pur non mettendo in discussione l’Ufficio la veridicità del trasporto per nave, questa sarebbe ininfluente posto che l’effettività dell’attività commerciale non andrebbe valutata in relazione all’operazione contestata, ma in generale in relazione all’attività concreta svolta dalla società estera al di là di tale episodio. Né ricorrerebbe il secondo e alternativo criterio posto dall’art. 110, comma 11, il quale esclude l’indeducibilità dei costi qualora la parte dimostri la concreta esecuzione della prestazione e l’interesse economico sotteso alla stessa, mancando nel caso di specie quest’ultimo requisito, non dimostrato. La società avrebbe depositato copie di offerte/preventivi ricevuti dalla società B.S. S.p.A., con la quale la società avrebbe inteso provare, raffrontando i prezzi relativi ai trasporti tra le aziende che operano nel settore della navigazione, la convenienza economica di affidare alla “M.A. LTD” l’esecuzione del trasporto delle merci. Ma la documentazione offerta, consistente in tre documenti asseritamente redatti nel 2004 e trasmessi dalla B.S. S.p.A. via fax in data 02.03.2009, non sembrerebbe autentica, tanto che l’Ufficio di Fabriano aveva provveduto a inoltrare alla Procura della Repubblica di Ancona la segnalazione di reato, in quanto le sottoscrizioni di ciascuna delle offerte non sembravano riconducibili al medesimo soggetto e indicavano un capitale sociale non coerente con quello del periodo storico di riferimento.
2) Infondatezza della pronuncia nel merito in ordine alla ricostruzione dei ricavi non contabilizzati effettuata dai verificatori per € 686.647,84. I Giudici della CTP di Ancona avrebbero ritenuto la ricostruzione dell’Ufficio illegittima in quanto fondata su dati approssimativi e non certi, attraverso una ricostruzione unitaria di prodotti finiti in presenza di materie prime diverse e di prodotti finiti differenziati, aventi prezzi di vendita notevolmente diversi. Dopo aver ripercorso il procedimento di determinazione dei maggiori ricavi e descritto il processo produttivo per individuare le quattro materie prime utilizzate (il carbonato di calcio, il carbonato di magnesio, l’idrossido di magnesio e l’allumina) e il loro collegamento con i prodotti finiti commercializzati, l’Ufficio sottolineava come dalle dichiarazioni rese dal contribuente si evincerebbe come in termini quantitativi (tonnellate) “la produzione globalmente ottenuta sia pari alla quantità di materia prima complessivamente acquistata e macinata al netto della percentuale di umidità eliminata durante la fase di essiccazione”, evidenziando in tal modo l’inesistenza di eventuali scarti non commercializzabili, di cui infatti non vi sarebbe traccia di smaltimento. L’Ufficio nell’anno 2004, pertanto, individuava in 57.999,356 le tonnellate di materia prima trasformata e lavorata al netto dell’umidità, trasformate in semilavorati o prodotti finiti, considerate anche le rimanenze di semilavorati e prodotti finiti, a fronte di 53.273,389 tonnellate per i prodotti derivati dal carbonato di calcio, dalla brucite e dal carbonato di magnesio desumibili dalle fatture di vendita emesse dalla società nell’anno 2004, con una fuoriuscita dall’azienda di complessive 4.725,967 tonnellate di prodotto non contabilizzate tra le vendite dell’anno. L’Ufficio, pertanto, ricostruiva maggiori ricavi non contabilizzati afferenti le vendite di prodotti derivati da carbonato di calcio, carbonato di magnesio ed idrossido di magnesio per complessivi euro 676.390,32, ai quali corrispondeva un’IVA (20%) dovuta e non dichiarata pari ad euro 135.278,06. I giudici della CTP non avrebbero tenuto conto che la ricostruzione era avvenuta in maniera differenziata rispetto alle quattro materie prime lavorate dalla N.S. nell’anno 2004, in particolare per l’allumina era stato applicato un valore di vendita medio risultante dalle sole fatture di vendita relative a tale materia prima. Quanto alle percentuali di umidità, l’Ufficio ribadiva che erano state desunte dagli atti e dalla documentazione relativi alla gestione dell’azienda ed in particolare alle specifiche di fornitura delle varie materie prime, dove era indicata la percentuale di umidità massima tollerabile dalla N.S., al di sopra della quale si sarebbe verificato l’inadempimento contrattuale del fornitore, non evidenziatosi per assenza di contestazioni. Essendo impossibile identificare la percentuale di umidità di ogni singola fornitura dopo che la merce acquistata era stata lavorata e non era più presente nei depositi, non poteva che effettuarsi l’applicazione di una percentuale di umidità media. Per quanto riguarda la ricostruzione dei