COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sentenza n. 37 sez. II depositata il 18 gennaio 2019
Studi di settore – Fattori che giustificano lo scostamento dai parametri – Artigiano – Industria committente – Determinazione del prezzo senza margine di trattativa – Sussiste
FATTO
Con ricorso depositato in data 29 aprile 2011 A. ha proposto appello avverso la sentenza n. 135/02/10, depositata il 6 maggio 2010, con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Ancona ha accolto parzialmente il ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2002. L’Ufficio aveva rettificato il reddito della contribuente, determinando, in base alle risultanze dello studio di settore (omissis) (cucitura tomaie per calzature per conto terzi), maggiori ricavi per euro 10.972,00 rispetto a quelli dichiarati dalla medesima in euro 706,00. La suddetta Commissione Tributaria ha ridotto i valori derivanti dallo studio di settore in considerazione dello stato di maternità della contribuente.
Eccepisce l’appellante la carenza di motivazione della sentenza, in quanto il primo giudice ha preso in considerazione un solo aspetto delle giustificazioni addotte, omettendo di valutare le altre, che, cioè, l’attività di cucitura di tomaie in conto terzi era esercitata in un locale di appena 24 Mq., la situazione di crisi del settore e che il prezzo era determinato dal committente senza possibilità di trattativa. Pertanto ha concluso come in epigrafe.
Si è costituito l’Ufficio, con memoria di controdeduzioni ed appello incidentale, instando per la parziale riforma della sentenza, eccependo che aveva applicato all’attività della ricorrente il più favorevole studio di settore (omissis), costituente un’evoluzione, per gli anni successivi, di quello (omissis), che, invece, aveva determinato ricavi maggiori; pertanto ha chiesto la conferma in toto dell’avviso di accertamento.
Alla pubblica udienza odierna preliminarmente la Commissione ha disposto la riunione a questo del connesso procedimento (omissis), concernente l’appello dell’Ufficio; quindi le parti hanno illustrato oralmente i motivi a sostegno delle proprie richieste, come in epigrafe trascritte ed all’esito la Commissione ha deciso la causa come di seguito esposto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va rammentato, per un corretto inquadramento della vicenda processuale in esame, che anche di recente la Suprema Corte di cassazione (sentenza n. 9484/2017) ha ricordato l’ormai granitico orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ha ben delineato i paletti per un corretto utilizzo dello strumento degli studi di settore; secondo tale giurisprudenza essi rappresentano un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce solo in seguito al contraddittorio con il contribuente, da attivare obbligatoriamente. In quella sede il contribuente ha l’onere di dimostrare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l’esclusione dell’impresa dalle condizioni di normalità cui soltanto si applicano tali strumenti; l’ufficio, dal canto suo, nelle motivazioni dell’avviso di accertamento, non solo deve dare dimostrazione della concreta applicabilità al caso concreto dello “standard” prescelto, ma deve anche esplicitare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le contestazioni sollevate dal contribuente.
Orbene dalla lettura dell’avviso di accertamento si rileva che, al contrario, l’Ufficio non ha tenuto in nessun conto le giustificazioni addotte dalla contribuente circa il dichiarato stato di maternità e la situazione, ben nota, di crisi del settore calzaturiero, ma si è limitato ad applicare anticipatamente lo studio di settore revisionato (nell’anno 2004) – riducendo i maggiori ricavi ad euro 10.972,00 – ritenendo, così, di aver soddisfatto il proprio onere probatorio, anziché valutare se il nuovo studio revisionato fosse in grado di meglio valutare la posizione della contribuente anche per i periodi d’imposta antecedenti, con specifico riferimento alle circostanze dalla stessa allegate, quali, ripetesi, la dimensione del locale in cui l’attività era esercitata (di appena mq. 24), la situazione di crisi del settore calzaturiero e che il prezzo era imposto dal committente senza possibilità di trattativa; tali circostanze erano concrete ed inferenti l’attività economica della contribuente, in grado, quindi, una volta verificate dall’Ufficio, di rettificare, eventualmente, i ricavi astrattamente determinati dallo studio di settore applicato.
A tale riguardo la Commissione deve evidenziare, richiamando i principi giurisprudenziali sopra richiamati, che la motivazione dell’avviso di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, giacché solo in questo modo può emergere la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere di prova contraria a carico del contribuente, che altrimenti non sorgerebbe.
Ed invero il contesto di fatto esposto dalla contribuente avrebbe dovuto indurre l’Ufficio ad una facile attività istruttoria, quale, ad esempio, la verifica sul conto corrente della ditta e l’esame delle fatture emesse dal committente nell’anno di imposta in questione, al fine di acquisire la verifica della fondatezza di quelle giustificazioni ovvero la controprova, così trasformando in indizi gravi, precisi e concordanti le presunzioni semplici dei parametri dello studio di settore applicato, che aveva astrattamente determinato quei maggiori ricavi.
Ed invece il maggior costo delle due dipendenti, che la titolare ha dovuto assumere a causa della propria ridotta prestazione lavorativa (per lo stato di maternità), anziché indurre ad un correttivo ha, invece, prodotto, surrettiziamente, per effetto dell’applicazione della procedura standardizzata in questione, un maggiore ricavo presunto, con il risultato anomalo di uno scostamento non reale dagli standard degli studi di settore.
Peraltro l’Ufficio, a riprova di tale scostamento, si è limitato a riprendere i dati esposti dalla ricorrente nella propria dichiarazione dei redditi, omettendo di considerare che quel reddito rappresentava una sola parte dei flussi di cassa prodotti dall’attività dell’imprenditoriale.
Ma anche la Commissione di primo grado, come eccepito dall’appellante principale, si è limitata ad esaminare esclusivamente la circostanza dello stato di maternità della ricorrente, pervenendo impropriamente a ridurre, con valutazione sommaria e non intellegibile, i maggiori ricavi accertati dall’Ufficio, anziché valutare se le presunzioni poste a fondamento di essi fossero gravi, precise e concordanti, poiché tale era l’ambito del sindacato che le competeva.
Ed invero la sentenza appellata ha del tutto omesso di valutare le altre circostanze addotte dalla contribuente a sostegno dell’illegittimità dell’impugnato avviso di accertamento, quali, ripetesi, lo stato di crisi del settore, che l’attività era esercitata in un locale di appena 24 mq. e che il prezzo era determinato dal committente senza possibilità di trattativa, tutte circostanze indicate nel ricorso di primo grado e sicuramente di diretta inferenza sull’attività imprenditoriale svolta dalla contribuente, quindi, tali da inficiare le astratte risultanze dello studio di settore.
Pertanto, all’esito della disamina che precede, la Commissione non può che concludere, da un lato per l’illegittimità del gravato avviso di accertamento e, dall’altro, per la carenza di motivazione della sentenza appellata.
Consegue l’accoglimento dell’appello della contribuente, siccome fondato, ed il rigetto di quello incidentale dell’Ufficio, con conseguente annullamento sia della sentenza impugnata che del gravato avviso di accertamento.
Quanto alle spese del giudizio la particolarità della materia controversa, fondata più su principi ed ondivaghe affermazioni giurisprudenziali che su certezze normative, ne costituisce giusto motivo di compensazione.
P.Q.M.
la Commissione accoglie l’appello del contribuente e rigetta l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.
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