ricavi basata sull’utilizzo delle suddette materie prime, essa era condizionata dalla presenza di output costituiti da miscele di diversi prodotti e dalla presenza di scarti di prodotto derivanti in maniera non determinabile da tutte e tre le materie prime, scarti che in quantità variabili andavano a costituire il prodotto finito di basso valore commercializzato; stante l’assenza di informazioni sul punto da parte dei rappresentanti della ditta, era impossibile individuare con precisione in quali percentuali sui prodotti finiti venivano impiegate le materie prime lavorate e pertanto si utilizzava un prezzo medio. Risultavano, comunque, per il carbonato di calcio, il carbonato di magnesio e per l’idrossido di magnesio 4.725,967 tonnellate di prodotto non contabilizzato tra le vendite dell’anno 2004. Per quanto riguarda la relazione tecnica prodotta dalla parte, i dati in essa emergenti non sarebbero attendibili in quanto, ad esempio per il carbonato di calcio, i campioni di materiale analizzati al fine di quantificare il grado di umidità erano stati prelevati nel gennaio 2008, all’aperto, su di un camion proveniente dalla cava e quindi in condizioni non ideali allo scopo del prelievo stesso, anche in considerazione del fatto che la società acquistava nell’anno 2004, nello stesso periodo, una quantità di carbonato di calcio nella misura del 3% rispetto ai complessivi acquisti annui. Inoltre, nella relazione venivano riportate percentuali di umidità superiori a quelle contrattualmente previste e mai contestate. Infine, non risultava essere decisivo il consumo totale annuo di metano in quanto era certo che esso veniva utilizzato per l’essiccazione delle materie prime, ma non vi era la dimostrazione che quel consumo fosse dovuto al maggiore grado di umidità della merce, posto che anche per percentuali di umidità così come determinate dai verificatori era necessario il suo utilizzo.
In conclusione, l’Ufficio chiedeva di riformare la sentenza impugnata, con vittoria di spese in ogni stato e grado di giudizio.
Il 10 giugno 2011 si costituiva la società controdeducendo ai motivi di appello. In particolare:
A. Con riferimento all’indeducibilità di costi, richiamava, a dimostrazione dello svolgimento prevalente di un’attività commerciale effettiva da parte del fornitore estero, l’Allegato n. 1 (documentazione già allegata al ricorso di primo grado), contenente copia delle risultanze del sito WEB del fornitore dal quale sarebbero riscontrabili, tra l’altro, oltre a varie informazioni che dimostrerebbero l’effettività dell’attività svolta dallo stesso, le diverse sedi operative site nell’area asiatica con i rispettivi recapiti e le tratte di trasporto dal territorio cinese al mare Mediterraneo in cui sarebbe specializzata la compagnia stessa, nonché il documento ricevuto in data 12 febbraio 2009 dal fornitore estero costituito da una dichiarazione firmata dal (omissis) della società dalla quale emergerebbe che la M.A. LIMITED con sede ad (omissis) svolgerebbe la propria attività sin dal 1998 in (omissis), sarebbe specializzata in particolare in trasporti marittimi dall’Estremo Oriente ai porti del Mediterraneo, ivi compreso il porto di Ancona, avrebbe realizzato nel 2004 un volume di ricavi di circa $ USA 30 milioni fornendo i suoi servizi a circa 40-50 clienti di tutte le parti del mondo, svolgerebbe la propria attività nel centro di (omissis) in uffici di circa 200 mq dove, nel 2004, lavoravano circa 10 dipendenti con recapiti telefonici (omissis), sarebbe registrata al Companies Ordinance con il numero (omissis), il tutto a dimostrazione dell’effettività in concreto dello svolgimento di un’attività commerciale da parte del fornitore estero. Inoltre, nel caso di specie tali operazioni sono consistite, come evidenziato sin da subito all’Agenzia delle Entrate nell’acquisto di un materiale, la brucite, reperibile quasi esclusivamente in una zona ben definita della Cina presso un fornitore cinese “D.C. LTD”; infine l’acquisto era stato eseguito con clausola F., utilizzando per il trasporto di un vettore marittimo operante e con sede operativa (omissis vicina al porto di imbarco e di provenienza del materiale, specializzato in trasporti dall’Oriente al mar Mediterraneo, in grado di utilizzare navi specifiche in grado di soddisfare le esigenze del trasporto (stivaggio alla rinfusa del materiale in notevoli quantità: circa 7.000 tonnellate), condizioni in grado, da un lato, di soddisfare meglio l’economicità dell’operazione e, dall’altro, di garantire un elevato standard di qualità del servizio di trasporto e consegna del materiale effettuata direttamente nel porto di Ancona.
B. Con riferimento all’accertamento di ricavi non contabilizzati per € 686.647,84 (e alla rilevanza dei rilievi ai fini IRES, IRAP ed IVA), l’Ufficio, in relazione alle materie prime utilizzate nel processo produttivo (carbonato di calcio, carbonato di magnesio, brucite e allumina), si sarebbe basato solo sulle percentuali massime di umidità delle materie prime rilevate dai contratti di fornitura, non sufficienti per una rettifica di tipo analitico-induttivo legittimamente fondata su presunzioni gravi, precise e concordanti. In particolare:
(i) la società fornisce una diversa ricostruzione delle vendite di derivati di brucite, carbonato di calcio e carbonato di magnesio che sarebbero confermate, anche nel merito, dai risultati emersi da analisi eseguite dalla stessa società, dopo la chiusura del processo verbale di constatazione, su dei campioni di brucite, carbonato di magnesio e carbonato di calcio, per valutarne il grado di umidità, svolte in data 7 gennaio 2008 dal tecnico della incaricata società presso lo stabilimento; dal parere del marzo 2008 della T.E. S.r.l. Studi di Ingegneria di Reggio Emilia, che in riferimento al dato di umidità iniziale che il prodotto presentava in ingresso all’unità di essiccazione accertava che il consumo totale annuo di metano necessario ad alimentare la batteria di cinque bruciatori costituenti l’unità di combustione presso N.S. risultava compatibile con il valore misurato dai contatori; dalla relazione tecnica del Responsabile di produzione, dalla quale si rilevava che in conseguenza delle fermate dei molini di essiccazione necessarie al prelevamento dei materiali di risulta del ciclo di lavorazione (granuli di silice e parti più dure dei minerali costituenti materiali non più utilizzabili nel processo produttivo) deriverebbero circa 540 tonnellate l’anno di materiale non vendibile utilizzato per il recupero ambientale della cava C.
(ii) Con riferimento alle vendite di allumina la società contestava l’adozione da parte dell’Ufficio di una percentuale di calo per umidità del 4,5%, a fronte di una percentuale evidenziata che andava dal 3% al 6%, con un valore limite dell’8%, applicando la quale non si individuerebbero sostanziali differenze tra quantità fatturate e ricostruite.
In conclusione, la N.S. S.p.A. chiedeva di respingere l’appello confermando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ancona Sezione 3 n. 28/3/10, con condanna dell’Amministrazione Finanziaria alla rifusione delle spese del giudizio.
La società, dopo aver preannunciato per le vie brevi, con mail del 5 aprile 2018 che l’Ufficio stava avviando le procedure per la conciliazione, chiedeva, in data 6 aprile 2018, congiuntamente all’Ufficio, il rinvio dell’udienza di trattazione prevista per il 13 aprile 2018, per consentire l’eventuale definizione delle controversie in sede conciliativa ai sensi dell’articolo 48 del decreto legislativo numero 546 del 1992. All’udienza del 13 aprile la causa veniva rinviata a nuovo ruolo.
Nuovamente fissata l’udienza per il 18 marzo 2019, in data 21 febbraio 2019 la N.S. depositava una memoria in cui procedeva ad ulteriori puntualizzazioni in merito all’atto di appello presentato dall’Ufficio, con particolare riferimento alla sussistenza dell’effettivo interesse economico della contribuente alle operazioni contestate, alle dichiarazioni della B.S. S.p.A., alla ricostruzione indiretta dei ricavi e all’accertamento di ricavi non contabilizzati per euro 686.647, e alla rilevanza dei rilievi ai fini IRES, IRAP ed IVA. La parte, per dimostrare che le operazioni in contestazione rispondevano ad un effettivo interesse economico del contribuente evidenziava giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza 10749 dell’8 maggio 2013 e ordinanza 22901 del 29 settembre 2017) che riteneva sussistere tale esimente non solo in presenza di prezzi competitivi delle merci acquistate ma anche di puntualità nelle forniture e serietà del fornitore in genere ovvero sulla base dei dimostrati ricarichi medi dimostrativi di una prospettiva lucrativa; tali pronunce sarebbero altresì in linea con le circolari dell’Agenzia delle entrate n. 51 del 2010 e n. 1 del 2009, nonché con le sentenze della CTR Marche n. 37/7/2009 e n. 452/09/10 per le quali sussisterebbe sempre un effettivo interesse economico dell’impresa quando si pone in essere una operazione in grado di produrre profitto a prescindere dalla dimostrata maggiore convenienza. In ogni caso, nella causa in oggetto la società avrebbe chiarito le circostanze e le motivazioni specifiche che avevano determinato la decisione di acquistare il materiale con clausola F che aveva consentito di incaricare per il trasporto via nave un vettore marittimo di propria fiducia (la M.A.). Produceva altresì i bilanci della N.S. per dimostrare come i ricavi dell’esercizio al 31 dicembre 2004 avevano abbondantemente compensato il costo della materia prima acquistata e dei trasporti in questione. Con riferimento alle dichiarazioni di B.S. precisava che l’ipotesi di reato cui faceva riferimento l’Ufficio era stata definita con un provvedimento di archiviazione da parte del tribunale di Massa Carrara, depositato il 16 ottobre 2012. In relazione alle discrasie denunciate dall’Ufficio relativamente alle offerte preventivi ottenuti a suo tempo dalla società, chiariva che le offerte rinvenute negli archivi informatici sarebbero state ristampate dalla B. sull’attuale carta intestata che riportava il capitale alla data della stampa. Con riferimento all’accertamento di ricavi non contabilizzati di brucite, di carbonato di calcio e di carbonato di magnesio, l’Ufficio avrebbe effettuato le contestazioni basandosi arbitrariamente solo sulle percentuali massime di umidità delle materie prime rilevate dai contratti fornitura, poi ridotte del 50%, (in particolare la percentuale del 2% per il carbonato di calcio non avrebbe alcun riscontro fattuale) e su prezzi di vendita rilevati altrettanto arbitrariamente. Con riferimento all’allumina ribadiva che l’Ufficio avrebbe applicato una percentuale di calo dell’umidità del 4,5% a fronte di una percentuale evidenziata dalla società tra il 3% e il 6%, con un valore limite dell’8% che se applicato non avrebbe evidenziato sostanziali differenze tra quantità fatturate e quantità ricostruite. Sarebbe in ogni caso una ricostruzione meramente indiziaria effettuata dall’Ufficio, asseritamente non sufficiente in base alla giurisprudenza, in assenza di altre irregolarità contabili non emerse nel caso di specie.
All’udienza pubblica del 18 marzo 2019 erano presenti, per l’Ufficio, la dott.ssa M.C.M. e, per il contribuente, il dott. G.A. e l’Avv. E.M..
L’Ufficio, nel ribadire il contenuto dell’appello sottolineava, in relazione alla contestazione sui costi, che il punto focale non era l’effettività del trasporto ma l’assenza da parte della società di prove rigorose sugli elementi da dimostrare che andavano predisposte diligentemente. Quanto all’interesse economico, l’Ufficio riteneva la documentazione falsata, come emergerebbe anche dalle motivazioni della richiesta di archiviazione penale. Quanto ai ricavi, l’Ufficio si sarebbe basato sui contratti di acquisto, facendo la media tra le percentuali minime e massime di umidità ivi indicate, che in assenza di contestazione si può presumere fossero attendibili. La perizia introdotta dalla parte aveva indicato il doppio o il triplo di tali percentuali, dato assolutamente incongruente. Anche per quanto riguarda i prezzi erano stati considerati quelli medi perché le variazioni di prezzo erano notevoli e in assenza di diverse indicazioni fornite dalla società.
I difensori della società sulla prima esimente (esercizio prevalente dell’attività commerciale) richiamavano quanto evidenziato nelle memorie depositate. Sulla seconda esimente, richiamavano le sentenze della CTR Marche n. 37/2009 e n. 459/10 in merito al concetto di interesse economico (una operazione commerciale non in perdita, come quella della società N.S., realizzerebbe questo requisito). Sempre con riferimento all’interesse economico ricordavano di aver prodotto anche la documentazione di altro fornitore cinese e sottolineavano l’importanza di pratiche F (omissis) soprattutto per la possibilità di far arrivare la merce direttamente ad Ancona, oltre alla Risoluzione 127E del 6 giugno 2003. Per quanto riguarda i ricavi ribadivano che non erano stati trovati dall’Ufficio documenti contabili o bancari sospetti né acquisti senza fattura (elementi fattuali esterni). Precisava che per il carbonato di magnesio e brucite che avevano una percentuale massima di umidità di 5 e 3 per cento, l’Ufficio aveva individuato le percentuali di 1,3 e 2,5. Inoltre, sottolineava che per quanto riguarda il carbonato di calcio (riguardante 33.000 su 55.000 tonnellate di materiale utilizzato) non c’era alcun contratto cui far riferimento e l’Ufficio aveva utilizzato la media percentuale riferita alle altre sostanze. Per questo la società aveva effettuato un riscontro effettivo sulla merce fornita, prelevando il materiale dal camion proveniente dalla cava, con tecniche avvalorate dal CNR e dalla perizia della società di Reggio Emilia. In ogni caso nell’all. 8 si evidenziava altresì che vi era materiale di scarto stimato in 540 tonnellate.
DIRITTO
L’appello dell’Ufficio riguarda i recuperi a tassazione relativi al 2004 contestati nell’avviso di accertamento oggetto di ricorso da parte del contribuente e presi in considerazione dalla sentenza impugnata, riferiti alla indeducibilità dei costi per euro 986.908,00, derivanti da operazioni commerciali intervenute con Paesi a fiscalità privilegiata, e a maggiori ricavi non contabilizzati, afferenti la vendita di prodotti derivati da allumina, carbonato di calcio, carbonato di magnesio e brucite, per euro 686.648.
In ordine alla deducibilità dei costi, la sentenza della CTP impugnata in questa sede aveva ritenuto raggiunta la prova che l’impresa estera svolgesse prevalentemente un’attività commerciale sulla base della documentazione contenuta negli allegati n. 1 e n. 3 al ricorso di parte e, in ogni caso, lo svolgimento di effettiva attività commerciale sarebbe comprovato dalla documentazione relativa ai costi, mai contestati dall’Ufficio, relativi al trasporto con nave di notevoli quantità di beni oggetto di trasformazione (carbonato di calcio, di magnesio e brucite); riteneva, altresì, sussistente il requisito alternativo di concreta esecuzione della prestazione di trasporto e di effettivo interesse economico all’operazione, trovando ampio riscontro nella documentazione allegata al ricorso, con particolare riferimento alle bollette doganali e al documento di raffronto per valutazione costo complessivo sino a destinazione.
Le statuizioni del primo giudice sono assolutamente condivisibili. Infatti secondo l’art. 110, comma 10, del TUIR i costi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate in Stati aventi regimi fiscali privilegiati non sono ammessi in deduzione salvo che il contribuente fornisca la prova di cui al comma 11 del citato articolo consistente nella dimostrazione che: a) le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva (quindi avvalendosi di una struttura organizzativa idonea allo svolgimento della citata attività), producendo documenti che attestino che la società estera è realmente costituita e svolge attività commerciale o, alternativamente, b) che le operazioni poste in essere rispondano ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Secondo l’Ufficio la commercialità dell’attività posta in essere dal soggetto estero non dovrebbe essere valutata in relazione alla singola operazione posta in essere con il soggetto nazionale che porta in deduzione il relativo costo ma andrebbe dimostrata l’esistenza di un’attività commerciale (e non di mero godimento), con caratteri della prevalenza e dell’effettività, come ribadito dai pareri nn. 5 e 8 del 20 aprile 2004 del Comitato consultivo norme antielusive; non sarebbe sufficiente neppure l’esistenza di una struttura idonea a svolgere un’effettiva attività, bensì sarebbe necessario anche lo svolgimento nel territorio estero anche di un’autonoma attività strategica decisionale di penetrazione nel mercato estero.
Ritiene la Commissione che il contribuente ha fornito prove sufficienti per dimostrare in via presuntiva l’effettività dell’attività commerciale svolta dalla società cinese. Sono stati sottoposti al vaglio dell’Ufficio prima e del giudice poi una serie di elementi che, se valutati complessivamente, inducono a ritenere realizzato il presupposto dell’effettività dell’attività imprenditoriale della ditta straniera per la deducibilità dei costi. Infatti, dalla documentazione in atti (tratti sia da siti internet che da informazioni assunte dalla ditta medesima) si rileva l’esistenza di una società, con uffici in attività (dipendenti, recapiti telefonici, numerosi clienti, etc.), con consolidata esperienza nel settore, che ha effettivamente eseguito la prestazione (l’Ufficio non ha mai messo in discussione l’effettività del trasporto). Secondo l’Ufficio la società avrebbe dovuto produrre il bilancio, l’atto costitutivo o lo statuto, un prospetto descrittivo dell’attività esercitata dal fornitore straniero, i contratti di locazione degli immobili adibiti a sede degli uffici e dell’attività di quest’ultimo, la copia delle fatture e delle utenze, contratti di lavoro, estratti conto bancari contratti di assicurazione, autorizzazioni sanitarie e amministrative, ma tale documentazione non rientra nella disponibilità del contraente e spesso è anche documentazione difficile da acquisire da fornitori esteri, se non attraverso dichiarazioni (come accaduto nel caso di specie) in quanto oggetto in molti Paesi di tutela di riservatezza.
In ogni caso, anche il requisito alternativo della concreta esecuzione per soddisfare un effettivo interesse economico appare soddisfatto, considerato che, ferma rimanendo l’effettività della prestazione resa, non contestata dall’Ufficio, si ritiene che la N.S. abbia anche razionalmente dimostrato l’effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere considerato che la brucite è una sostanza reperibile solo in (omissis) e che risultava indubbiamente conveniente un trasporto della merce col vettore cinese nel porto di Ancona per evitare ulteriori costi per trasporti via terra da altri luoghi di approdo.
Quanto alla contestazione relativa ai ricavi non contabilizzati per euro 686.647,84, la CTP nella sentenza impugnata riteneva illegittima la ricostruzione operata dai verbalizzanti in quanto sarebbero stati utilizzati dati approssimativi e non certi (percentuali di calo di peso contrattuali ridotte alla metà), nonché una metodologia non analitica (ricostruzione unitaria di prodotti finiti in presenza di materie prime diverse e di prodotti finiti differenziati aventi prezzi di vendita notevolmente diversi), metodologia del tutto inidonea laddove confrontata con quella utilizzata dalla ditta incaricata dalla ricorrente, ove le percentuali di umidità erano state rilevate in concreto dai materiali utilizzati e giacenti in deposito e confortate anche dal consumo totale annuo di metano necessario per alimentare i bruciatori di combustione.
Anche in questo caso la Commissione ritiene di condividere le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice. Infatti, se è vero che l’Ufficio ha riscontrato difficoltà nell’accertamento delle quantità di materie prime utilizzate per la produzione partendo dalle vendite, considerato che non era agevole fare una ricostruzione unitaria dei prodotti finiti in presenza di materie prime e prezzi di vendita differenti, la ricostruzione operata dall’Ufficio non appare comunque totalmente attendibile. Infatti, seppure con riferimento all’allumina l’Ufficio avrebbe applicato una percentuale di calo dell’umidità del 4,5% che appare una percentuale credibile a fronte di una percentuale evidenziata dalla società tra il 3% e il 6%, risultando non logico l’utilizzo del solo valore limite dell’8% per ricostruire le eventuali differenze con le quantità fatturate e anche per il calcolo dell’umidità da scomputare dal peso della merce sono state correttamente considerate dall’Ufficio le percentuali riportate nei contratti (sul presupposto razionale che una percentuale superiore avrebbe indotto la società a contestare il prodotto), l’Ufficio ha potuto compiere tale operazione solo con riferimento a due materiali che rappresentavano una piccola parte di materia prima utilizzata (brucite e carbonato di magnesio), non essendo in possesso per il carbonato di calcio (che rappresentava la stragrande maggioranza delle tonnellate di materiale utilizzato) di un dato altrettanto attendibile. Lo stesso Ufficio ha ritenuto di superare tale carenza applicando le percentuali di umidità relative ad altre sostanze (si legge a pag. 16 del pvc “valore medio delle umidità riscontrate nelle altre due materie prime pari al 2 per cento”), alle quali la società ha contrapposto un diverso criterio di valutazione che è apparso più attendibile ai primi giudici (con valutazione che questa Commissione si sente di poter condividere). La società ha infatti commissionato prelievi del materiale riposto sui mezzi provenienti dalle cave, contrapponendo dati concreti alle presunzioni dell’Ufficio. Gli elementi forniti dall’Ufficio non si ritengono pertanto totalmente sufficienti a integrare la prova presuntiva dei maggiori ricavi, soprattutto in assenza di altre irregolarità contabili, non emerse nel caso di specie.
La complessità della vicenda e comunque la parziale correttezza dei rilevati dell’Ufficio inducono a ritenere possibile una compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Commissione respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.